Nel 1823, dalla pianta quadrilatera del convento rampollò sul lato ovest un grande ramo, che s'inoltra nell'orto come ala a due piani e che fu casa di noviziato fino al 1866. Con questo prolungamento, il convento si arricchì non solo di altre
celle, ma anche di bellissimi ambienti, adibiti a cappella, a biblioteca, a
laboratori, e di una grande cantina scavata nella roccia. Nel 1843, alcuni
locali del lato ovest del chiostro, che risalivano al tempo degli Osservanti, subirono uno squarcio profondo, per far posto alla grande scalinata a due rampe che sale in convento.
Nel 1866, a seguito della soppressione degli Ordini Religiosi, il convento,
confiscato dallo Stato Italiano, fu ceduto al Comune di Bitetto, il quale lo destinò a ricovero di mendicità e ad ospedale, affidandone la gestione all'Opera Pia del Purgatorio. Negli anni di permanenza del ricovero, che durò più di un secolo, il convento subì una seconda serie di ristrutturazioni, per essere adeguato alle esigenze
ospedaliere e assistenziali, che comportarono demolizioni di muri interni,
allargamento delle finestre, occlusioni di ingressi e aperture di altri,
creazioni di nuovi locali, come l'attuale refettorio, le cucine del pianoterra
e la lavanderia, ora sede dell'autoclave. I due istituti di suore che l'abitarono,
prima le Figlie di S. Anna e infine le Mantellate dei Servi di Maria, fecero, a
loro volta, altri adattamenti e altre ristrutturazioni per avere la loro
cappellina privata, i laboratori di cucito, le sale di soggiorno.
L'antico refettorio dei frati sul lato nord del piano terra divenne oratorio a beneficio dei ricoverati, e le antiche officine furono adattate a refettorio e dormitorio dei vecchi. Non è esagerato porsi il problema se furono di più e più imponenti le ristrutturazioni operate dai Riformati sul convento ereditato dagli Osservanti oppure quelle operate dall'Opera Pia del Purgatorio sul convento dei Riformati. Si potrebbe
ipotizzare che le prime fossero state sostanziali, e le seconde, invece,
accidentali, ma è difficile dimostrarlo.
Dopo la cacciata del 1866, i Frati non abbandonarono il
santuario, ma vi rimase sempre qualcuno in qualità di cappellano, autorizzato
dal Comune, che si adattò a vivere nelle retrostanze della sagrestia. Nei primi
decenni del XX secolo, attraverso enormi sacrifici e continue controversie con
l'Opera Pia ed il Comune, i Frati costruirono, l'una dopo l'altra, alcune celle
sulla volta della sagrestia e accanto al coro superiore, finchè, dopo il '50,
ottennero dai suddetti enti il corridoio del chiostro che fiancheggia la
chiesa, la scala che da questo sale in convento e le tre celle che sono al di qua della grande
scalinata.