Le notizie storiche relative al castello ed alla città di Sannicandro sono scarse. Secondo lo Scalera, nei luoghi dove esisteva Castel Mezardo, distrutto dall'Imperatore Costante II, alcuni monaci, nel corso delle persecuzioni iconoclaste, fondarono una prima comunità intestata a Sannicandro (metà del secolo VIII); essa si andò accrescendo, finché nel 916 lo stratega Piccinigli fece costruire un castello a protezione della strada che collegava Taranto con Bari. Nulla si sa di questo castello, ma certo esso garantì una più sicura espansione del piccolo borgo.
Il castello prima dei lavori Con la vittoria dei Normanni sui Bizantini, Sannicandro fu infeudata: essa, con altre diciannove baronie, entrò a far parte dei possedimenti di Montescaglioso, come testimoniano i numerosi documenti relativi alla consegna delle decime.
Sono noti i nomi di quasi tutti i feudatari che si susseguirono nel corso del XII secolo e certamente, anche se al momento non vi è alcun documento che lo attesti in maniera inoppugnabile, in tale secolo il castello fu interessato da una totale ristrutturazione, forse anche attuata in diversi momenti, che portò alla definizione di un organico complesso meglio munito del precedente e degno di costituire la dimora di un feudatario.
Tale ipotesi è confermata da molti documenti pervenuti da cui si evidenzia indirettamente l'importanza che lentamente la baronia andava assumendo; cosi ad esempio, nel 1187, quando fu bandita la crociata guidata da Guglielmo II, la baronia di Sannicandro fu tenuta a fornire ben 20 militi di demanio: essa era, quindi, feudo di demanio di prim'ordine.
Il castello doveva contenere diverse fabbriche tra cui anche una chiesa: se ne fa menzione in un diploma (segnato a Palermo, agosto 1146) col quale Ruggero II d'Altavilla conferma al monastero di Montescaglioso la donazione della chiesa stessa.
Del periodo svevo (1194-1266) mancano del tutto notizie: sembra certo, comunque, che la curia di Bari dovette entrare in possesso della baronia (ma in qual modo?), in quanto l'unica notizia pervenuta è quella relativa alla donazione da parte della Curia stessa nel 1225 a lanni-cius, abate del monastero di Montescaglioso, delle decime della chiesa di San Nicola, ubicata nel castello di Sannicandro: è evidente che tale concessione poteva essere fatta, al tempo di Federico II, solo da chi aveva il pieno diritto su di essa.
Ritroviamo la baronia di Sannicandro nel 1276, infeudata al cavaliere De Arcellis, ma decaduta d'importanza, essa, al pari dei piccoli borghi della Terra di Bari, fu tassata in quell'anno da Carlo I d'Angiò per 1 oncia, 2 tarì e tre grane.
Nel 1304, poi, morto senza eredi Giovanni d'Alagni, vi fu la svolta decisiva che per ben sei secoli doveva determinare la vita del castello e della città: la baronia fu infatti prima incamerata alla Corona e, quindi, trasmessa alla Reale Basilica di San Nicola di Bari in forma perpetua. E così fu, con l'eccezione di un breve periodo che va dal 1350 al 1415: accadde, infatti, che la regina Giovanna, dopo la discesa degli Ungheresi del 1348, trovandosi nella necessità di raccogliere celermente notevoli fondi per porre riparo alle dissestate economie del Regno, e con l'intento di punire la città, che aveva aderito alla fazione di Ludovico d'Ungheria, annullò la donazione e vendette la baronia (alla famiglia Grimaldi?). La storia non ci dice se tale periodo corrispose anche ad importanti opere di ristrutturazione del castello: resta il fatto che ancora oggi sul portone principale del lato est è presente lo stemma della famiglia Grimaldi.
Solo sessantacinque anni dopo, la regina Giovanna II, restituì la baronia alla basilica di San Nicola, che la possedette fine all'abolizione della feudalità (1806). Da quell'anno il Priore di San Nicola conservò solo il titolo di barone, ma senza più privilegi feudali, divenendo un comune proprietario di fabbricati e terreni.
Il castello restò, quindi, ancora tra i beni di proprietà della basilica e fu anzi nella seconda metà del secolo scorso che esso subì le più gravi alterazioni; tra il 1863 ed il 1875 a seguito di un gravissimo incendio il complesso si danneggiò gravemente, furono eseguiti lavori di ristrutturazione finalizzati a rendere più produttivo - solto il profilo economico - l'immobile. Cosi il castello che specie nella sua ala nord era giunto, fino al XIX secolo senza grandi trasformazioni, subì un complesso sistema di opere a seguilo delle quali risultarono gravemente alterati i suoi caratteri tipologici, architettonici e costruttivi fino a renderlo quasi irriconoscibile.Il catsello durante i lavori
Per fortuna l'intervento, se pure grave, fu eseguilo sovrapponendo, quando possibile, le nuove strutture alle vecchie (data anche la notevole consistenza di queste ultime e la conseguente difficoltà della loro demolizione), con ciò riducendo notevolmente il danno apportato. Nel 1929 il castello fu concesso all'Ente Morale Opere Laiche Palatine Pugliesi e nel 1967 fu acquistato dal Comune, conservando peraltro destinazioni improprie. quali botteghe, piccole e malsane abitazioni e scuole.