Palazzo Santoro è un organismo architettonico
sorto sul finire del 1500, concepito e prodotto secondo schemi
costruttivi e logistici peculiari del periodo tardo rinascimentale e
come tale presenta dati e caratteristiche lontani dall’attuale sistema
di fare e pensare l’architettura.
Perciò, per comprendere e conoscere
dettagliatamente il manufatto, ai fini di poter ipotizzare degli
interventi di recupero, senza peccare di insensibilità e superficialità
nelle valutazioni, è necessario effettuare a priori il rilevamento
architettonico, ovvero, fare propria l’esperienza progettuale e
costruttiva, ripercorrendo, mediante le misurazioni e il disegno degli
spazi, la genesi evolutiva dell’edificio, certificando in questo modo
ogni peculiarità formale e costruttiva.
Si è così proceduto per conoscere e sviscerare
quante più informazioni tecniche, storiche e strutturali di Palazzo
Santoro, ai fini di poter tracciare un esatto iter evolutivo
dell’edificio. Si è quindi operato in questo senso per
conoscere la storia del manufatto, in modo tale da evidenziare la
struttura primigenia ed attuale, chiarire tutte le successive
trasformazioni e cogliere tutti gli elementi caratteristici ed anomali,
che sono alla base della sua morfologia strutturale e del suo equilibrio
statico. Si è effettuato perciò un rilevamento diretto,
consistito in due fasi distinte: una accademicamente detta di campagna,
l’altra di tavolino.
Nella prima fase si è provveduto alla
misurazione del Palazzo per sezioni e mediante semplici strumenti di
misura, quali il metro, le aste metriche, la rullina da 30 metri e la
livella, successivamente si è trasferito su scala rappresentativa quanto
è stato misurato.
Per avereun più preciso riscontro delle reali
caratteristiche planimetriche del manufatto, si è ricorsi all’ausilio
delle mappe catastali in scala 1:200 datate 1939, che nonostante fossero
graficamente molto approssimative, hanno comunque dato l’opportunità di
verificarne la corrispondenza delle caratteristiche strutturali e
dimensionali.
È stato pertanto condotto un rilevamento
scientifico, che ha messo in evidenza spessori murari anomali rispetto
al restante tessuto dell’edificio e che ne ha evidenziato le recenti
trasformazioni.
Essendo
questo rilievo mirato, oltre che ad una conoscenza storico formale di
Palazzo Santoro, anche ad un possibile intervento di restauro e analisi
delle cause di degrado e dissesto, sono stati individuati sul luogo
anche i possibili fattori,
geografici, inquinanti, geologici, climatici e
eolici, che hanno potuto concorrere al degrado dell’edificio stesso. Essendo il manufatto in esame edificato sul
finire del 1500, è stato ritenuto opportuno, conoscendo l’unità di
misura utilizzata in edilizia nel Rinascimento materano, ovvero le canne
napoletane (pari a m 2,08), individuare la modularità costruttiva
dell’edificio in funzione di tale unità di misura, per cogliere quelle
peculiarità dimensionali e proporzionali altrimenti passate inosservate.
Il procedimento geometrico di misurazione e
restituzione grafica utilizzato è stato quello della trilaterazione.
Ai fini pratici, onde ridurre al minimo gli
errori di rilevazione e di restituzione grafica, si sono predilette
costruzioni di triangoli le cui misure dei lati fossero simili e
pertanto si è provato a costruire quasi sempre triangoli che avessero
un’ampiezza d’angolo superiore ai 30° in corrispondenza del punto da
determinare. Il rilievo architettonico di Palazzo Santoro è stato mirato
in primo luogo ad analizzare i dettagli costruttivi e poi gli elementi
semplicemente formali dell’architettura.
