FRATE SIMPATICO E SOCIEVOLE...


E' stata la sua nota dominante. Dotato di un tratto garbato e gentile, riusciva a stabilire un rapporto così singolare con la gente che quasi sfociava naturalmente in amicizia, e un amicizia che sbocciava con tutti senza distinzioni di ceto: con il Professore Universitario, convocato presso le spoglie del Beato a motivo delle sue speciali competenze, ma anche con l'uomo qualunque arrivato al santuario o incontrato anche in posti lontani a motivo di quel Beato che, fra i tratti della sua santità, annovera anche quello di creare ponti e legami fra i popoli e le persone più diverse e dei luoghi più lontani. Come il Beato, p. Guido è stato un grande costruttore di ponti, di incontri tra le persone, di amicizia e di fraternità. Non possiamo dimenticare, grazie a queste sue qualità e capacità, il forte incremento che ha avuto il santuario nei rapporti con i bitettesi emigrati negli Stati Uniti e in Canada e con l'avvio e lo sviluppo del gemellaggio con Zara e con il popolo croato.

FRATE CHE HA PORTATO LA CROCE CON TENACIA E LETIZIA...


La sua malattia, durata così a lungo da prostrare e far arrendere anche i più tenaci, ci ha resi più attenti alla sua sensibilità di francescano autentico, innamorato della vita, innamorato della fraternità. I dolori più atroci non gli hanno impedito di partecipare, fino a due giorni prima della morte, alla vita della comunità, dissimulando la sofferenza che pur si manifestava sul suo viso del resto sempre sorridente. Aveva tanta delicatezza verso chi gli stava attorno, preoccupato di non pesare oltre il lecito sugli altri per il suo stato. "Scusatemi se non ce la faccio a morire così presto", si lasciava sfuggire, quando non riusciva a nascondere il dolore atroce che lo costringeva a piegarsi in avanti, quasi in atto di adorazione alla volontà del Signore. Non è facile esprimere il disagio provato da chi lo attorniava, mentre lui, con volto luminoso, scherzava su quel male tanto aggressivo, togliendoci dall'impaccio di consolarlo. Qualche giorno fa, mentre con p. Pio e p. Donato gli stavamo attorno indaffarati con la flebo nell'aiutarlo a mettersi a letto, non riuscimmo a trattenere il sorriso quando, guardando la gamba destra oltremodo gonfia, fin quasi a stare lì lì per scoppiare, si lasciò sfuggire: "Evidentemente qualcosa non va". Era tutta qui la capacità di p. Guido di cogliere in ogni situazione il lato positivo e i motivi di letizia, riuscendo a sdrammatizzare e ridimensionare anche le situazioni più difficili, recando sollievo a chi lo circondava o a chi ricorreva a lui. Certamente fino alla fine si è lasciato guidare dalla visione che sosteneva San Francesco e che lo portò a teorizzare e concepire la perfetta letizia nel momento della massima sofferenza: "tanto è il bene che mi aspetto, che ogni pena è mio diletto".

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