LA STORIA

Allo scopo di condurre un'analisi il più corretta possibile della storia del palazzo oggetto di studio, sito nel centro storico di Monopoli e intitolato a Prospero Rendella, insigne giurista monopolitano, non si può prescindere dal riassumere, seppur rapidamente, le vicissitudini storiche della città. Precisiamo dapprima che il luogo in cui il citato palazzo sorge si trova a nord dell'antico centro abitato, direttamente sul mare e che per lungo tempo fu da questo invaso. Infatti anche quando la città si sviluppò in quella parte del territorio, attraverso tale spazio fu lasciata al mare la possibilità di penetrare fin dentro l'abitato, occupando anche l'intera zona della piazza antistante attualmente l'edificio e, risalendo lungo l'attuale via S. Caterina, in forma di stretto canale, di giungere sotto l'antico Castrum demolito nel 1414. Sotto la dominazione normanna, nel 1049 il porto-canale venne insabbiato per impedire alle galee bizantine di entrare nella città, nacque così la possibilità di espandere il centro abitato in un nuovo spazio che venne subito inglobato nelle mura. Quanto fin qui esposto deriva dalle antiche cronache storiche dell'Andriani e dalle considerazioni effettuate da molti ricercatori anche del nostro tempo. Nel corso dei secoli molte furono le dominazioni a cui la città fu sottomessa, longobardi, bizantini, normanni, in particolare dal 1435 sino al 1530 ci fu un continuo alternarsi degli spagnoli ai veneziani, che terminò con un lungo periodo spagnolo dal 1530 fino agli inizi del 1700. Frammentarie notizie hanno fatto supporre l'esistenza nel 1400 di una chiesa dedicata a S.Clemente o S. Giovanni o S. Nicola, nella parte più a nord dell'abitato a ridosso delle mura di cinta, ipotesi avvalorata dai recenti ritrovamenti archeologici che hanno riportato alla luce i resti delle sue mura, di cui daremo maggiori informazioni più avanti; davanti alla chiesa si era già conformato lo spazio destinato a piazza sin dall'ora e ancor oggi, sulla quale si apriva una delle porte della città che dava direttamente sul porto. La situazione deve essere rimasta invariata almeno sino al 1495, mentre nel 1500 era già presente il primo ordine dei corpi di fabbrica che contornano la piazza sui lati nord , est ed ovest. A nord, demolita la chiesa, dovrebbe essere stata realizzata una piazza porticata mentre a est una 'casa palazzata' di proprietà della famiglia Rendella, come risulta dall'apprezzo del 1627, la conformazione di quest'ultima ci è sconosciuta. Nel 1633, alla morte di Prospero Rendella, celibe e in cattivissimi rapporti con l'amministrazione comunale, il palazzo fu donato all'ordine delle monache benedettine site nel convento di S. Leonardo e rimase in loro possesso fino al 1809, quando i beni del clero furono confiscati dallo stato, il comune allora, ne fece la sua sede. La disposizione dei locali che hanno costituito tanto la casa privata che quella comunale ci è per lo più sconosciuta, soprattutto perchè si possiedono soltanto descrizioni prive di qualunque riferimento grafico, il quadro diventa subito molto confuso; sicuramente sono avvenuti molti cambiamenti soprattutto per quanto riguarda la chiusura e l'apertura di porte e finestre, e l'annessione via via nel tempo di nuovi locali . Facendo un attimo un passo indietro dal 'Libro Rosso di Monopoli' si apprende che nel 1561 fu costruita la Caserma o Quartiere militare per l'alloggio dei soldati spagnoli 'quali sogliono andare in città in servitio di sua maestà', ad opera della Università di Monopoli come si apprende dall'iscrizione presente sul portale d'ingresso che così recita 'erexit publico aere preclara monopolitana universitas 1563'. La conformazione dell'edificio non è a noi affatto chiara, ciò che è certo è che esso riguardava l'intero piano costruito sulla piazza porticata, il quale in