CHIESE RUPESTRI

 

LA STORIA

 

ARCHITETTURE RUPESTRI

 

INDAGINE TIPOLOGICA

 

GLI AFFRESCHI

 

 

 

 

LA STORIA

 

In questa straordinaria città, fatta di storia, arte, architettura e sapienza popolare è possibile ricostruire per la sua continuità storica la vita dell'uomo dall'età della pietra fino ai nostri giorni, elementi questi testimoniati e documentati dall'opera incessante di Domenico Ridola, (archeologo materano, che dà nome all'omonimo Museo), la cui importanza consiste nell'aver lasciato ai posteri delle prove stratitografiche che mettono in luce il ruolo centrale che Matera ha avuto nel corso dei secoli.

La presenza dell'uomo favorita dalle condizioni geo-morfologiche del sito munito di quei requisiti di difendibilità, riparo e possibilità tali da consentire un tranquillo sviluppo della vita associata che in principio avvenne in forma "Naturale", in grotta.

I primi antri naturali sono di per sé un confortevole rifugio per l'uomo delle caverne i cui successori o coevi scalfiscono e poi scavano la roccia particolarmente tenera. Il tufo di risulta degli scavi, in una logica ipotesi storica del modus costruendi, viene utilizzato per ridurre l'imboccatura dell'antro , che in un secondo tempo prende aria e luce da un portello soprastante l'ingresso.

La grotta assume col sopraggiungere di nuove esigenze di alloggiamento del nucleo familiare e degli animali domestici al servizio di questo, aspetti imprevisti e diversi. Essa si prolunga verso l'interno del masso tufaceo, si biforca, si conifica in bulbi, assumendo le configurazioni di tana. Si tratta di una delle tante maniere di realizzare il vuoto nel pieno da parte dei litotomi locali, i quali abituati per antica tradizione a scavare in grotta per le antiche abitazioni, spesso sono riusciti a portare il loro lavoro a manifestazioni artistiche d'altissimo livello tecnologico e formale, rendendo oggi queste patrimonio dell'UNESCO. I nostri litotomi, dopo aver impostato l'opera nelle linee generali e secondo il desiderio del committente procedevano nei particolari seguendo la loro fantasia, fermati soltanto solo dalla presenza di uno strato più resistente.

E' la Murgia il teatro di questi spettacolari esempi di land-architettural, che morfologicamente si presenta come una grande zolla calcarea, originata dal quel fenomeno orogenetico che produsse l'emersione delle acque dalla massa calcarea successivamente modellata da una serie di fenomeni carsici che incidendo profondamente la roccia portarono alla creazione delle caratteristiche gole d'acqua identificate oggi con il termine di Gravina che costeggiando la città, dopo un percorso naturalisticamente affascinante si degrada lentamente verso la collina di Montescaglioso.

La presenza dell'acqua, elemento indispensabile per la vita dell'uomo favorì di certo l'insediamento, lungo i versanti meno scoscesi della Gravina, sugli altipiani ed entro le cavità naturali sin dal periodo della preistoria.

L'altipiano murgico fu per lungo tempo regno di pastori e mandriani, depositari di una cultura e di una civiltà rupestre giunta fino a noi attraverso riti e tradizioni, attratti da quei luoghi per la semplicità e l'economicità nell'esecuzione degli scavi che hanno indotto l'uomo di tutti i tempi a creare unità abitative ricorrendo più al pieno nel vuoto che al vuoto nel pieno.

Sarà proprio questo ambiente fatto di grigio calcare, ove il silenzio è conseguenza di un naturale isolamento, ad esercitare un fascino enorme su comunità fuggiasche e su religiosi solitari alla ricerca di una perfezione ascetica e di una tranquilla dimora.

Lungo le anfrattuosità delle gravine, nelle raddolcite anse alluvionali o sull'altipiano ventilato della Murgia si arrestarono le ansie e gli affanni di poveri itineranti, ricchi solo di un fervore mistico che li spinse a ricercare nell'intima oscurità di una grotta il luogo per riprendere il colloquio con Dio. In questo scenario tormentato e favoloso, si incentrò per secoli un vivere associativo caratterizzato da una feconda pratica ascetica che contribuì a rianimare una terra ed una città sconvolta da avvenimenti bellici.

