I LAVORI NELLA CHIESA E NEL CONVENTO



II procuratore, "deputato della fabbrica della Chiesa del Venerabile Monastero di San Leonardo" è don Tommaso Castrignanò che, dal gennaio del 1742, "per due anni e mesi cinque, ha portalo lutto il pensiero e la carica di tutta la spesa occorsa, non solo per la dimolizzione della vecchia chiesa del monistero, ma anche per l'edificazzione della Nuova", e che è costretto a rinunciare all'incarico per motivi di salute.
Al suo posto subentrano, come "Signori Razionali per la rivisione delli conti", D. Francesco Paolo de Valeri is e D. Michele de Robertis.
Sembra che uno dei problemi che emerse durante la costruzione fu la "calcina", sia nell'impastarla che nel custodirla. Addirittura venne "pagato un uomo che guardò per due notti la calcina per non esser rubbata, perché stava la Chiesa aperta". Per prepararla e impastarla invece vennero Utilizzate "le due sepulture della Chiesa di S. Lionardo, quali sepulture servirono per farvi ivi i calcenari per curare la calcina della nuova fabrica, quali scheletri si posero in un pozzo vecchio. Ma perche occorse che in detto pozzo vecchio si doveva fare un pilastro per la nuova Chiesa, si trasportarono li scheletri in un altro luogo".
Altri lavori, minuziosamente annotati, riguardarono alcune porte interne tra la clausura e la Chiesa, e "tré porte di riparo alla nuova scala del campanile, per guardia della Clausura".
Nell'agosto del 1742, il maestro Antonio Truppi viene incaricato di sistemare "un cancello di ferro posto nella finestra della sacristia", e nello stesso mese, Giuseppe Aurelio Brescia viene pagato per la "cera citrina servita per la concia o sia colla delli lavori delle pietre vive che si rompono nella facciata della nuova Chiesa".
Una piccola cava di pietre venne ricavata "nella chiusura d'olive della chiesa parrocchiale di San Pietro, ove si sono scappate le pietre vive per la nuova Chiesa di San Leonardo". Dal 28 giugno del 1743 ripresero alcune opere di consolidamento della struttura del convento e del campanile, non toccate dalla demolizione, e di raccordo con la chiesa da edificare.
I lavori avviati a luglio servirono ad aprire una porta che immetteva nella sagrestia delle monache e dentro la "camera dell'orzo"; "per aggettare una chiancata dentro la camera di sotto il campanile"; "per riedificare il parapetto del Belvedere, buttato a terra quando si buttò a terra la Chiesa"; per intonacare alcuni ambienti della clausura e "per fare un forno dentro la clausura per uso delle Signore Monache", per un "finestrone" e "una fornella della caldaia del mosto"; "un cancello in ferro alla finestra della saciistia"; "un altro cancello di ferro alla finestra sopra il Portone del Parlatorio alla parte della strada".
Nel mese di agosto, altre opere vennero eseguite "una all'arco esteriore e l'altro all'arco inferiore della grata della mano destra del parlatore, due canne di chiancata al’inclaustro del giardino". La vecchia chiesa doveva fregiarsi anche di capitelli e cornicioni; infatti si legge di un "bonauto a zoccatori e ciò per uscire da dentro il petraro tutti li pezzicoli fuori misura, che sono delli capitelli e cornicioni".
Venne inoltre costruita "una porta che corrisponda dentro il campanile, sopra il nuovo Coro delle Signore Monache".
Questi lavori, olire al materiale che "occorse tanto in detta nuova chiesa, quanto nelle fabriche dell'interno del Monistero" costarono 74 ducati e furono saldati il 31 agosto del 1743 a Sante Farnararo e Pascale Simone.
 
I lavori per la costruzione della chiesa, e sicuramente, per la ristrutturazione del convento, proseguirono fino al 19 febbraio 1745, data presumibile di conclusione di gran parte dei lavori. Infatti l'iscrizione nella valva del timpano della chiesa reca, a caratteri romani seppur molto illeggibili, la data del 1745, mentre sulla targhetta del cantone di chiasso San Leonardo si legge il 1737.
Il convento, come abbiamo già detto, fu ristrutturato subito dopo la costruzione del campanile e qualche anno prima della demolizione della vecchia chiesa; anzi i lavori continuarono fino al 1743. Resta da chiarire quali parti del convento furono oggetto di ristrutturazione, o meglio ancora cosa fu ristrutturato e cosa invece venne di fatto costruito. Molti elementi architettonici e murari dell'edificio conventuale, ben visibili lungo il perimetro esterno del complesso monastico, evidenziano successive e ampie manomissioni rilevabili nella differente disposizione dei conci tufacei e nella saldatura tra le diverse parti.
