Chiesa dello Spirito Santo (Mater Domini)

 

Fra le strutture ipogee nel Largo di S. Domenico divenuto in seguito piazza del Plebiscito, ha avuto un ruolo di primo piano il Cenobio del Santo Spirito. Era questo uno dei sette insediamenti benedettini esistenti in città e nell’agro materano. Verso il 1342 ai benedettini subentrarono i cavalieri Gerosolimitani. In seguito il complesso prese il nome di Mater Domini, e di questo si ha testimonianza dai versi posti a piè di una nicchia . Come si è potuto avere conferma dai lavori di sistemazione della piazza, a questo complesso monastico si accedeva oltre che dalla zona del Fondaco del Mezzo, anche dal sottostante rione lombardo. L’antica chiesa rupestre fra il ‘500 ed il ‘600 fu ampliata nella parte antistante con una costruzione in tufo, struttura che durante l’interramento del Fondaco, fu in parte distrutta. La chiesa dello Spirito Santo di Matera, intitolata nel 1946 Mater Domini, il primo possedimento nella città del Sovrano Militare Ordine Gerosomilitano di Malta, detto anche Sovrano Ordine di Gerusalemme, più comunemente conosciuto come Ordine dei Cavalieri di Malta. La costituzione di questo ordine cavalleresco avvenne nell’undicesimo secolo a Gerusalemme, ad opera d’alcuni mercanti Amalfitani, i quali sentivano la necessità di avere un luogo proprio in cui albergare durante i loro commerci. Fondarono, quindi, un Ospizio in Gerusalemme e, più tardi, nel 1040, ottennero il permesso di costruire un complesso monastico che affidarono alla cura di Monaci Benedettini provenienti da Montecassino. In seguito, crescendo sempre più il numero dei pellegrini cristiani che si recavano in Terra Santa, si edificò un secondo monastero ed un ospedale dedicato a San Giovanni Battista per assistere gli stessi pellegrini.

Divenne Ordine Militare nel 1130 per volere d’Innocenzo terzo con il compito di difendere i Cristiani dagli Infedeli. Dopo la conquista di Gerusalemme nel 1187 da parte di Saladino, l’Ordine trasferì la sua sede a S. Giovanni D’Acri nel 1191 e da qui a Cipro nel 1291, ed infine nell’isola di Malta. Con l’occupazione dell’isola da parte di Napoleone, l’ordine stabilì la sua sede definitiva in Roma .

Cronisti locali fanno risalire l’edificazione dell’attuale chiesa Mater Domini di Matera, con il suo pregevole campanile a vela, al 1680 ad opera di Silvio Zurla di Crema. Un attenta lettura del manufatto, invece, evidenzia una mancanza d’omogeneità costruttiva del complesso-campanile .

Gli elementi architettonici del campanile, quali l’alta fascia bugnata e la balaustra superiore finemente scolpita e sorretta da mensoloni, la scalinata ad arco rampante con gradini estradossati e listelli gentilizi, sono riconducibili ad un lessico decorativo rinascimentale, la facciata si presenta invece, con caratteri stilistici più tardi, sobria nelle linee architettoniche ed ornate unicamente da un modesto portale architravato sormontate da un’edicola con gruppo scultoreo raffigurante la Madonna con il Bambino. Il campanile e la chiesa di Mater Domini appaiono quindi quale prodotto di fasi costruttive differenziate.

Tali considerazioni trovano riscontro nei documenti d’archivio, i quali chiariscono anche la successione delle stesse fasi costruttive. Al momento delle elezioni di Silvio Zurlo della Commenda dello Spirito Santo di Matera, la funzioni religiose erano celebrate nell’antica omonima chiesa ipogea, la cui prima menzione risale al 1914. Costatate le precarie condizioni della chiesa ed il suo stato d’abbandono, il Commendatore Zurla si accinse a restaurala: oltre ai lavori interni, fece costruire sopra la sacrestia l’alto campanile su cui fece imprimere le armi dell’ordine cavalleresco e quelle del suo casale .Nel contempo, acquistava il sito accanto alla torre campanaria e vi fece edificare due ambienti: iniziata nel 1674, la costruzione non è ancora ultimata nel 1699 quando è commendatore della Commenda materana G. Manzi .