altezza era suddiviso in almeno ulteriori tre livelli a mezzo di orizzontamenti lignei. Tale suddivisione dovrebbe ricalcare l'andamento in prospetto delle finestre che si affacciano sul porto, risulterebbero così in alto due livelli molto bassi utilizzati come dormitorio, inoltre forse fu occupata in qualche modo anche la piazza porticata tompagnando le arcate. Nel 1825 il piano terra del quartiere dei soldati fu trasformato dall'architetto Francesco Sorino in mercato coperto, nel piano superiore si ricavarono camere affittabili per abitazione o altro uso 'quindici camere che basino sopra la piazza porticata'. Al 1836 risale il piano d'opera per la realizzazione di un teatro progettato dell'architetto Vito Tedeschi, di cui si conserva ampia documentazione scritta sia per quanto riguarda la sua costruzione che per tutti gli interventi di manutenzione che ha subito nel corso della sua utilizzazione, sia per la descrizione delle attività che in esso si realizzarono, ma nessun disegno per nessuna delle sue parti. I lavori ebbero inizio solo nell'aprile del 1839 dopo una modifica al progetto operata dall'ingegnere del Ministero di Acque e Strade Ignazio Milone, al fine di migliorare le irregolarità della facciata. Esso confinava a est sempre con la Casa Comunale con cui aveva in comune l'ingresso su Piazza Garibaldi e la scalinata, e si estendeva per lo spazio posto al di sopra della piazza porticata occupando quello che era il salone delle riunioni del decurionato. Fu eseguita nuovamente tutta la copertura della sala con capriate lignee, un grande arco di proscenio, ed altro a sesto scemo a metà del palcoscenico, per sostenere la sua copertura a tavolato. Volendo sommariamente descrivere la platea, essa era a forma di ferro di cavallo di dimensioni 13 x 15 m, il palcoscenico di 13 x 9,8 m era preceduto dal predetto grande arco che poggiava su due imponenti piedritti, alle spalle del palcoscenico vi erano le stanze destinate agli attori, con bagno e scala per l'acceso su via Beccheria.. I palchi sarebbero stati 26, e precisamente 10 al prim'ordine, 11 al secondo e 5 al terzo destinato ai meno abbienti ed un loggione, la capienza complessiva prevista era di 400 posti; tutta la struttura fu realizzata in legno. Grande disputa vi fu per la scelta della fattezza del prospetto che si affacciava su Piazza Garibaldi mentre la ristrettezza delle finanze non permise di realizzare quello su via Beccheria. Nella massima economia, venne eseguito il bugnato sul basamento, ove furono aumentate le dimensioni dei piedritti degli archi per ottenere delle aperture tutte della stessa grandezza e, per meglio sostenere l'ordine superiore, 'sarà necessario abbattere una porzione della fabbrica che forma l'attuale avancorpo della piazza coverta e quindi ricostruirla secondo il nuovo disegno'; inoltre si realizzò una cornice marcapiano fra il primo e il secondo livello e su quest'ultimo quattro pilastri con capitello in stile dorico come l'architrave, il fregio e il cornicione. Inframmezzate dai quattro pilastri si realizzarono tre nicchie, nelle quali avrebbero dovuto trovare collocazione le statue in pietra raffiguranti Alfieri, Metastasio e Goldoni, mai eseguite, per cui tali nicchie furono assunte a finte finestre e schermate con persiane in legno. Le uniche aperture di questa facciata erano costituite da tre finestre a ventaglio che sormontavano le nicchie appena descritte. Nell'estate 1839 ebbero inizio i lavori di decorazione affidati al pittore scenografo napoletano Giuseppe Marchesi per l'ammontare di 1306 ducati. La descrizione che si possiede della decorazione della sala è minuziosa; essa era riccamente e sfarzosamente decorata in ogni sua più piccola parte, possedeva una adeguata macchina scenica e numerose quinte variamente dipinte. In tutti i documenti ritrovati si sottolinea sempre come i