Matera fu per secoli la chiave di tutte le comunicazioni tra i principati longobardi ed i themi bizantini; punto focale della sfera d'influenza di due civiltà: l'occidentale e l'orientale. Tale importanza strategica vivificò la struttura civica della città che divenne uno dei centri più importanti del tempo e luogo di preminenza militare. Si spiega in tal modo il suo corso storico ed il modo per cui fu più volte assediata, presa e saccheggiata.

In questo fluire di eserciti, di rapine, di saccheggi, di battaglie, fu logorata nel tessuto sociale e solo le nascoste e selvagge gravine, solcanti picchi inaccessibili, permisero lo stanziarsi e lo svilupparsi di nuclei umani che vivificarono un mondo civile fratturato ed avvilito da tanta ferocia militare. Tali nuclei furono costituiti da singoli o da gruppi di religiosi che fuggendo dalla guerra e dalle persecuzioni, si stanziarono negli anfratti silenziosi della Murgia naturalmente protetti e lontani dal balenio delle spade, ritrovando in quei luoghi un clima familiare e consono alle proprie esigenze spirituali.

In quel periodo di gravi sconvolgimenti Matera divenne il naturale ricettacolo di più civiltà che, pur nei cruenti antagonismi, seppero con la loro presenza ristrutturare una umanità disfatta attraverso l'insegnamento di valori e di idee.

E' noto come l'Italia meridionale abbia in quel periodo risentito di due spinte politiche: quella dei duchi o principi longobardi, legati alla spiritualità romana e quella bizantina.

Questi poli di lotta politico-religiosa comportarono e suggerirono un'opera lenta e maturata di continue immissioni di elementi latini o greci diventando molto spesso simbolo e mezzi di propagazione delle due civiltà in lotta, in maniera del tutto proporzionale agli esiti militari che condizionavano di volta in volta, l'affermarsi del mondo greco o di quello latino.

Per questo il monachesimo orientale, nella lata accezione definito "Basiliano", si propagò nei territori meridionali soggetti all'Impero bizantino, mentre quello occidentale, il "Benedettino", si radicò nei ducati longobardi e seguì gli eserciti imperiali di Francia e Sassonia.

Non è facile compito fissare storicamente le tappe della presenza fisica di queste comunità che, veicoli di una fede e di una cultura, agevolarono e prepararono le imprese militari dei loro governi. Quello che possiamo dire è che in questo quadro storico così complesso si innesta tipicamente la vicenda umana di Matera, punto d'incontro di queste civiltà antagoniste e nel contempo crogiuolo di valori e di contenuti contrapposti. Come si stava accennando, la città vide nell'arco di tempo che va dai Goti ai Normanni il fluire di eserciti bizantini, longobardi, saraceni, che pur nella cruenta alternanza di battaglie, donarono alle genti disfatte valori della propria cultura e della propria fede. I depositari di tali civiltà avvicendatesi sul suolo materano, furono appunto i monasteri che consentirono il perdurare di un'umanità organizzata. Storicamente e documentalmente è possibile verificare e rintracciare, nel periodo che ci si occupa, questa presenza monastica in territorio materano.

 

ARCHITETTURE RUPESTRI

 

Le numerose chiese rupestri rinvenute testimoniano concretamente questa tappa eroica del monachesimo, e nello stesso tempo impongono una più attenta indagine per stabilire se tutte possano o meno risalire a tale periodo.

E' bene precisare che nel nostro territorio ed in Matera in modo particolare, il costume di dimorare in grotta e di circoscrivere l'unità abitabile nel nudo perimetro ipogeo ricavato nella tenera roccia fu un sentire , un modus vivendi, un gusto formale acquisiti durante una millenaria consuetudine sicchè voler subordinare tali eventi nell'incapacità di dar corpo ad architetture valide cade in difetto.