Questo iter è stato seguito ai fini di una
puntuale conoscenza delle caratteristiche costruttive dell’edilizia
rinascimentale materana, indispensabile e propedeutica alla definizione
degli interventi di conservazione.Sono state osservate, misurate e riprodotte le
volte, le scale, le murature e tutti gli elementi architettonici
costituenti Palazzo Santoro.Innanzitutto, va precisato che l’intero
organismo strutturale è stato realizzato con lo stesso materiale, il
tufo calcarenitico di Matera, tenero e facile da lavorare, con il
quale sono stati ottenuti blocchi squadrati per la messa in opera dei
muri e delle volte e che il manufatto rientra nella tipologia di “casa
su pendio forte e pluricellulare” Dal tufo estratto dalle cave di Matera, nella
zona della Palomba, sono state utilizzate per il rinfianco delle
volte anche le pietre irregolari non squadrate e di risulta dal taglio
dei pezzotti.
Mediante il rilievo dei paramenti murari si sono
evidenziate e certificate differenze di compattezza e granulometria del
tufo calcarenitico, in quanto si è osservato che sulla stessa parete di
muratura (ad esempio sulla facciata principale) alcuni conci si
presentavano compatti e resistenti, altri invece degradati ed erosi.Inoltre,
sempre in facciata, non si è riconosciuta l’alternanza tra conci
disposti di fascia, lunghi circa 45 cm ed altri disposti di testa di
dimensioni cm 25x25, peculiarità costruttiva di una manovalanza
scrupolosa ed attenta alla buona riuscita dell’opera, bensì una
tessitura strutturale monotona, che presenta prevalentemente conci di
tufo disposti di fascia.
Questa peculiarità costruttiva rilevata attesta
la presenza nel manufatto in esame, di una tessitura muraria carente dal
punto di vista strutturale e più facilmente soggetta a dissesti e
crolli.A sostegno di questa nostra valutazione, vi sono
sia le documentazioni storiche che riferiscono di problemi di stabilità
e di equilibrio della facciata principale già nel 1750, sia le visibili
tracce di precedenti consolidamenti attraverso l’inserimento di catene,
effettuati per frenare la rotazione anteriore della facciata principale,
sia gli studi condotti da A. Giuffrè sulla stabilità delle costruzioni
dei Sassi.
Rilevando l’edificio, si è constatato che tutti
gli elementi decorativi si ripetono rispettando una logica gerarchica
relativa alla destinazione degli spazi.Infatti in facciata, facendo
eccezione per il portale di accesso, del quale ogni elemento
costituente è unica testimonianza, si osserva che le cornici delle
finestre e dei balconi invece sono ripetute identicamente all’interno
dell’atrio in sole tre parti: al primo piano in corrispondenza
dell’originario accesso all’abitazione, al secondo piano sulla finestra
che affianca l’entrata all’appartamento e sull’entrata stessa.
Ciò che in facciata desta maggiore interesse e
curiosità sono i paramenti decorativi del portale, costituito da due
lesene giganti a base semicircolare e frazionate da cordoni decorativi,
due capitelli scolpiti sul modello delle foglie d’acanto, una raggiera
di conci di tufo trattati a bugnato ed infine lo stemma araldico della
famiglia Santoro, che chiude la verticalità del portale, sottolineata
dagli elementi slanciati che lo costituiscono.
Lo
stemma posto sulla sommità del portale è montato su una maschera di
gusto tardo gotico ed è costituito da uno scudo sorretto lateralmente da
due fanciulli, all’interno del quale vi è rappresentata una palma ed un
volatile posto su un basamento (forse si tratta di un’aquila).
L’interno di Palazzo Santoro presenta uno schema costruttivo
particolarmente articolato, basato sul mutuo contrasto dei numerosi
archi e volte che lo costituiscono e
inequivocabili segni che attestano il tradizionale modo di fare
architettura a Matera. Fra questi: l’indiscriminato uso del tufo
per ogni elemento strutturale e decorativo;il sopraluce, elemento ereditato
dalla casa-grotta; la presenza sul perimetro
dell’atrio di due locali voltati di servizio, o forse in questo caso di
accoglienza, dal momento che essi hanno gli affacci sul fronte
principale e gli stessi sono sormontati da cornici.Rilevando l’atrio, non poteva
passare inosservato il pronunciato dislivello del solaio, che per quanto
incrementato dalla vetustà del manufatto, già inizialmente non doveva
essere piano, in quanto doveva favorire lo scolo dell’acqua piovana
verso l’esterno, essendo il vano scala a cielo aperto. Sempre
all’interno dell’atrio e dei locali ad esso annessi si sono rilevati i
pavimenti in avanzato stato di degrado, talvolta esasperato da uno
scorretto intervento di ripristino, mediante la posa su di essi di
battuto di cemento.
