Capolavoro
dell'architettura sveva, realizzato intorno al 1240, Castel del Monte
ha subito, nei secoli, un lento, ma continuo degrado tanto da essere
ridotto a poco più di un rudere al momento del suo acquisto
da parte dello Stato italiano nel 1876.
Da allora esso è stato oggetto di ripetuti interventi di restauro,
miranti in un primo momento a conseguire il necessario consolidamento
statico e successivamente ad affrontare i fenomeni di degrado delle
cortine murarie, interessate da sfaldamento dei conci in scaglie di
dimensioni più o meno piccole.
L'ultimo intervento - realizzato dal 1975 al 1981 - ha inteso affrontare
proprio questo aspetto indagando, anzitutto, sulle cause di tale fenomeno.
Individuati nella instabilità di porzioni più o meno voluminose
di elementi architettonici o massi costituenti le pareti per fenomeni
di distacco, sfogliature, fratture, dissesti e nel decadimento più
o meno superficiale delle pietre costituenti le parti architettoniche
ornamentali, i due fenomeni più evidenti, fu eseguita una serie
di analisi per la individuazione delle caratteristiche mineralogiche,
petrografiche e geochimiche di campioni litologici tipici, nonché
la determinazione delle loro caratteristiche tecniche. Tali ricerche
evidenziarono le caratteristiche fisico-chimiche dei due tipi litologici
presenti:
- le murature di cortina costituite da rocce calcaree in massima parte
carbonatiche, di notevole permeabilità;
- i motivi decorativi ed architettonici quali stipiti,architravi, ecc.,
di porte e finestre costituiti invece da breccia calcarea, detta comunemente
breccia corallina, composta da elementi calcarei cementati da terra
rossa (mista di argilla con presenza di idrossido di ferro).
L'uno e l'altro si presentavano naturalmente predisposti al degrado:
il primo per la notevole permeabilità e per la sua stessa composizione
chimico-litologica, il secondo in quanto il cementante, facilmente
poteva essere asportato dalle acque dilavanti o degradato chimicamente,
lasciando privi di coesione gli elementi calcarei.
Tale situazione, già di per sé preoccupante, era aggravata
dalle particolari condizioni climatiche della zona, caratterizzata da
forti escursioni termiche, da abbondanti precipitazioni e forti venti:
a ciò aggiungasi l'altissimo grado di imbibizione delle murature
sia esteme (specie nel cortile, dove le misurazioni di umidità
relativa avevano indicato percentuali medie del 70%), sia all'intemo
del castello per i fenomeni di percolazione delle acque meteoriche attraverso
murature e coperture.