lavori siano stati fatti in assoluta economia e questa forse è stata la causa di innumerevoli interventi di restauro che si sono succeduti in modo assai ravvicinato nel tempo, soprattutto per quanto concerne le coperture sia della sala che delle stanze adiacenti. Infatti già nel 1844, dopo soli tre anni dall'inizio dell'attività artistica del teatro, un'abbondante quanto inusuale nevicata mise a grande prova la copertura che richiese urgentissime riparazioni. Altre riparazioni alla tettoia furono eseguite nel 1850, ma nonostante questo nel 1856 il teatro fu dichiarato 'non più servibile' e fu sottoposto ad un nuovo restauro, tuttavia, il 28 luglio 1858, l'arch. Facallara, che nel 1835 aveva effettuato la perizia dopo il crollo del Teatro del Sedile di Bari, segnalava il rischio di un crollo del muro settentrionale sorretto da travi e tavole infradiciate, per cui furono eseguiti nuovi lavori al termine dei quali il teatro riprese la sua regolare attività. Nel luglio 1862, Curcio Guareschi, pittore e scenografo napoletano, individuò la causa della perenne precarietà della struttura, nel modo in cui erano stati edificati i muri orientali e la tettoia asserendo che tali muri erano poggiati 'su mensole di piccola forma, invece che su un muro ben fondato, ha fatto sì che le indicate mensole non han potuto troppo a lungo sostenere il peso sovrapposto e nella maggior parte si sono rotte con manifesta minaccia di frana [É] La altra maggiore causa del deprezzamento è stata la troppo semplice forma delle incavallature che sostengono la tettoia. Le catene e i puntoni non sono, per quel sistema, di conveniente quadratura, e mancano di controcatene e sottopuntoni, sicchè le razze assicurate ai colonnelli non sono state sufficienti a resistere al peso della copertura, a han cagionato l'incurvamento dei puntoni. Più il piccolo numero di barcarecci, e la loro piana sezione, non han potuto sostenere convenientemente le piane, e han prodotto in queste un sentito avvallamento, e in conseguenza la rottura e la sconnessione delle tegole che costituiscono l'ultima copertura. Si comprende facilmente che simili permanenti cause di squilibrio e slogamento delle parti componenti la tettoia, han dato un più che ordinario passaggio all'umido, e perciò stabilito un gran mezzo di distruzione alle opere di legname e di decorazione', conseguentemente l'arco di proscenio e il timpano che su di esso poggiava presentavano varie lesioni. Per ovviare allo squilibrio dei muri si rinforzarono i piloni di sostegno delle arcate della piazza sottostante creando un muro in sostituzione delle mensole, mentre per rinforzare la tettoia, si sostituirono interamente le incavallature. I lavori vennero realizzati sotto la direzione dell'arch. Giovanni D'Erchia. Nel 1869 e nel 1877, il teatro venne ancora sottoposto a riparazioni per la troppo debole tettoia, e al restauro di tutte le parti decorate e dipinte, le riparazioni furono ripetute nel 1898 e nel 1902. Intanto, nuovi luoghi all'interno della città venivano utilizzati per attività di spettacolo, soprattutto nella stagione estiva, quando ben si adattavano a questo uso anche gli spazi all'aperto, come gli atri di altri palazzi in cui venivano velocemente montati palcoscenici di legno. Nella delibera del 1898 il teatro viene dichiarato inagibile perchè 'mancante non solo dei requisiti di sicurezza voluti dalla legge, ma anche per lo stato di abbandono in cui è lasciato', in un protocollo dell'amministrazione municipale del 1912 indirizzato all'amministrazione di Bari si afferma che 'in questo comune vi sono due teatri uno comunale che da parecchi anni non si apre e l'altro estivo in legno di proprietà del signor Vadalà Natale'. Nel 1914 furono eseguiti lavori tra i quali 'lastrico solare da rifarsi sopra il vano del palcoscenico in lastre di pietra di Corigliano su massetto