La
risonanza che Palazzo Santoro ha nella memoria di Matera è dovuta alla sua
particolare storia edilizia ed al vanto della città stessa di aver dato in
passato i natali ad una tanto illustre e nobile famiglia.Palazzo Santoro
rappresenta una delle testimonianze più significative dell’edilizia
residenziale materana del Cinquecento. Fu edificato sui resti del
Castelvecchio, concesso prima e poi venduto ai cittadini di Matera, dal
principe della Terra D’Otranto Orsino del Balzo, per edificarvi le proprie
residenze, anche al fine di abbellire l’immagine fino ad allora
prevalentemente rustica della città.Palazzo Santoro venne eretto sui resti
dei bastioni dell’antica cinta muraria, demolita assieme alle sue torri, per
lasciare spazio alle nuove costruzioni. L’edificio ha subito nel tempo
diverse variazioni rese necessarie talvolta da esigenze tecnico-strutturali,
altre da esigenze personali dei componenti della nobile famiglia. In linea
generale l’edificio conta tre piani fuori terra, delle cantine ed una neviera sotterranee. I tre piani della facciata sono scanditi da diversi
ordini: nel primo si legge il sontuoso portale decorato con pezzotti di tufo
trattati a bugne e disposti a raggiera, lesene giganti, capitelli compositi
e lo stemma del nobile casato, il tutto realizzato con il medesimo
materiale, il tufo;nel secondo ordine è imponente l’effetto figurativo del
balcone che percorre tutta la lunghezza del fronte principale, sorretto da
mensole modanate e decorato da numerose colonnine sagomate, che sorreggono
una spessa cornice;infine il terzo ordine è modulato da semplici finestre
decorate con le medesime cornici che si ripetono uguali in tutte le bucature
di facciata. Sui fronti laterali e posteriore non vi sono elementi di
particolare pregio architettonico, ma sul fronte nord-ovest e a sud si
articolano due giardini privati ed indipendenti l’uno dall’altro, relativi
l’uno all’appartamento del primo piano e l’altro a quello del secondo.
L’edificio è dotato anche di un sottotetto ed è coperto con un tradizionale
manto di copertura a coppi. All’interno il palazzo è organizzato intorno ad
un vano scala a cielo aperto, sul quale si snodano diversi ambienti per
dimensioni e destinazioni d’uso.Dalla lettura della documentazione catastale
relativa all’accertamento generale della proprietà immobiliare urbana del
1939 e comparando questa con i risultati grafici del rilievo architettonico
del manufatto, eseguito al fine di un corretto e preciso studio per il
recupero del bene architettonico, si evince che molteplici variazioni
distributive sono state effettuate precedentemente e successivamente a
questa data.
Percorrendo
le prime tre rampe del vano scala si giunge al primo piano dell’edificio e
si percepisce la presenza, sebbene ora celata da un tamponamento murario sul
quale si apre una finestra, di un ingresso principale rispetto agli altri
attualmente leggibili, mediante la presenza di una doppia cornice modanata,
che si sviluppa a tutta altezza dal pavimento all’architrave dell’attuale
finestra. Infatti in origine, nei primi anni del 1600, il palazzo era
abitato da un unico nucleo familiare che usufruiva globalmente del primo e
del secondo piano, solo successivamente verso la metà del 1700 così come
risulta dall’atto notarile del 1761, esso fu diviso in due appartamenti: uno
al primo piano, l’altro al secondo.In seguito, negli ultimi decenni del
1800, vi fu un nuovo frazionamento dei due appartamenti e con esattezza
questo riguardò principalmente quello al primo piano, che fu diviso in due
parti; ciò è certificato sia dagli eventi storico-genealogici della famiglia
Santoro, sia dalla lettura della pianta, in quanto in un vano
dell’appartamento localizzato a sinistra del pianerottolo si rileva una
rientranza muraria , ora utilizzata come armadio a muro, che cela la
presenza in un passato di una porta interna che collegava due stanze ora
localizzate in due differenti entità abitative; quest’ipotesi è avvalorata
dalle caratteristiche strutturali dell’edificio, che realizzato con
struttura continua non poteva presentare pareti divisorie dello spessore
canonico realizzato nelle costruzioni moderne. Altro elemento formale ,che
conferma la tesi che l’appartamento al primo piano fosse stato diviso in
seguito alle variate esigenze familiari è la presenza sul fronte principale
di un muretto a secco , che divide il balcone in due parti, l’una inglobando
due aperture, l’altra una sola, corrispondendo queste, esattamente agli
accessi sul balcone dei singoli appartamenti. Altri interventi di
ristrutturazione mirata ad una migliore fruizione dei singoli alloggi,
probabilmente risalgono al primo trentennio del 1900, quando fu costruito il
balcone sul retro, che realizzato con una soletta a sbalzo di calcestruzzo
palesa di non poter essere stato edificato prima del 1930. Nell’appartamento
del secondo piano poi, sono stati eseguiti interventi di frazionamento dei
locali, simili a quelli realizzati al primo piano e certificati dalle visure
catastali del 1939, ma oggi rimossi così come si evince dal rilievo
architettonico diretto effettuato. Va sottolineato che il palazzo ha subito
anche una genesi costruttiva e decorativa in facciata: innanzitutto va
precisato che l’edificio è sorto sul finire del XVI secolo e che gli
elementi decorativi della facciata sono stati realizzati nel tardo seicento,
e successivamente, in seguito a problemi di carattere strutturale, nella
metà del 1700 sono stati eseguiti lavori di consolidamento che previdero
anche l’arretramento dello sbalzo del balcone sul fronte principale,
intervento ancora oggi evidente per la palese sporgenza delle mensole di
sostegno rispetto al piano di calpestio del balcone. Nonostante le numerose
variazioni distributive effettuate nel tempo e talvolta anche incisive,
Palazzo Santoro non risulta però violato nella struttura e nella forma, ma
palesa solamente la sua vetustà, attraverso il degrado seppure naturale e
quasi inevitabile dei parametri murari. |