Sentiamo di non essere più gli uomini delle cattedrali e degli arengari; ma dei grandi alberghi, delle stazioni ferroviarie, delle strade immense, dei porti colossali, dei mercati coperti, delle gallerie luminose, dei rettifili, degli sventramenti salutari. Antonio Sant'Elia Messaggio (testo per la Città Nuova, 191 4) Tra il passato nostro e il nostro presente non esiste incompatibilità. Noi non vogliamo rompere con la tradizione: è la tradizione che si trasforma, assume aspetti nuovi, sotto i quali pochi la riconoscono. Gruppo 7 Note, in "Rassegna Italiana" , dicembre 1926. Il linguaggio classico e onirico che emerse in Italia dopo la fine della prima guerra mondiale - dapprima nella pittura, nel movimento di Valori Plastici, caratterizzato da una forte impronta metafisica, sotto la guida di Giorgio de Chirico, e, successivamente, in architettura, con il movimento classicheggiante del Novecento, iniziato dall'architetto Giovanni Muzio - rappresentava contemporaneamente sia il complesso punto di partenza per lo sviluppo del Razionalismo italiano che l'eredità della polemica futurista del periodo prebellico. Il Gruppo 7, di ispirazione razionalista, che si espresse pubblicamente per la prima volta, su "Rassegna Italiana", comprendeva gli architetti Sebastiano Larco, Guido Frette, Carlo Enrico Rava, Adalberto Libera, Luigi Figini, Gino Pollini, e Giuseppe Terragni, tutti provenienti dal Politecnico di Milano. Loro obiettivo comune era il raggiungimento di una nuova e più razionale sintesi tra i valori nazionalistici del Classicismo italiano e la logica strutturale dell'epoca della macchina. Nelle loro Note del 1926 essi si impegnarono a esplorare un terreno intermedio tra l'arcano linguaggio del Novecento e il dinamico repertorio della forma industriale, che era stato loro trasmesso dai Futuristi. I1 gruppo dimostrava inoltre una certa propensione per il Deutsche Werkbund e per le opere del Costruttivismo russo. Tuttavia, nonostante l'entusiasmo per l'epoca della macchina, il Gruppo 7 attribuiva un peso maggiore a una reinterpretazione della tradizione piuttosto che alla modernità in sé. Conseguentemente, nel 1926, essi prendevano una posizione critica nei confronti dei futuristi, scrivendo: L'appannaggio delle avanguardie che ci precedettero era uno slancio artificioso, una vana furia distruggitrice, che confondeva buono e cattivo. L'appannaggio della gioventù d'oggi è un desiderio di lucidità, di saggezza. Occorre persuadersene [...] Noi non vogliamo rompere con la tradizione [...] La nuova architettura deve risultare da una stretta aderenza alla logica, alla razionalità. Nonostante questa dichiarazione di fiducia nei confronti della tradizione, le prime opere dei razionalisti, in particolare quelle progettate da Giuseppe Terragni, mostravano una preferenza per le composizioni basate su temi industriali. Il movimento razionalista italiano ben presto si costituì come gruppo ufficiale nel Movimento Italiano per l'Architettura Razionale (MIAR), fondato nel 1930, un anno prima della terza esposizione del Gruppo 7, che si tenne a Roma, nella galleria d'arte di Bardi. La sua influenza fu di breve durata poiché il gruppo doveva essere ben presto minato dalle forze della reazione culturale. Mentre le prime manifestazioni dell'attività dei razionalisti avevano lasciato i professionisti più conservatori relativamente indisturbati, questa mostra fu accompagnata da un pamphlet provocatorio dal titolo Rapporto sull'Architettura (per Mussolini) , scritto dal critico d'arte Pietro Maria Bardi, il quale proclamava che l'architettura razionalista era l'unica autentica espressione dei principi rivoluzionari del Fascismo. Una dichiarazione del MIAR dello stesso periodo avanzava un'altrettanto opportunistica affermazione: "Il nostro movimento non ha altra consegna che di servire Mussolini nel clima duro. Noi invochiamo la fiducia di Mussolini affinché ci dia il modo di realizzare." Mussolini inaugurò l'esposizione, ma la sua "fiducia" ebbe scarso peso di fronte alla reazione ostile del Sindacato Nazionale degli Architetti, che subiva l'influenza classicista di Marcello Piacentini. Tre settimane dopo l'inaugurazione della mostra, il Sindacato Nazionale degli Architetti toglieva il proprio appoggio, dichiarando pubblicamente che l'architettura razionalista era incompatibile con le esigenze retoriche del Fascismo. A Piacentini fu lasciato il compito di mediare fra il tradizionalismo metafisico del Novecento e l'avanguardismo dei razionalisti e di proporre il suo "stile littorio", estremamente eclettico, come stile "ufficiale" del partito. Nel 1934, Persico scrisse a proposito della situazione del Razionalismo: "Gli artisti debbono affrontare, oggi, il problema più spinoso della vita italiana: la capacità di credere a ideologie precise, e la volontà di condurre fino in fondo la lotta contro le pretese di una maggioranza "antimoderna". Nel 1932, Terragni produsse l'opera canonica del movimento razionalista italiano, la Casa del Fascio (ora Casa del Popolo) di Como. Alla metà degli anni Trenta, l'architettura razionalista vera e propria presentava forti differenze se si confronta proprio la prima opera di Figini e Pollini, cioè la Casa elettrica realizzata per la Triennale di Milano del 1930, con la Casa per un artista realizzata per la successiva Triennale del 1933. E, a dire il vero, al tempo della V Triennale, il Razionalismo italiano si stava ormai compromettendo sia con un banale modernismo, da una parte, che con uno storicismo reazionario, dall'altra. Nel 1934, Persico e Marcello Zizzoli progettavano la famosa Sala delle Medaglie d'oro, un elegante labirinto di tralicci in legno bianco, per la Mostra dell'Aeronautica Italiana tenutasi a Milano. A questa data, con l'eccezione di occasionali capolavori, quale ad esempio questa straordinaria opera di Persico e Nizzoli, il Razionalismo italiano era entrato nella sua fase di declino, la morte di Terragni nel 1943 segno la brusca fine del movimento, ma le loro opere sono la testimonianze dei loro sforzi per realizzare un insediamento ideale per una società che avrebbe dovuto essere si organizzata razionalmente sia culturalmente priva di classi ! |