La volontà di costituire architetture in negativo viene ulteriormente ribadita dal fatto che quando si dovette dar corpo ad edificazioni vere e proprie, le costruzioni seguirono questo schema edilizio, constatazioni che confermano come la vita nelle grotte fu un portato consuetudinario spiegando il perché tale soluzione non sia stata facilmente superata anche in tempi più evoluti e più vicini ai nostri tempi.

Le cripte del materano pur nella libertà e nella varietà di schemi, contengono spesso spazi liturgici ed iconografici in comune sia con il mondo bizantino che con il mondo latino.

Nella convivenza di queste due civiltà si distinguono le diversità tra le chiese : le une a planimetria di tipo bizantino con campate coordinate ad un centro, le altre, latine con sviluppi rettilinei ed elementi improntati a geometria e regolarità. A volte vi sono chiese che, pur nella sostanziale impostazione latina, hanno elementi bizantini come l'iconostasi o chiese praticamente greche che hanno degli spazi liturgici di tipo latino. Nel corso di un processo evolutivo, durato secoli, gli eremiti passarono a vita comunitaria prima con la laura poi con il cenobio.

Già gli anacoreti, pur nel loro isolamento contemplativo, avevano, nel tempo ingentilito la loro cripta, ma solo con l'avvento della vita comune si ha l'arricchimento della chiesa con tutti gli elementi liturgici e l'elevazione dell'architettura e dell'affresco a dignità d'arte.

I cenobi si presentano con vani molteplici e comunicanti, con segno tangibili della vita giornaliera dei cenobiti. Ricavati con tagli nel masso vi sono giacigli, scanni tavolati, luoghi di preghiera, oltre a strutture per usi quotidiani, tra cui le varie cisterne per l'acqua ed i pozzi. Le chiese cenobitiche sono numerose sia nell'abitato di Matera ( Santa Lucia alla Malve, Sant'Eustachio de Posterga, Madonna delle Virtù, ecc.) che nell'agro (Cristo la Selva, San Nicola all'Annunziata, Sant'Eustachio sulla Murgia, ecc.)e, pur non avendo uno stile unico e ben definito, che il più delle volte è imposto dalla struttura geologica della roccia presentano un impianto iconografico che esprime lo spirito liturgico e la confessione d'appartenenza delle comunità interessate. Un dato è certo : fra cento e più chiese in rupe del materano, nessuna ripete il modulo delle altre, con esempi di cripte nelle quali gli elementi liturgici delle due confessioni, l'orientale e l'occidentale risultano mirabilmente integrate.

L'architettura e gli affreschi del patrimonio rupestre, richiamano generalmente concezioni estetiche latine, pur riscontrandosi spessissimo influenze bizantine, miste ad un'architettura statica e funzionale, tipicamente locale.

 

INDAGINE TIPOLOGICA

 

Le chiese rupestri si presentano, in genere, con una planimetria quanto mai varia ed armoniosa. Da un'apertura quasi sempre arcuata e parabolica si accede ad un vestibolo, spesso decorato con piccole croci graffite di varia fattura, che immette in uno spazio più raccolto in funzione di oratorio.

L'oratorio, è quasi sempre anticipato da archi che scendono dalla volta, sorretti da pilastri che restringono lo spazio ipogeo. Una banchina corre lungo le pareti, mentre un parallelepipedo, con funzione di ambone, sovrastato spesso da una cavità lenticolare ravvivata da un affresco, è ricavata nella parete rocciosa.

Dall'oratorio si accede al presbiterio separato dagli ambienti, nelle chiese ad impianto greco, dalla iconostasi. Il presbiterio a forma vagamente elissoidale, termina nella cavità absidale. Al centro il plinto dell'altare. Nella parete di destra e di sinistra si aprono nicchie assolventi la funzione del diaconicon e della prothesis.

In fondo, accentuato da una serie di archi concentrici, il vano absidale, quasi sempre arricchito da affreschi. Nella volta in corrispondenza del plinto, non è raro un accenno di cupola realizzata con una cavità lenticolari a più giri concentrici.