di calce e pozzolana [É] copertura della tettoia con lamine di ferro zincato'. L'esito di questi lavori fu la riapertura del teatro che si suppone abbia funzionato per alcuni anni successivi anche se non se ne ha chiara testimonianza, ma da una denuncia di furto del 26 ottobre 1946 si evince che la sala del teatro era utilizzata come deposito di tutte le suppellettili scolastiche ritirate dalla vecchie scuole, inoltre nel palazzo annesso al teatro sono alloggiati dei profughi. Ancora una denuncia dello stesso anno fa emergere la presenza nel cortile del vecchio palazzo comunale di una porta che conduce in una stanza in cui venivano custoditi i cani accalappiati. Nel 1944 furono avanzate da molte imprese private dalle proposte di restauro del teatro in cambio di concessione di gestione futura poichè la cittadinanza ne faceva richiesta ed il teatro era 'ridotto ai soli muri esterni, privo di ogni pur minima attrezzatura e con gli infissi quasi totalmente asportati'. La prefettura di Bari considerò l'opera 'non strettamente necessaria' rimandando il provvedimento alla fine della guerra. Il comune allora concesse il suolo per la costruzione di un nuovo cinema-teatro moderno in Largo Fontanelle 'particolarmente studiata per l'utilizzazione estiva'. Nel 1951 furono effettuati computo e disegni per il restauro del teatro ma la mancanza delle finanze non permetteva la messa in opera e l'edificio continuava a peggiorare le sue condizioni tanto che in una richiesta al Provveditore Regionale alle Opere Pubbliche il 20 marzo, si chiedono cinque milioni per 'inderogabile necessità di porre riparo ai danni che si aggravano sul fabbricato del teatro comunale Prospero Rendella ormai quasi del tutto scoperchiato' con sollecito del 26 febbraio poichè 'i danni aumentano [É] per cui l'umidità si infiltra nei locali sottostanti a piano terreno'. Contemporaneamente alla vita del teatro si svolgeva quella della Casa Comunale adiacente che fin qui abbiamo trascurato e di cui abbiamo già detto, non conosciamo l'evolversi nel tempo della sua composizione architettonica; fu però anch'essa sottoposta più volte a restauri e riparazioni varie, soprattutto a causa della penetrazione di acque sia dall'alto per le piogge e le cattive esecuzioni e composizione dei lastrici solari, sia dal basso per la presenza incessante del mare che in profondità arrivava ed arriva a lambire le fondazioni dell'edificio, risalendo laddove le è possibile. Nel cortile del palazzo vi era una cisterna del perimetro di c.a. 15 m e altezza di c.a. 5 m, nel 1848 fu nuovamente resa stagna, da essa si attingeva acqua anche per il piano superiore attraverso tubature in creta. Da un documento del 1828 i locali a piano terra dell'edificio in questione, sia dalla parte di Piazza Garibaldi che da quella di via Beccheria, accoglievano dieci botteghe di macellai, inoltre si ha notizia che intorno all'anno 1832, in ragione del trasferimento della sede del carcere dall' ex convento di S. Domenico all'antico castello di Carlo V, detto carcere correzionale venne momentaneamente ospitato in alcuni locali a piano terra della Casa Comunale. Per quanto concerne l'uso della piazza porticata nel 1824 ci fu una richiesta di ampliamento di tale spazio che era già usato dai pescivendoli, si volevano ad esso annettere le superfici sotto le arcate adiacenti, in modo da ingrandire il mercato ittico. Nel 1955 il comune di Monopoli sancisce la gara per l'appalto dei lavori murari e di falegnameria nei locali da adibirsi a biblioteca comunale nel Palazzo Prospero Rendella, pensiamo che sia stato in tale circostanza che si sia eliminata definitivamente la copertura a capriate lignee della sala del teatro e si sia sostituita con un solaio piano in latero-cemento, abbattendo il grande arco di proscenio e utilizzando i due piedritti che lo sostenevano per reggere