E’ evidente quindi che non si può far risalire al 1680 la sua costruzione; dovrà essere edificata sul Piano nella seconda metà del diciottesimo secolo, come si evince dalla data diciassette incisa sulla croce posta al di sopra del timpano: per la sua erezione fu trasformato il sito accanto al campanile. I risultati dei saggi effettuati sulla chiesa durante i lavori di restauro hanno ulteriormente confermato quanto si legge nei documenti. All’interno della chiesa sul lato destro, a livello del pavimento, sono stati rinvenuti i fori attraverso i quali scorrevano le corde per il funzionamento delle campane dalla sacrestia della chiesa dello Spirito Santo: il campanile era quindi pertinenza della chiesa ipogea.

Inoltre al di sotto del pavimento in cotto della chiesa settecentesca, ricoperta in epoca recente da mattonelle di cemento, si è ritrovata una pavimentazione che dichiaratamente denuncia la funzione di spazio aperto del sito: costituito in gran parte da basolato ed inserti in cotto, il pavimento era formato in alcune zone, di masso tufaceo.

Infine considerazioni di carattere funzionale e costruttivo portano a concludere che l’ambiente, costituito per altre funzioni fu adattato in seguito a luogo di culto: le due ampie arcate presenti sulla parete sinistra ed il prospiciente ballatoio esterno, sono difficilmente associabili a schemi costruttivi chiesastici, ma richiamano caratteri d’edilizia civile, molto frequenti nei rioni Sassi.

Esso si sviluppa su una pianta quadrangolare e si affaccia da un lato sulla piazza principale della città e dall’altro sulla vasta conca del Sasso Barisano.All’esterno si notavano distacchi tra i vari elementi componenti, la balaustra del campanile ampie presenze di corrosione nei conci di tufo ed un generale degrado della muratura per l’azione degli agenti atmosferici.

All’interno, sulla parete prospiciente il Sasso si aprivano due profonde nicchie che dopo un attento studio sono state ritenute eseguite in tempi recenti.Le operazioni più significative che hanno consentito il completo recupero della chiesa hanno interessato la volta di copertura, le murature, il pavimento, gli infissi, ed il restauro artistico propriamente detto. La volta a padiglione in murature di conci di tufo è stata consolidata mediante un incalottamento armato sull’estradosso: dopo aver provveduto alla scomposizione del manto esistente e dopo un’accurata pulizia, tutta la superficie è stata trattata con speciali malte in sabbia e cemento fino alla completa saturazione delle commessure fra i conci; sulla superficie stessa è stata poi sistemata una rete metallica elettrosaldata agganciata alla volta per mezzo di barre d’acciaio e quindi eseguito in massetto di calcestruzzo cementizio.

Ricomposte le necessarie pendenze, la volta è stata quindi impermeabilizzata con guaina asfaltata e sovrastante d’embrici curvi di reimpiego. Le murature sono state rigenerate mediante iniezione di cemento a composizione binaria, a pressione controllata in relazione allo stato delle murature stesse, o consolidate mediante l’inserimento di barre d’acciaio in perfori eseguiti a rotazione come nel caso del campanile.

Il pavimento esistente era costituito da mattonelle in cemento sovraesposte ad un altro in cotto sconnesso ed esteriorato, a sua volta poggiato ora su un basolato di pietra calcarea, ora direttamente sul masso tufaceo; rimosso completamente è stato sostituito con un pavimento in cotto artigianale applicato su massetto di calcestruzzo cementizio armato con rete metallica elettrosaldata, e questo allo scopo di rinforzare la volta di copertura della sottostante chiesa dello Spirito Santo.

Particolare attenzione sia per il disegno, che per il tipo di materiale da usare ha richiesto lo studio degli infissi in corrispondenza dei grandi vani ad arco originari ubicati sulla facciata prospiciente il Sasso che sono risultati dalla eliminazione dei tompagni e delle nicchie ivi incorporate.

Ne sono derivati due grandi infissi in ferro battuto eseguiti artigianalmente a maglia quadrata, che consentono ora l’accesso su un ballatoio esterno , e che interessano tutta la parete, sono di grande effetto scenico, potendosi ammirare, dall’interno della chiesa lo straordinario panorama del Sasso.Gli esperti della locale scuola di restauro hanno infine operato con brillanti risultati, sia su una scultura in pietra raffigurante l’Annunciazione posta sull’altare sia sulla facciata principale dell’edificio, sulla quale è stata applicata, previa accurata pulizia dai depositi anneriti dipulviscolo una scialbatura pigmentata con delicate differenziazioni di tonalità per meglio evidenziare gli elementi architettonici, decorativi della facciata.

 

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