1. Cenni storici sull'origine e l'evoluzione urbana  di Terlizzi

Terlizzi sorge umile contado sotto la spinta e l'incalzare delle invasioni barbariche nel V sec. d.C. , ma la sua prima apparizione storica è  documentata  nel “Capitolo delle donazioni” ricevute dal Monastero di Montecassino nel periodo fra il 778 e il 797: un Gastaldo di Benevento di nome Wacco, appartenente al popolo dei Longobardi, prima di partire per una spedizione militare contro  i Franchi, affida all'abate Teodomaro il figlioletto Wachiperto che porta in dono  alcuni possedimenti dislocati in varie contrade pugliesi tra cui un casale «in Trelicio».

La tradizione descrive Terlizzi nel IX sec. come la tipica città fortificata medievale: la struttura difensiva formata da una murazione a torri e cortine, da un castello e da un fossato, determina la forma urbana interna, con una strada anulare di arroccamento da cui si dipartono le vie radiali che confluiscono in una piazza centrale. Le porte della città stabiliscono tramite le strade che da esse si diramano l'aggancio con il territorio e dunque lo sviluppo della città all'esterno. A Sud - Ovest la città è collegata con Ruvo e ad Est con Giovinazzo e Molfetta, attraverso un nodo che risulterà determinante per la futura espansione urbana, formato dal sistema Porta S. Giovanni - Castello .

Nel 1035 i Normanni occupano Terlizzi lungo il procedere della conquista dell'intera Puglia che si conclude nel 1071 con l'annessione ai loro domini di Bari e Brindisi, che in Italia rappresentano gli ultimi capisaldi dell'Impero di Oriente. Questo consolidamento di potere, ai fini urbani, è molto importante in quanto un'accresciuta sicurezza militare permette di sminuire l'importanza difensiva delle mura, rendendo possibili le espansioni al di fuori della loro cerchia. Si ha notizia che nel 1160 Riccardo, figlio del conte Goffredo, da in concessione dei terreni per la costruzione di un borgo collocato ad est della città, appena fuori la porta S. Giovanni. Quest'area rappresenta il primo nucleo e moto espansivo che indirizzerà verso Est il futuro della crescita urbana. L'importanza dell'evento si tramanderà in una tradizione consolidata anche a livello di toponimo, infatti ancora oggi questa parte della città viene chiamata "Borgo" .

 

Gli Svevi succedono  ai Normanni senza traumi politici e culturali e durante il loro dominio (1194-1266) non apportano modifiche sostanziali alla struttura urbana esistente: essi si limitano ad un piccolo ampliamento della cinta muraria e alla costruzione di una nuova cattedrale, ultimata secondo il Codice Diplomatico Barese nel 1287 e imprudentemente abbattuta nel 1734 dal Consiglio Comunale che voleva costruirne un'altra di maggiori dimensioni. 

Fra il 1266 e il 1706, sotto Angioini, Aragonesi ed infine Spagnoli, la città assume il ruolo di semplice merce di scambio o di oggetto di donazione fra le famiglie più potenti, che, in una logica puramente redditizia, non si curano di apportare migliorie strutturali o di incrementare in qualche modo l'economia locale.

A questo oscuro periodo, funestato anche da epidemie, in cui la popolazione scende a 200 unità, segue alla fine del '600 una rinascita, fondata sulla sicurezza che la struttura difensiva della città assicurava da guerre locali e brigantaggio: i cittadini  terlizzesi cresce si stabilizzano attorno alle 10000 unità. Così scrive lo storico Leandro Alberti:  «Gli abitanti dei casali si rifugiavano in Terlizzi, città bella e ricca, la quale divenne perciò più popolosa per il rifugio dato a quella gente che salvavasi come in luogo più sicuro.»

Nel ‘700 sotto austriaci prima e francesi si producono importanti operazioni di modifica urbana più sulla spinta di una evoluzione economico sociale  che non di eventi politici particolari.  In questo periodo la città murata diviene ormai inadeguata, sotto ogni aspetto, a sostenere  forti carichi residenziali.

Le classi nobiliari sono le prime ad abbandonare il vecchio tessuto: con la costruzione delle nuove residenze si innescano sostanziali mutamenti nella struttura della città. Le mura vengono abbattute ed i fossati colmati. Sulle aree lasciate libere si costruiscono palazzi e il fossato viene sostituito da una fascia viaria che come un anello cinge il nucleo più antico. L'operazione non solo diviene fondamentale ma si inserisce in un sistema che trova eguali in molti interventi europei dell'epoca barocca.

Queste nuove residenze si situano nei bordi orientale ed occidentale della attuale città e fissano sul piano urbano degli elementi di base che in futuro si riprodurranno formando l'assetto attuale della città. Il nucleo antico diviene una parte urbana con l'autonomia di un quartiere isolato, recintato dai nuovi spessori edilizi, lo stradone anulare assume la connotazione dell'asse del  "decoro" che isola la parte vecchia; il potenziamento del Borgo rafforza la centralità della piazza posta tra esso ed il vecchio centro, provocando il trasferimento del "Centro Città" dall'antico nucleo che, privato delle funzioni fondamentali, inizia a degradarsi sia sotto l'aspetto economico che sociale; la strada per Giovinazzo, rafforzata da nuovi carichi qualificanti inizia da accrescere la sua importanza per diventare poi l'attuale asse urbano preminente.

