Saluzzi, notaio ad Acerenza dal 1751 al 1781 attesta eventi prodigiosi occorsi nella cattedrale il 30 maggio 1779 e nei giorni seguenti. E ciò, con un fine genuinamente spirituale: quello di lasciare ai posteri il suo racconto di testimone diretto dei fatti. Gli eventi raccontati dal Saluzzi si riferiscono ai due prodigi attestati svariate volte nella cattedrale già da autori più antichi, e che nei secoli scorsi ne hanno fatto meta di numerosi pellegrinaggi da vaste zone della regione. Si tratta, in particolare, dei miracolosi spostamenti di quella reliquia identificata dalla tradizione locale come un pezzo del bastone usato dal santo vescovo nei suoi viaggi, conservata all'interno dell'altare del santo e da qui visibile e toccabile attraverso un'apertura circolare , e dell'altro un po' meno famoso prodigio della fuoriuscita dai marmi del sarcofago dello stesso santo della cosiddetta "manna", liquido di grandi proprietà terapeutiche. Alla fine del XVII secolo, pertanto, sia quello che veniva ritenuto il sarcofago del santo, sia l'altare contenente un pezzo del suo pastorale, erano collocati entrambi nella cripta, alla quale i numerosi pellegrini potevano facilmente accedere tramite una scalinata in asse con la navata mediana. Alcuni autori locali ci informano che dietro il sarcofago c'era un incavo in cui si raccoglieva la manna miracolosa: ogni anno, il 25 maggio, le porte della cripta venivano spalancate alla folla di pellegrini che vi accorreva numerosa e che, per scopi terapeutici, nella manna raccoltasi in quell'incavo inzuppava i propri fazzoletti. Tale testimonianza dimostra, dunque, quanto fosse forte nei secoli XVII-XVIII il fervore devozionale verso San Canio, il santo vescovo africano le cui spoglie sarebbero state trasferite ad Acerenza nel 799 per iniziativa del vescovo Leone dal paese di Atella, in Campania, dove si trovavano. Ad Acerenza, secondo il racconto della translatio, subito dopo il trasferimento la sua tomba avrebbe cominciato a rifulgere per la fama di insigni miracoli. Il culto verso il santo è attestato in Basilicata già a partire dalla metà del secolo XI: ne costituisce una valida testimonianza, tra l'altro, l'inclusione della sua festa nel martirologio del monastero della SS. Trinità di Venosa del XII secolo.
|
|