L'affermazione che le varianti grafiche Itria, Idria e Santa Maria
dell'Itria, Santa Maria dell'Idria, denominanti cappelle, chiese, monasteri, o luoghi e contrade rurali, abbiano una matrice comune nel culto
bizantino dell'Odegitria, è chiaramente dimostrabile.
Nel feudo di Copertino, al limite di quello di Furcignano, sin dal 1452,
come si rileva dalla santa rivista del vescovo di Nardò de Pennis, è documentata l'esistenza di un'antica cappella di Santa Maria dell'Idria.
Questa sorgeva a circa seicento metri dalle mura, presso un bosco detto
Idri, che secondoalcune testimonianzemoderne dette il nome alla chiesetta, ma, semmai, è proprio il contrario. Sul suolo ove sorgeva detta cappella il vescovo neretino Salvo nel 1571 fece edificare una nuova chiesa ed un convento dei Domenicani, conservando l'antica denominazione. Nelle scritture dell'archivio diocesano di Nardò, nel catasto onciario di Copertino del 1756 e nella platea di Santa Maria dell'Idria dei Padri Predicatori di Copertino del 1795 sono indicate le varianti Idria, Ydria, Yudri,Itri, Ytri, Litria,Uddiria, Undri.
A cinquanta metri dalle mura di Galàtone c'era una piccola chiesa,
ancora oggi esistente in piazza Itria, datata 1519. Negli
inventari e in altri atti giacenti nell'Archivio della chiesa matrice
della cittadina, con notizie a partire dal 1522, si rilevano le varianti
Idria, Idri, Hidria, Ydria, Indria, Itria, Itri, Hitria, Litria. Alla Madonna
d'Itria erano dedicate, inoltre, nel centro urbano, una cappella con
confraternita nella chiesa madre e un altare con beneficio nella chiesa
dell'Annunziata, già dal secolo XVI.
La chiesetta di Santa Maria d'Idria, presso le mura di Lecce verso la
Porta di Rugge, alla fine del Cinquecento fu donata agli Osservanti che,
con ratifica pontificia del 1608, vi si insediarono, costruendo un convento detto Santa Maria dell'Idria, restandovi fino alla soppressione del
1809. Oggi la chiesa degli ex Osservanti è in un nuovo quartiere cittadino, dal 1956 è parrocchia e conserva lo stesso nome.
Nei pressi di Lecce, ancora, in località Rugge, a due miglia dalla città,
esisteva sin dal XVI secolo la chiesa di Santa Maria d'Idria, ove i
Cappuccini fondarono il loro primo convento nel Salento del 1533 con
la medesima denominazione. Questo convento, essendo misero, fu successivamente abbandonato e i Cappuccini si trasferirono a Lecce, costruendone uno nuovo nel 1570 presso la chiesa di Santa Maria dell'Alto.
Il Bernardi, a proposito del convento cappuccino di Rugge, da una
lapidaria e curiosa spiegazione dell'intitolazione della chiesa: "...il tempio fu consagrato in onore della beatissima Vergine all'usanza greca e
fu chiamato Santa Maria d'Idria, che vuoi dire melogranato."
L'etimo suggerito dallo studioso settecentesco è da mettere, evidentemente, in relazione con il fatto che la melagrana, in greco roa o roh
(corrente, flusso) rimanderebbe ad una pratica religiosa sotterranea,
cioè in una grotta dove scorrono acque, divenuto tempio della dea.
L'attribuzione sarebbe, poi, passata dalla cultura pagana a quella cristiana, considerato che, spesso, le antichissime chiese dell'Itria erano
ipogee, come nel caso di Martina. Un'etimologia quella proposta dal
Bernardi, molto suggestiva e poco plausibile.
Solo a cominciare dai primissimi anni del XVIII secolo l'antico toponimo basiliano, denotante per secoli l'insediamento monastico, si estese
alla vallata circostante, ma non fu usato, però, nell'accezione corrente,
in realtà esagerata.
Oggi, infatti, si è dilatato smisuratamente ed impropriamente tale toponimo fino a comprendere parti dei territori di Martina, di
Locorotondo, di Cisternino, di Ceglie Messapico, di Ostuni e di
Alberobello, che è assolutamente da escludere.
Le uniche testimonianze documentarie e bibliografiche del
Settecento si riflettono, come si può prevedere, la duplice variante
grafica attinente a Santa Maria d'Idria e a Santa Maria d'Itria.
Ho riscontrato che per la prima volta, almeno allo stato attuale delle
ricerche, il toponimo Valle d'Itria appare nella platea del Capitolo negli
aggiornamenti posteriori agli anni della sua compilazione, ossia nel
1702 alla partita 347. Qui viene citato un atto notarile rogato da Cataldo
Antonio Rattico del 23 Aprile 1702, in cui si legge: ...in districtu
Martinae in loco vulgarìter nuncupato La Valle d'Itria, o il Palumbaro.
Fra' Filippo Bernardi da Firenze, stendendo la sua Relazione fra il
1703 ed il 1716, parla della chiesa posta in luogo comunemente detto La
Valle di Santa Maria d'Idria.
La platea Desiati del 1742 usa l'altra forma, descrivendo alcuni vignali nel luoco anticamente detto il Palombaro, a tempi nostri la Valle
d'itri.
Per inciso va detto che i Desiati nella masseria Luocoporcile, anticamente denominata Notarianno, possedevano fra i beni immobili una
chiesa sotto il titolo della beatissima Vergine d'Itri, cui erano particolarmente devoti. Analogamente dai conti del cassiere di Martina Filippo
d'Errico dal 1759 al 1768 si rileva che il duca Petracone VI nutriva una
particolare devozione per questa Madonna, spendendo ogni anno 3 ducati e 17 grana per celebrare la festa fatta nella masseria del quondam
Pompeo Blasi della Madonna d'Itria, con l'intervento dei Cappuccini.
Isidoro Chirulli nel primo tomo della sua Istoria cronologica, edito
nel 1749, scrive la Valle d'Itria.
L'Anonimo, che compose il suo memoriale dopo il 1770, non cita mai
la vallata ma scrive Itria.
E, per finire, una curiosità geografica. Non è da pensare che il
toponimo Valle d'Idria sia un'esclusiva, unica al mondo, di Martina
Franca: c'è un'altra Valle dell'Idria nella repubblica di Slovenia. E' la
vallata percorsa dall'Idria, affluente da sinistra dell'Isonzo, che attraversa l'omonima cittadina di Idria, centro minerario del mercurio situato in una conca a 331 metri s.m. La città, provincia di Gorizianel
1936 contava 10.317 abitanti e fu italiana fino al 1947, quando fu ceduta
alla Jugoslavia.