Le
indagini svolte non potevano infine trascurare di approfondire un aspetto
sempre dibattuto, ma mai risolto, sui caratteri delle sedici sale presenti
nel castello, in particolare sulla loro possibile destinazione o almeno
sulla loro gerarchia, apparentemente negata dalle dimensioni pressoché
uguali, ma pur suggerita dalla presenza di elementi funzionali quali
camini, scale, servizi distribuiti secondo una logica la cui chiave
peraltro è sempre sfuggita a chi si è cimentato in tale
ricerca, troppe volte sviato da interpretazioni personali se non da
vere e proprie immagini fantasiose.
La constatazione che tutti i portali interni ed esterni, presentano
sempre un prospetto più importante ed un retroprospetto meno
interessante - si veda a tal proposito in maniera esemplare l'accesso
al cortile dalla stanza 2 - suggerì di verificare l'eventuale
esistenza di percorsi obbligati lungo i quali gli ospiti avrebbero
dovuto muoversi; tali percorsi sono stati tracciati semplicemente
seguendo i prospetti principali dei portali e considerando stanze
terminali quelle con unico accesso o con le due porte di accesso con
orientamento contrapposto. Tale ricerca ha evidenziato una netta separazione
dei percorsi che si originano dal portone principale, ad est, e da
quello secondario, ad ovest, anche se è possibile con gli uni
e con gli altri raggiungere ciascuna stanza terminale senza attraversare
altre dello stesso tipo (naturalmente, utilizzando anche il ballatoio
in legno, che era presente a primo piano, nel cortile interno).
Strettamente connessa a questa gerarchla dei percorsi vi è quella
delle scale: infatti, quella ubicata nella torre T5 (interessata da
percorsi di servizio) è l'unica che corre da piano terra alle
coperture, senza avere un particolare apparato decorativo al primo piano;
situazione ben diversa presentano invece le altre due scale: quella
ubicata nella torre T7 addirittura si ferma al primo piano, coperta
da una volta costolonata su telamoni, capolavori della plastica federiciana,
e quella ubicata nella torre T3 nota come torre "del falconiere",
sembra anch'essa fermarsi al primo piano, coperta da una volta costolonata
su mensole costituite da volti femminili. Sopra di essa, però,
la scala continua verso la terrazza; parte superiore e parte inferiore
possono essere quindi collegate per mezzo di una scala mobile attraverso
una vela mancante della volta stessa, le cui assenze nelle condizioni
di penombra in cui si viene a trovare sfugge al visitatore. Si spiegherebbe
quindi facilmente questa apparente anomalia, su cui tante ipotesi, più
o meno fantasiose, sono state avanzate: la scala, normalmente utilizzata
per i percorsi principali, poteva essere utilizzata in alcuni casi anche
per quelli di servizio; in tal caso una scala mobile consentiva con
facilità la prosecuzione della salita verso la terrazza.
I risultati più sorprendenti sono venuti dall'esame delle caratteristiche
delle stanze terminali: infatti tutte, a parte una, la 1 del primo piano,
di cui si parlerà nel seguito, sono dotate di camino, mentre,
cosa forse più interessante, tutte le altre stanze ne sono sfornite;
inoltre le due sale terminali di piano terra e le due nel settore nord-ovest
di primo piano sono dotate di servizi (la 2 anzi è dotata, unica
fra tutte, di servizio e stanzino), mentre sfornite risultano quelle
cui si accede attraverso la scala sita nella torre T7. Infine la sala
del primo piano, in accordo con la tradizione che la ha sempre indicata
come stanza del trono, conferma la sua eccezionaiità rispetto
a tutte le altre: essa, infatti, non solo dà accesso alla scala
che collega il primo piano con la terrazza, posta nella torre T8, ma
è l'unica stanza terminale dotata di finestra sul cortile, attraverso
cui è possibile raggiungerla dalle altre stanze utilizzando il
camminamento esterno.
A questo punto suggerire una destinazione specifica per le singole sale
sarebbe fin troppo facile ma anche del tutto inutile, sia perché
non aggiungerebbe alcuna qualità a quanto sopra evidenziato,
sia perché, per l'arbitrarietà comunque connessa con tale
operazione, rischierebbe di far perdere all'indagine svolta i caratteri
di oggettività che la hanno caratterizzata.