ESPLORANDO GLI INTERNI


Completato il giro esterno, si entra nella Cattedrale e si rimane stupiti della " grandiosità nella semplicità"! Ai lati delle porte due acquasantiere marmoree sono sovrastate da lapidi che ricordano i restauri effettuati in epoche diverse. A destra si legge: " ARCHIEP LOSCHIRICO - TEMPLUM - AFFABRE EXORNATUM - SOLO NOVITER STRATO - SUIS - CAPITULIQUE - CURA ET SUMPTIBUS - DIE XII MAY A. MDCCCLXXXIX - SOLLEMNITER DICAVIT ". Cioè: " L'Arcivescovo Loschirico, il Tempio sfarzosamente adornato, col pavimento nuovamente rimesso a posto a spese sue e del Capitolo solennemente dedicò il 12 maggio 1889". A sinistra, invece, si legge: " ECCLESIAM HANC - ACHERUNTINAE ARCHIDIOCESEOS PRINCIPEM - RUINIS PENE COLLAPSAM - ANTONIUS DI MACCO ARCHIEPISCOPUS - BENEFICENTISSIMUS - RESTITUIT DEDICAVIT - ANNO A REPARATAE SALUTIS - MDCCCXLVI ".Cioè: " Questa Chiesa, Principale dell'Archidiocesi di Acerenza, quasi caduta in rovina, Antonio Di Macco Arcivescovo, beneficentissimo, riparò, dedicò nel 1846".


A destra, sulla parete di fondo della navata, vi sono due porte a cui si accede da alcuni gradini esterni. La prima immette nel vano del campanile che funge da ripostiglio.La seconda porta, più piccola, immette alla scala a chiocciola che porta al campanile ed alla cantoria. Oltre cento gradini portano alla cella campanaria, ove cinque campane formano un concerto molto armonioso. Esse inoltre costituiscono altrettante opere d'arte. Il campanone centrale, dedicato a San Canio, fu fuso ad Acerenza da Girolamo Olita, originario di Vignola ( Pignola PZ ), ove era nato nel 1787. L'artista fonditore si era trasferito nella nostra città fin dal 1807, in seguito al matrimonio con un'acheruntina. La campana è del 1854, ordinata e finanziata da Mons. Di Macco. Benedetta nel 1855 dal suo successore Mons. Gaetano Rossigni, fu elevata nella cella campanaria il 22 maggio 1856. Queste notizie si ricavano da un interessante documento litografico in bianco e nero, incorniciato ed esposto in sacrestia. In esso è descritta la campana di San Canio di cui si danno tutte le dimensioni, mentre si fa anche il paragone con una famosa campana della Sassonia ed un'altra di San Pietro in Roma.

In esso è descritta la campana di San Canio di cui si danno tutte le dimensioni, mentre si fa anche il paragone con una famosa campana della Sassonia ed un'altra di San Pietro in Roma. A sinistra l'autoritratto a mezzo busto di Girolamo Olita, che con la mano destra indica il campanone, tenendo la sinistra nel panciotto, documento piuttosto raro e bello che vale la pena di ammirare. Percorrendo la navata laterale destra si raggiunge il transetto.Svoltato l'angolo si trova la porta della sacrestia ove sono custoditi paramenti sacri antichi e preziosi per il materiale usato e per l' arte profusa da sapienti ed esperti mani di ricamatrici, spesso Suore di Clausura. Dalla sacrestia si passa nell'Ufficio Capitolare dove si possono ammirare stemmi lignei, pergamenati reliquiari, palme da altare, mitre sigilli in metallo ed in ceralacca, alcuni molto belli di epoca angioina, ed altri oggetti antichi. Uscendo dalla sacrestia, sulla destra, vi è un grande polittico, formato da un grande quadro centrale rappresentante la Madonna del Rosario, circondato da quindici tavole con i Misteri e sormontato da un timpano con la classica iconografia della SS. Trinità. Il dipinto olio su tela, misura m. 3 x 2, datato 1583 è opera di Antonio Stabile.


La Madonna in trono con il Bambino in braccio dona la corona del Rosario a San Domenico. All'altro lato, invece di Santa Caterina da Siena, è raffigurato San Tommaso d' Equino:è un caso più unico che raro e si spiega per il fatto che Sigismondo Saraceno, Arcivescovo da 1558 al 1585, era studioso e devoto di questo Santo. Il polittico ha una sontuosa cornice barocca formata da due colonne tortili in legno dorato che sorreggono il timpano e poggiano su due pilastri, alla base dei quali sono dipinti lo stemma di Acerenza e quello dell'Arcivescovo. In basso, a sinistra del polittico vi è la tomba di Mons. Francesco Antonio Santorio, morto a Miglionico e trasportato qui per disposizione testamentare sua, dal suo successore Mons. Scipione de Tolfa. Sul lato sinistro del transetto, nell'absidiola, è stato sistemato di recente il battistero, prima situato davanti alla porta del museo. È formata da una colonna scanalata elicoidale, simbolo della Vita Eterna, su cui poggia una grande vasca monolita in porfido. E' coevo della Cattedrale, cioè dell'XI secolo. Accanto al battistero una porticina immette nella torre scalare che porta ai tetti ed alla cupola.


Percorrendo il deambulatorio si possono notare le semicircolari colonne decorative sormontate da capitelli di una semplicità unica. La prima absidiola radiale contiene la cappella votiva di San Michele della nobile famiglia Cappetta. È rimasta con tutta la sua opulenta decorazione barocca, come ricordo storico del fatto che , alla fine del '600, tutta la Chiesa era stata decorata, secondo la moda del tempo. La statua lignea del Santo Arcangelo è della prima metà del '600. L'elegante balaustra, di stile rinascimentale, con un cancelletto artistico in ferro battuto, fu costruita nel 1754 da Mons. Anton Ludovico Antinori. La seconda absidiola contiene la cappella di San Mariano, martire acheruntino. Sotto l'Altare si conservano le sue reliquie, ricognite dell'Arcivescovo Francesco Zunica nel 1782 e di lui portano il sigillo. Nella nicchia vi è una statua lignea, fatta modellare dall'Arcivescovo Giovanni Spilla nel 1613, dopo il ritrovamento delle reliquie avvenute il 7 giugno di quell'anno. San Mariano subì il martirio nell'anno 303, sotto il terribile Imperatore Diocleziano. Accanto all'altare vi è una piccola cattedra episcopale lignea del '700.

A questo punto è bene dare uno sguardo d'insieme alla navata centrale attraverso il fornice del presbiterio, mettendosi di spalle all'altare di San Mariano. Si gode un elegante dinamismo di linee curve che si rincorrono dal deambulatorio alla balaustra della cantoria, lungo quelle rette della navata, culminando nel tondo del rosone, sostenuto dalle canne dell'organo. Proseguendo lungo il deambulatorio si incontra la terza absidiola in cui vi è l'altare barocco, anch'esso seicentesco, del Patrono San Canio. Nella nicchia è situata la statua lignea del santo, della prima metà del secolo XVII. Il vescovo martire è rappresentato seduto su di un trono episcopale, rivestito dei paramenti pontificali. L'opera è impreziosita da ricchi ricami floreali e figure geometriche, evidenziandone i paramenti liturgici. Essa venne eseguita insieme ad un'altra statua, in argento, ora scomparsa, a mezzo busto, con reliquiario sul petto e 19 pietre preziose sulla mitra pure in argento.