Percorrendo la prima rampa
costituita da gradini realizzati in pietra e rivestiti parzialmente con
listelli di cotto, si giunge in un primo locale anch’esso voltato, come
tutti gli ambienti di Palazzo Santoro, probabilmente destinato a
deposito, all’interno del quale vi è una scala in muratura, che ricava
ulteriore spazio, sebbene esiguo a causa della sporgenza sottostante del
volume del locale al piano terra. Il pianerottolo che dà accesso al
suddetto locale è voltato con una crociera ed è pavimentato con listelli
di cotto della dimensione di cm 22x2.
Pavimentazione atrio realizzata con chianche di pietra e ripristinata
impropriamente con la messa in opera di malta cementizia.
Percorrendo la rampa successiva, questa volta realizzata completamente
in pietra, si giunge al primo piano ammezzato, sul quale si affaccia un
altro locale di deposito anch’esso voltato. Anche il pianerottolo è
voltato con due crociere intervallate da un arco a tutto sesto ed il
pavimento, realizzato con i medesimi listelli di cotto, tenta di
simulare graficamente l’andamento della struttura soprastante.
Si sopraggiunge poi al primo piano, ovvero dove si sviluppano
due appartamenti, e dove si leggono lampanti le variazioni strutturali
relative alle diverse destinazioni d’uso dei locali rese necessarie nel
tempo. Su questo livello si snodano quindi due unità abitative di circa 80 mq
l’una e delle quali una è dotata anche di giardino privato, articolato a
sua volta su due livelli ed attualmente incolto e con sterpaglie. Tutti gli ambienti dei suddetti
appartamenti sono voltati a botte, non sono dotati di rivestimenti di
particolare pregio e presentano delle finestre con architravi esterni
monolitici ed archi interni ribassati.
Nell’appartamento posto sulla
destra del pianerottolo, nel vano con affaccio sul fronte principale e
quindi servito dall’elegante balconata, è stato rilevato sulla fascia di
imposta della volta un decoro di gusto settecentesco, attualmente
parzialmente ricoperto da intonaco e pittura bianca. Infine sempre al primo piano vi
è un piccolissimo ripostiglio sulla destra della rampa. Peculiarità strutturale ed
originale rilevata a questo livello dell’edificio è il prolungamento
nell’atrio dell’ambiente voltato sito all’interno dell’appartamento a
sinistra dell’atrio.
Infine anche il pianerottolo del
primo piano è rivestito con l’originario pavimento realizzato con
listelli di cotto secondo uno schema ortogonale che presenta qua e là
un ripristino “improprio”, realizzato con schegge di marmo e battuto di
cemento.
L’ultimo livello dell’edificio
si raggiunge mediante due rampe in marmo, delle quali la prima termina
in prossimità della porta di accesso al recinto S. Nicola, sul retro del
palazzo, e la seconda sull’uscio dell’appartamento. L’appartamento si articola su
tutta la superficie dell’edificio e consta di 7 vani più servizi, dei
quali uno voltato a crociera con in chiave di volta un altorilievo, due
voltati a botte e cinque voltati a padiglione. Dall’appartamento del secondo
piano si ha accesso al sottotetto, che è pavimentato in cotto e coperto
con tradizionale tetto ligneo, sormontato da coppi e sul quale emergono
gli estradossi delle sottostanti volte a botte.
Dall’appartamento del secondo
piano mediante un lastricato sotteso da un arco si accede al giardino
privato che si sviluppa su Recinto S. Nicola e che come il precedente
risulta incolto e ricolmo di sterpaglie.Si è tentato infine di acquisire
una minuziosa conoscenza dell’opera architettonica mediante
l’osservazione e la verifica tecnico funzionale di tutte le parti
dell’edificio, resa possibile dopo numerosi sopralluoghi che ci
auguriamo abbiano fatto acquisire anche dimestichezza e capacità di
immedesimazione nelle vicende dell’opera stessa. |