Non ci deve stupire che il fuoco e le altre creature talvolta lo onorassero.
Siamo a conoscenza di molti episodi nei quali Giacomo dimostrò un grande ed affettuoso amore e rispetto per esse, e spesso gli procuravano tanta gioia da permettergli di intonare scelte lodi e devoti cantici, alla maniera poetica del santo padre S. Francesco. A tutte le creature dimostrava così spontanea pietà e comprensione che, quando taluno le trattava senza riguardi, egli ne soffriva (e chi di noi può dimenticare il tenero episodio della lepre salvata dalle mani del cacciatore!). Parlava con esse con così grande letizia, intima ed esteriore, come ad esseri dotati di sentimento, intelligenza e parola verso Dio. Molto spesso, durante quei suoi dolcissimi colloqui, Giacomo era rapito nella contemplazione di Dio.
Una volta stava seduto presso il fuoco e, mentre cuoceva (come d'abitudine?!?) i legumi per il pranzo, si soffermò più del solito a mirare il saltellante movimento della fiamma, tanto gagliarda esteriormente ma utile per il bene degli uomini. Si soffermò ad osservarla forse perché il brano proclamato quella mattina alla S. Messa raccontava proprio dell'invidiabile esperienza di Mosé sull'Oreb.
"L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosé pensò: "Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?" (Es 3,2-3)".
Anche Giacomo d'istinto, nel momento in cui faceva memoria dell'interessamento di Mosé a quello spettacolo prodigioso, volle accostarsi al fuoco del camino e parve percepire un calore mai assaporato prima. Fissò il suo sguardo sulla fiamma, ricordò il versetto lucano "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!" (Lc 12,49), ed ecco che il fuoco rianimato nel suo vecchio cuore, simile al roveto dell'Oreb, ardeva e non lo consumava, sino ad indurlo a pregare ed ammirare una presenza "viva" del suo Signore lì nella fredda cucina del convento.
Giacomo stava vivendo un'ennesima esperienza estatica proprio quando doveva dedicarsi piuttosto alla cottura dei legumi.
"Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò: "Mosé, Mosé!". Rispose: "Eccomi". Riprese: "Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!" (Es 3,4-5)" .
Nel silenzio della sua meravigliosa contemplazione, Giacomo sussurrò: "Siamo tutti dei ciechi, e ringraziamo il Signore che ci illumina gli occhi per mezzo delle sua Parola e delle sue creature".
Il traguardo da raggiungere era di ridurre tutte le altre presenze, le preoccupazioni sempre crescenti, per fissare l'unica presenza di Dio, per realizzare un'intimità con lui. Giacomo pregava il Signore affinché addolcisse, nell'umiltà e nella mitezza, il suo cuore e quello di tutti gli uomini, che troppo spesso "pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono". Solo la preghiera poteva rafforzare quel rapporto a due che tanto lo rapiva verso il cielo e gli permetteva di vedere visibilmente ciò che è invisibile. Ecco il roveto ardente, ecco l'esperienza di Mosé e di altri uomini e donne che nell'adorazione hanno ottenuto coraggio nelle fatiche, consolazione nei patimenti e hanno verificato l'efficacia del "darsi da fare" affinché su tutta la terra si porti il fuoco della pace, della giustizia, del perdono, della riconciliazione. Non si può essere ciechi e, peggio ancora, guide dei ciechi perché quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due potrebbero cadere in un fosso... Una considerazione triste per il nostro Giacomo, ma perfettamente in sintonia con quanto predicato da Gesù e successivamente trascritto nei Vangeli!
"E disse: "Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe". Mosé allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio (Es 3,6)"
>Giacomo adombrò il suo volto con il cappuccio, incapace di rimanere quieto dinanzi al suo Signore che lo avvolgeva di sì tenero amore tanto da farlo sentire come il bimbo svezzato in braccio a sua madre del salmo 131. Non si era inorgoglito il suo cuore, non si era elevato con superbia il suo sguardo davanti a tale sublime visione. Anzi il suo volto era raggiante, splendente e sereno, abbandonato nell'abbraccio tenerissimo del Signore. Ma non osava guardare verso Dio!
Giacomo viveva ormai stati sempre più profondi di comunione con il suo Amato, nella contemplazione e nello stupore, nell'abbandono totale a Lui e nel ringraziamento, nella lode per le creature e nel suo impegno per la fraternità e la società. Si rese conto che Dio, datore di ogni speranza, lume per la fede, rischiarava da tempo la sua vita e al Suo cospetto non poteva continuare a velare, come Mosé, il suo corpo e, ancor più, la sua anima e il suo spirito, se desiderava santificarsi sino alla perfezione. S. Paolo lo spronava, nei versetti: "E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore" (2 Cor 3,18), a rivolgere nuovamente lo sguardo sul focolare, a togliersi il cappuccio dal capo e a rimanere, nella semplicità e in disarmante inerzia, dinanzi a Lui.
Le lacrime bagnarono teneramente il suo viso, una luce rifulse nel suo animo donandogli una consolazione unica che dissipò ogni ombra di esitazione e di ingratitudine...era riuscito a gettare il suo cuore oltre l'ostacolo!
Un tizzone scivolò via dalla modesta catasta del focolare nel camino e fu occasione di distrazione per fra Giacomo che subito si preoccupò di rianimare il fuoco per terminare la cottura dei legumi. Ma quando si guardò meglio attorno, comprese che l'estasi di quella mattina lo aveva rapito per molto tempo, forse un'ora, dato che la campana già dava i ritocchi del mezzogiorno. Fu colto dall'allarmismo perché sicuramente non si era preoccupato, durante la visione, di rimestare i legumi che sarebbero serviti per il pranzo dei fratelli. Immediatamente guardò nella pignatta per verificare il danno della sua distrazione...che strano, i legumi erano cotti al punto giusto, nulla si era attaccato al fondo e il sughetto aveva un gusto più saporito del solito. Ma cosa era accaduto mai?
"Dio é più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa, anzi se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio" (1 Gv 3,20-21).
|