Posso ampiamente condividere le considerazioni della De Venere quando rileva sul convento i segni delle trasformazioni che lasciarono al piano terra l'aspetto di una fabbrica cinquecentesca e ai piani superiori le ristrutturazioni o sopraelevazioni settecentesche con apertura di finestre arcuate protette da caditoie.
Al piano terra si individuano frequenti ingressi al convento tamponati sicuramente all'epoca della ristrutturazione, mentre furono aperti i due portali, armoniosamente decorati con cornici modanate. I lavori nel convento andarono avanti per diversi anni se, durante la reggenza della badessa Ermelinda Affatati (1754-1757), altri lavori vengono presentati nella pianta del monastero disegnata da Michelangelo Sorino e firmata dalla badessa e dal canonico Alessandro Nardelli.
Tali ipotesi spiegherebbero, molto verosimilmente, l'incastro del campanile nel monastero, ben visibile sul lato ovest e nella chiesa sul lato est, a piano con la cupola. Ciò sembrerebbe confermare la mancanza di omogeneità di intenti e soprattutto di chiarezza nella prosecuzione dei lavori, inizialmente finalizzati solo al campanile e poi estesi al convento e alla costruzione della nuova chiesa.
La chiesa sembra rappresentare la fase finale di tali opere e si distingue per la maggiore armonia compositiva rilevabile nello slancio della facciala e nelle snelle lesene sovrapposte.
L'impaginazione architettonica si incentra sull'ampio portale nel cui ovale del timpano sfiancato è inserita la statua di San Benedetto tra puttini, festoni sospesi e conchiglia.
I capitelli ionici sembrano dare movimento alla partitura della facciata, intervallata dalle volute del timpano interrotto della cornice marcapiano.
Sul frontone, entro cui si apre una finestra, si eleva il fastigio con all'interno il cartiglio con la data, a caratteri romani del 1745.
L'interno della chiesa presenta l'aula basilicale rettangolare lungo la quale si dispongono "sei altari, uno è in fondo, ed è il maggiore sotto la invocazione di San Benedetto, Patriarca di quest'Ordine, due alla parte destra, dei quali uno è sotto la invocazione del Crocefisso, e l'altro della SS. Trinità, tré poi alla parte sinistra, dei quali uno dedicato alla Madonna del Rosario, l'altro a Santa Filomena, ed il terzo a San Giovanni Evangelista; e detti altari sono fissi e non portatili, e nella loro integrità serbono i suggelli delle reliquie".
L'interno della chiesa si presenta austero e scandito dalle paraste con capitelli corinzi; il soffitto, ad ampia botte, decorata da cornici e spicchi, percorre tutta la chiesa fino all'elevazione della cupola. La luce è assicurata dalle finestre lungo la navata e dalle otto finestrine quadrilobate del tamburo della cupola; la finestra centrale è invece murata.
Sull'altare centrale, con affaccio sul presbiterio, vi è il coro delle monache, protetto da grate in legno e sormontato da un ampio drappo; lungo il matroneo superiore si dispongono i sci ceretti, tutti con grate lignee per la clausura.
Interessante ed ancora funzionante "la Ruota per cui si porgono i Sacri Arredi, dev'essere chiusa, e tanto in questa, che nell’altra Ruota solita tenersi nella Sagrestia non deve esserci affatto nessun foramento.
Nello stesso documento si legge che nel presbiterio vi e il "Comunichino" e che "i finestrini dei confessionali debbono essere formati con lamine di ferro in modo che la Religiosa che si confessa possa essere solamente udita ma in nessun modo veduta"; "le grate che sono nella chiesa non possono servire di parlatorio, come più volte è stato dichiarato dalla Sacra Congregazione, e ordiniamo che sieno chiuse a due chiavi". Per quanto riguarda il Coro "proibiamo le Orchestre di persone secolari ma le istesse religiose canteranno dal coro dirette dalla loro Maestra di Cappella a cui raccomandiamo di evitare nel canto figurato e suono tutto ciò che potrebbe essere opposto all'eccitamento della divozione, a solo servire diletto ed alla distrazione".
Per gli altri riferimenti artistici e architettonici si rimanda all'interno delle schede di catalogo.