una trave alta di notevoli dimensioni, anche se nell'elenco dei lavori ritrovato non si ha notizia di questo intervento, anche l'arco a metà del palcoscenico fu abbattuto e la copertura divenne unica. Nel prospetto le finte finestre del teatro furono aperte e congiunte con le sovrastanti aperture a lunetta per dare maggiore luce alla ormai sala di lettura. In questo frangete i locali adibiti a Casa Comunale furono in parte destinati ad uso della biblioteca, essendosi il municipio trasferitosi nell'ex convento di S. Francesco, in parte occupati da uffici comunali come l'ufficio tecnico e quello sanitario. Con uno scavo effettuato all'esterno dell'immobile sul lato porto furono evidenziati diversi cubicoli con pregevoli affreschi, a testimonianza delle costruzioni esistenti in epoche precedenti, tutto fu inspiegabilmente tempestivamente ricolmato, fu solo staccato un affresco di Madonna con Bambino, rimasto poi abbandonato per lungo tempo.Il collaudo dei lavori venne effettuato il 27 febbraio del 1956, essi richiesero la somma di lire 425.415 e furono eseguiti dall'impresa Mangeranno Giacomo, mentre l'apertura ufficiale avvenne il 26 luglio dello stesso anno. Negli anni '80 si elaborarono nuovi piani di intervento per l'edificio che nel tempo a causa della pressochè inesistente manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, aveva subito sostanziosi danni per l'insistenza della sfavorevole esposizione agli agenti atmosferici quali la salsedine. Inoltre l'edificio era privo di un impianto di riscaldamento, l'impianto elettrico era vecchio e non dotato di messa a terra e di nessun dispositivo di sicurezza previsto dalla legge e ugualmente obsoleto era l'impianto idrico. Nell'approvazione di questi nuovi interventi compare per la prima volta il parere della Soprintendenza ai Beni Storico-Architettonici, che dichiara il palazzo vincolato come bene di interesse storico-artistico. In questo frangente il mercato ittico fu trasferito in Piazza XX Settembre. Nel 1984 l'edificio il cui prospetto laterale fronteggia in via Cavaliere palazzo Rendella, l'antico palazzo della famiglia Antonelli, allora sede dell'istituto cattolico Pro-familia, manifestò un grave quadro lesionativo che richiese un immediato puntellamento del detto prospetto laterale. La puntellatura venne realizzata appoggiata all'edificio oggetto del nostro studio, ad una quota che permetteva l'esecuzione dei lavori di restauro. Le operazioni più salienti che si proponeva di compiere in questo caso furono soprattutto il restauro della copertura a falde presente tutt'oggi solo in un locale ad angolo di via Cavaliere e l'intervento di scuci cuci sulle facciate, limitatamente ai conci rotti e senza sostituire gli architravi delle aperture, come voluto da Soprintendenza, delle zone in cui lo scuci cuci fu eseguito, si ha una conoscenza sommaria. Per quanto riguarda la copertura a falde si richiese di non alterarne la configurazione e di conservare le capriate ed il tavolato dipinto, mentre per il rivestimento si vollero utilizzare le stesse tegole; le condizioni del legno di cui era costituta la capriata però, erano pessime ed irrecuperabili per cui il materiale fu tutto sostituito mentre non è presente nessun tavolato dipinto. In questa stessa sessione di lavori inoltre, furono eseguite le opere di completamento di quasi tutti i lastrici solari che nonostante fossero stati sostituiti numerose volte nel tempo, sempre a causa dell'economia dei materiali impiegati, lasciavano presto via libera all'acqua che li invadeva. Dalla perizia del 1986 risulta che 'il pericolo di caduta di alcune parti dell'intonaco dai soffitti a addirittura delle tavelle dipende dalla costituzione stessa del solaio costruito con travetti realizzati a parte e poi montati in opera fra i quali sono interposte delle tavelle sorrette dalle alette