MENSA EUCARISTICA, TABERNACOLO, DOSSALE E FASTIGIO


UBICAZIONE: Chiesa, altare maggiore, si erge ad abside tra il presbiterio e i due cori.
DESCRIZIONE: L'altare maggiore delimita il presbiterio senza avere alcun muro d'appoggio. La mensa poggia su due cherubini sorretti da mensole, tra le quali si distende il paliotto ornato al centro da un ostensorio a rilevo. Dalla mensa salgono quattro gradini; tra i primi due sta incastrato il tabernacolo per la reposizione dell'Eucarestia; tra gli altri è incastonato il ciborio costruito a guisa di tempietto. Il frontespizio dei quattro gradini è scolpito con figure d'uccelli, di putti, di grappoli d'uva, di ornati vegetali e di file di balaustri. Dietro al grande tabernacolo, s'innalza e si sviluppa lo spartito centrale che si articola nei seguenti elementi: lo stibolate che regge le quattro colonne tortili abbinate, poggiate su altrettanti plinti, sui quali vi sono due stemmi riprodotti a coppia, quello stampato dei Gentile e quello a rilievo raffigurante l'aquila bicipite asburgica. Le colonne, con i capitelli corinzi, sono coronate dalla fastosa trabeazione, su cui s'imposta il fastigio, il quale è composto da quattro lesene con trabeazione e dall'attico curvilineo spezzato al centro per dar posto al medaglione ligneo. Tra questi elementi architettonici sono collocate le otto tele.
MISURE: 1000 x 550.
NOTA STORICO-CRITICA: Il problema della datazione e della paternità di questo altare presenta qualche difficoltà. Esso non è nato tutto in una volta ma si è sviluppato, nella forma attuale, nel corso di quattro secoli. Dalla lapide murata nel pilastro di sinistra del presbiterio, si apprende che Diego Gentile, patrizio di Barletta e di Bitonto, nel 1725 impegnò sé e i suoi eredi, con il legato annuo di 5 ducati, ad assicurare per sempre la suppellettile per l'altare maggiore, in pia e affettuosa emulazione con i suoi proavi, i quali “majus hoc altare fundarunt”. A conferma di quanto asseriva, fece imprimere sui plinti delle due colonne tortili interne lo stemma di famiglia con il leone rampante, scolpito in pietra al di sopra della lapide suddetta. Diego Gentile, perciò, era convinto della identità dell'altare del 1725 "majus hoc altare" con quello che avevano fondato i suoi proavi. E qui cominciano i pasticci. Dal manoscritto "Cronologia de' Vescovi Bitettesi" di Riccardo Iacovielli si apprende che nel 1616, Giovanni Antonio Gentile, signore di Bitetto, "fondò un benefizio de jure patronatus pella sua famiglia nell'altare maggiore" gesto, questo che riscosse tanta riconoscenza nei frati osservanti, che appesero sulla parete del presbiterio il suo ritratto, in seguito trasferito altrove e poi scomparso del tutto. La signoria dei Gentile su Bitetto fině nel 1620, quando Federico Gentile vendette il feudo ad Alfonso di Baldassarre Caracciolo. Ora, siccome l'altare maggiore attuale fu fatto al tempo dei riformati, e cioè dopo il 1625, che fu l'anno della loro presa di possesso del convento, bisogna ipotizzare che i Gentile finanziarono la costruzione dell'altare, pur non essendo più signori di Bitetto. Senonchè, lo storico Benigno Perrone è di diverso parere, affermando che furono i de Angelis i finanziatori dell'altare e di altri lavori di ristrutturazione della chiesa (Benigno F. Perrone, I conventi della Serafica Riforma di S. Nicolò in Puglia (1590-1835) vol. III, pag 150). Questa notizia del Perrone sembra essere suffragata dalla stessa lapide dove Diego Gentile afferma che i suoi antenati fondarono "majus hoc altare", mentre erano "civitatis Bitecti Baronum". Allora, una delle due: o l'attuale altare maggiore non esisteva ancora il 1725, oppure, se esisteva, come certamente esisteva, Diego Gentile abusò a stampare il suo stemma su di un altare pagato da altri. A meno che non si voglia sospettare che Diego si sia arrogato questo diritto per via del lascito di quei cinque ducati annui. Perrone, nell'opera citata, attribuisce l'altare maggiore, esclusi il fastigio e le ali, al celebre intagliatore fra Giuseppe da Soleto, il quale l'avrebbe scolpito tra il 1651 e il 1657, che fu l'anno della sua consacrazione.