L'ATTUALITA' DELLE ANTICHE TRADIZIONI
Bari è una città nata dal mare.
Dal mare, elemento essenziale, a tratto sostentamento e sul mare ha costruito la sua storia e la sua tradizione.
È la tradizione popolare e il mistero che ancora avvolge gli usi e i costumi della città vecchia, che rappresentano l'autentica carta di identità dei baresi, i cui modi di fare e di agire sono strettamente legati al mare, al territorio e alla consueta natura dei rapporti di tipo commerciale e di scambio che sin dall'antichità erano soliti intrattenere con tutti gli altri popoli del mediterraneo; ed è sempre la tradizione popolare il segreto che fa ancora resistere gli usi, i costumi, il dialetto e le altre tipiche caratteristiche di Bari vecchia, alla forte pressione esercitata dal progresso della tecnologia e della lingua italiana.
Si narra che già nel 37 a.C. Il grande Orazio Flacco passando da Bari, osservasse ammirato i pescatori che arricciavano i popoli sulla scogliera o che vendevano cozze e frutti di mare freschi e la menzionasse come una città pescosa: rìzze (ricci), ostriche, canestrelle (cozze di San Giacomo), cozze pelose, cozze nere, mùsce (mitili), taratùffe (tartufi di mare), cannelìcchie (datteri di mare), nùsce bianche e nusce rosse (noci di mare).
Ed è proprio tutta questa “frutta di mare”, accompagnata da allievi e polipi di scoglio arricciati (con una tecnica che consiste nello sbatterli e smuoverli per lungo tempo) che costituisce “il crudo”, piatto tipico dei baresi – oggi come mille anni fa – amano mangiare, appunto, a crudo.
È questa usanza, che è quasi un rito si ripete uguale da sempre, ogni giorno e soprattutto ogni domenica mattina quando i baresi veraci immancabilmente ndèrre–a la lanze (al molo San Nicola) per gustarlo assieme a focaccia calda e birra ghiacciata.
Anche in cucina la tradizione è molto ricca e variegata e annovera tra le sue specialità, prima fra tutti, la pasta fatta in casa che ogni giorno le brave massaie impastano e stendono ad asciugare all'aperto: dalle strascenate, da fare con il sugo (orecchiette), alla làneche (pasta all'uovo tagliate a fettuccine), dalle mitiche brasciole di cavallo (involtini di carne ripieni), ai piatti ricchi e succulenti come patate riso e cozze, parmigiana di melanzane, sin ai piatti poveri come le cozze chiene (cozze ripiene), la checòzze alla poveredde (zucchine alla poverella) e alle famose popizze e sgagliozze, caldi e invitanti pezzi di polenta “creati” dalle famiglie ancora più povere che, per non mangiarla sciolta si sono adoperati a farla fritta.
Tra gli svaghi popolari più caratteristici ricordiamo invece u zembaridde, un gioco quasi teatrale ancora molto diffuso soprattutto nelle candìne (osterie) in cui un gruppo di amici si gioca a carte – a briscola o a tre sette – la titolarità di una bottiglia di birra e ne dispone per far bere a piacere gli altri partecipanti.