dei travetti realizzate con tondini di ferro di piccolo diametro; è la corrosione del ferro reggi tavelle che provoca la caduta di parti dell'intonaco del soffitto e rende poco stabili le tavelle stesse'. Fu rifatto il masso a pendio con cemento cellulare e utilizzata la guaina bituminosa in doppio strato per l'impermeabilizzazione, essa fu in parte tinteggiata con vernice alluminosa, in parte ricoperta con pavimentazione di lastre di Corigliano, per consolidare i lastrici si procedette all'infissione di barre in acciaio zincato nervato del diametro di 16 mm. Il lotto dei lavori non fu eseguito in modo continuativo, e le ricorrenti sospensioni provocarono ulteriori danni, il direttore della biblioteca fece presente all'amministrazione comunale che dalle coperture lasciate incomplete, quando pioveva l'acqua si infiltrava nei muri generando in breve tempo grandi macchie di umidità. Gli interventi si rivelarono più onerosi di quanto ci si aspettasse per cui il denaro stanziato ben presto si esaurì, e quanto ci si era proposto di compiere nei prospetti, non fu eseguito tranne la sostituzione delle solette dei balconcini alla romana in via Beccheria con soglie in pietra di Trani per la pubblica incolumità in quanto cadevano in grossi pezzi, ed anche le ringhiere in ferro, corrose, furono sostituite con delle nuove, analoghe, in acciaio zincato. Ancora le operazioni dovevano essere completate e già si redigeva un nuovo piano di interventi, si faceva presente che 'la presenza dei puntelli impedirà qualsiasi intervento in facciata sia statico che conservativo, e non si possono valutare gli eventuali danni futuri dopo lo scarico. Infatti non ci sono dubbi sul futuro assestamento che ci sarà quando verranno eliminati i puntelli'. Nel novembre del 1990 vennero avviati i lavori di ristrutturazione degli ambienti precedentemente adibiti a mercato ittico con l'intenzione di attuare la creazione di un'emeroteca. Il grosso problema di questi ambienti, come di gran parte dell'edificio, era ed è l'umidità. I muri precedentemente erano rivestiti di mattonelle e questo non faceva altro che aggravare la situazione; da una relazione redatta nel 1955 si evidenzia che lo stato di conservazione dei muri andava ogni giorno peggiorando, e questo era dovuto alla salsedine che abbondava su di essi. Furono quindi effettuati degli scavi per accertare le cause di questa umidità, e questi riportarono alla luce resti di strutture medievali che richiesero l'intervento della Soprintendenza Archeologica, che estese la ricerca ad una zona più ampia. Si mostrò cosi l'esistenza di un importante complesso preesistente, costituito da un edificio di culto e relativo sepolcreto, in parte costruiti in muratura di tufo ed in parte ricavati nella roccia, con affreschi già menzionati in precedenza; di particolare rilievo l'evidenziazione del costone dell'antico porto-canale. A seguito dei rinvenimenti si decise, in accordo con la Soprintendenza, di modificare il progetto iniziale prevedendo una sistemazione dell'area che consentisse la fruibilità dei resti archeologici. Nella zona a ovest della piazza porticata venne creato un ambiente ipogeo accessibile da una scala che dal solaio del salone superiore conducesse ad un percorso galleggiante, mentre la piazza porticata attende tutt'oggi una sistemazione e si auspica un recupero di altre parti affrescate presenti sotto il manto stradale. Molti dei locali a piano terra che si affacciano sia sul porto che sulla piazza, sono occupati oggi e da molti anni, da circoli di pescatori; tali locali sono stati restaurati con denaro pubblico negli ultimi tempi, il loro esame evidenzia come non siano altro che la frammentazione in parti di un tutt'uno che appartiene al passato. Così del resto appare oggi tutto il complesso che non ha più una sua continuità nè edilizia nè di significati.