UN INCIDENTE PROVVIDENZIALE...
Avvenne che il vescovo Cesare Arenio, succeduto a Ludovico Seristori nel 1584, osservò, durante la visita pastorale al convento fatta nel 1586, che l'esposizione del corpo di fra Giacomo sull'altare di san Giovanni, dove era stato traslato alcuni anni prima dalla grotta di sant'Antonio, mancava di autorizzazione della Sacra Congragazione dei Riti. Avendone proibito l'ulteriore esposizione, di tanto informava Roma. La risposta in data 10 giugno 1586, a firma del cardinale De Sans, non tardò a produrre gli effetti previsti: con essa si ordinava che il corpo fosse riposto e conservato con riserva al solito luogo (gratta di sant'Antonio). Il corpo incorrotto, che giaceva in una cassa d'abete di tipo veneziano (con vetri a fronte), dove era stato deposto all'atto del ritrovamento, ma che era ormai malandata per essere vecchia di circa ottant'anni, fu rimosso dall'altare di san Giovanni Battista e restituito alla grotta di sant'Antonio. Nel contempo, monsignor Arenio non solo vietava al barone Carafa, signore di Bitetto, di sostituire la cassa con una nuova, ma respingeva anche l'offerta di ampliare la cappella di san Giovanni.
Successe, frattanto, che lo stesso vescovo, non si seppe come, sentì cascargli in testa una grossa pietra, con grande pericolo per la sua vita. Scampò alla morte per aver invocato il nome di fra Giacomo. Appena guarito, fece intendere alla famiglia Carafa che poteva fare ciò che voleva per propria devozione e a maggior gloria del Servo di Dio. Il 1587, fu apprestata, così, una splendida cassa indorata con cristalli sul frontespizio e fu ampliata la cappella attigua alla grotta. | ![]() |
Cassa lignea donata dai Carafa nel 1587. Vi fu asportato il dito indice del Beato dalla contessa Sanseverino |
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