Gli eremi o asceteri, semplici celle degli anacoreti, sono caratterizzati da modesti spazi ipogei, con planimetria informe ed architettura povera. Generalmente con ingressi rifiniti, angusti e protetti, sono arroccati in luoghi scoscesi, isolati, difficilmente raggiungibili. L'interno presenta pareti nude, abbellite da qualche croce graffita, un giacitoio e qualche nicchia per deporvi la lucernetta ad olio, forse l'icona e qualche oggetto indispensabile alla vita quotidiana. Tra quelli che meglio si conservano troviamo l'eremo di S. Agnese, sulla Murgia Timone, e quello ubicato nel Vallone della Loe dal singolare ingresso triforato.

Le laure sono composte da una serie di grotte a se stanti con al centro una chiesa, che rappresentava l'unico punto d'incontro degli eremiti dediti alla preghiera ed alla contemplazione. Da segnalare le laure di san Vito, di S. Francesco a Chiancalata, della Madonna delle Vergini sulla Murgecchia, di S. Pietro in Princibus, di S. Falcione sulla Murgia Timone .

Un esempio del passaggio fra la laura ed il cenobio è offerto dall'insediamento religioso di San Nicola all'Annunziata. Il complesso lauriotico copriva, all'origine, solo la piazzola antistante la cripta, con le singole celle poste a raggiera intorno alla chiesa ed alla cisterna dell'acqua e, solo in un secondo tempo, per la sopraggiunta modifica del costume monastico venne realizzato un grandioso cenobio a quattro piani, ricavato sullo strapiombo della gravina, in posizione decentrata rispetto alla cripta.

Nel cenobio la comunità vive secondo una regola alla quale il cenobita sottomette ogni aspetto della vita religiosa e sociale. Queste complesse ed articolate strutture rappresentano uno dei capitoli più interessanti del fenomeno monastico rupestre e si sviluppano nel cuore della roccia tufacea con dormitori, scanni, tavolati, luoghi di preghiera, forno deposito e cisterna. Le chiese nell'ambito del complesso cenobitico, sono variamente collocate: spesso sono poste in diretta comunione con il cenobio come quello di Cristo la Selva, la Madonna degli Angeli, Santa Lucia al Bradano, oppure lateralmente come sant'Eustachio, Madonna del Giglio, Santa Maria della Valle. Distinguiamo le chiese rupestri del Materano, in urbane e rurali, classificandole in eremi, cripte lauriotiche, chiese cenobitiche, santuari e cappelle. Elemento determinante per una seconda distinzione è il numero della navate e dello schema planimetrico dei singoli monumenti ipogei. Distingueremo pertanto:

Chiese dell'agro

Chiese della città

 

 

GLI AFFRESCHI

 

Altro tema strettamente connesso al mondo delle chiese rupestri del materano è l'affresco che conferisce alla grotta un aspetto aulico costituendo uno dei maggiori richiami ed una delle testimonianze più vive dell'alto gradi di cultura raggiunto dalle comunità monastiche.

In tanta povertà d'ambiente, la luminosità dell'affresco ha risposto alla funzione di decorare la chiesa ed elevare lo spirito del fedele: un'arte che pur priva di contributi artistici di grandi maestri, assume connotazioni di tale pregio da non sfigurare nel confronto con opere pittoriche di riconosciuto valore.

La datazione, mai certa crea problemi di collocazione nel tempo, trattandosi di un'arte periferica rispetto alle correnti artistiche sviluppatesi in Europa ed in Asia Minore; un'arte basata su una tradizione artigianale che ha conservato stili per tempi lunghi, o riprodotto manifestazioni artistico-religiose appartenenti a culture anteriori.

Nel loro insieme gli affreschi risentono di una marcata influenza bizantina, specialmente se appartenenti al periodo racchiuso tra il dodicesimo ed il tredicesimo secolo, pur mantenendo, nella fattura e nell'impostazione iconografica la matrice latina. Si tratta in definitiva di una fusione di diversi schemi culturali, che propone una osmosi di stili e concezioni che pur non consentendo una netta separazione tra le due differenti culture e modalità d'esecuzione dell'affresco rende questo simbolo caratterizzante la civiltà rupestre materana ed un patrimonio da difendere e da preservare dagli atti di vandalismo e le maldestre e clandestine asportazioni.