Nel 1720 si costruisce la chiesa di S. Ignazio sulla strada per Mariotto e, per motivi di ordine religioso - clientelare,  intorno ad essa si aggrega un'espansione urbana definendo in pochi anni la crescita del nuovo "Borgo S. Ignazio". Ormai il peso assunto dall'unione tra il vecchio e il nuovo borgo accresce la forza dell'espansione verso Est.

Nel 1734 viene abbattuto il vecchio duomo per dare inizio alla costruzione del nuovo (1783-1872): questa operazione è il segno di una incuria culturale che sottovaluta il valore dell'architettura medievale; è l'inizio di una politica di sostituzioni edilizie che pian piano sovvertirà sia la morfologia che la funzionalità del nucleo antico, conseguendo la perdita dei caratteri del centro che viene rinnovato attraverso la sostituzione di vecchi edifici con altri moderni di pari cubatura, con il risultato della perdita totale di ogni identità e spazialità originaria.

Altre espansioni settecentesche al di fuori dello stradone circolare che sostituisce il fossato sono il Casale dei Molini, il Casale della Trinità, il rione della Stella ed il rione del Purgatorio.

Gli anni del governo napoleonico appaiono importanti perché durante questo periodo, su indicazione dei decreti murattiani, vengono ristrutturate o costruite ex novo le strade di collegamento con i paesi limitrofi che diverranno altrettanti assi direttori per le future crescite urbane nelle direzioni di Ruvo, Molfetta e Mariotto.

Gli statuti murattiani, che prevedevano la suddivisione in lotti del piano urbano, sia al fine di indurre sulla città un criterio regolatore, sia per evitare indiscriminate speculazioni, vengono resi operativi a Terlizzi come in molte altre città della terra di Bari; ma mentre a Bari l'isolato murattiano assume la fisionomia complessa di una fascia di unità edilizie intorno ad uno spazio centrale comune, a Terlizzi il concetto viene snaturato: o l'isolato si identifica con un unico palazzo, o diviene un piccolo grumo di unità addossate prive di quei criteri di funzionalità essenziali per l'idea murattiana.

Questa particolare  tipologia si è sviluppata lungo i due assi per Ruvo e per Giovinazzo, arricchendo con questo ulteriore peso l'asse orientale e contribuendo alla sua crescita di importanza : l'area del centro della città si dilata, occupando tutto il fronte orientale del nucleo antico, ove sorgono le attuali piazze IV Novembre e piazza Cavour e penetrando nel tratto iniziale di corso Vittorio Emanuele. In pratica lungo questi assi a T si incentreranno le funzioni fondamentali a livello urbano: terziarie e direzionali.

Il piano di ampliamento della città di Terlizzi redatto nel 1885, anche sulla spinta urbanistica e legislativa dei grandiosi interventi di risanamento del centro storico della capitale borbonica,  prevedeva per le nuove espansioni un proseguimento secondo la conformazione a maglia ortogonale già stabilito dal piano murattiano. Si trattava di una ipotesi puramente formale che in pratica estendeva in proiezione futura i criteri funzionali già esistenti, senza ipotizzare nuove attrezzature a livello di servizi o ridefinire modi di crescita urbana diversi dalla consueta "macchia d'olio".

Quindi si confermava l'asse di espansione rappresentato da corso Vittorio Emanuele ampliando le aree poste ai suoi fianchi e presentando un dettagliato progetto di esso. Lo stesso criterio viene adottato nell'area compresa tra corso Garibaldi (strada per Ruvo) e l'attuale via Marconi (strada per Molfetta) ribadendo che la mancata presa visione dei differenti pesi relazionari posti dai rapporti con il territorio, impediva una progettazione diversificata per parti di città in cui non si percepivano i diversi ruoli funzionali (fig.1).

                                     fig.1

Più dettagliato appare il piano di risanamento del Nucleo Antico in cui, come criterio base per la risoluzione urbanistica delle condizioni igieniche malsane, veniva adottato il sistema degli sventramenti, tipico della cultura urbanistica tardo ottocentesca. Non considerando affatto né le condizioni di degrado fisico né quelle di degrado demo-economico, si individuano le cause nel dislivello tra l'area antica e la zona fuori le mura, nella eccessiva strettezza delle strade e nel malfatto sistema di smaltimento delle acque reflue.

Le proposte avanzate riguardano, innanzi tutto, l'abbassamento del carico abitativo, demolendo parti di elementi edificati, l'allargamento delle strade più anguste, l'innalzamento del piano di campagna nei pressi del bordo esterno per facilitare il deflusso delle acque e nell'apertura di nuove comunicazioni con lo stradone anulare con un fine che è utile riportare così come figura nella relazione al progetto: «Aprire delle strade di comunicazione immediata tra il rione Terlizzi vecchio e lo stradone di circonvallazione, compreso il borgo, sia per facilitare con l'emulazione dell'esempio materiale il pronto risveglio della nettezza dell'igiene, dell'operosità e della civiltà in generale nelle regioni bonificate, sia anche per fondere il buon sangue dei quartieri civili nel quartiere rimasto in completo oblio e abbandono....».