A questo quesito, è chiaro, hanno potuto rispondere con più precisione i cittadini di una certa età, mediamente sopra i quarant’anni; tuttavia non si trascurino i pensieri dei più giovani, avendo questi, in gran misura, nonni o parenti stretti, che hanno prestato servizio negli impianti.
Le risposte più ricorrenti sono riorganizzabili in questo schema, secondo le seguenti percentuali:
Come si può ben notare, emerge un sostanziale affezzionamento della popolazione giovinazzese nei riguardi dell’ex AFP, quasi un sentimento che dimostra gratitudine per aver alimentato lavoro ed agiatezza per un certo periodo.
È chiaro che l’impianto, malgrado l’apparente disinteressamento della popolazione locale, doveva presentare comunque problemi di inquinamento di varia natura (atmosferico, acustico, dei suoli…): è chiaro che ci riferiamo sempre ad un periodo in cui vi era una certa inconsapevolezza del problema; ma accanto a ciò, si deve tenere in conto certi caratteri quasi "congeniti", anche simpatici, della gente meridionale, specie di Provincia, che cercherò di illustrare, più che spiegare, con un racconto umoristico, senza venir meno alla serietà dell’argomento, volendomi solo avvalere di quel che mi pare necessario per la chiarezza:
"C’è un industriale straniero che si trova a Roma per affari e deve spostarsi a Milano per un certo incarico. Telefona alla biglietteria della stazione e prenota il treno, uno sfiammante ETR500, di prima classe con aria condizionata e servizio hostess a bordo. Si reca poi in stazione, trova al piazzale il treno già pronto e, in perfetto orario, parte. In viaggio gli portano giornale e caffè, poi intorno a mezzogiorno si reca nella vettura ristorante per pranzare. Arriva a Milano con qualche minuto di anticipo e tuttavia trova un milanese protestare all’ufficio assistenza alla clientela, reclamando che i cibi non sono stati sufficientemente caldi e che fosse ora oramai che le Ferrovie si decidessero a servire anche pietanze particolari, caserecce. "E poi non sarebbe male anche la televisione! Per le tariffe, però, ne escogitano mille per riscuotersele!" - diceva il tale.
Qualche giorno dopo, trovandosi di nuovo a Roma, il nostro amico deve recarsi questa volta in Sicilia, sempre per affari.
Telefona alla stazione per prenotare il treno:
"Vorrei sapere se c’è un ETR500 per Palermo, che arrivi intorno alle 14,00."
"No mi dispiace; veda,…"
"…E intorno alle 15,00?"
"Nemmeno! Guardi che…
"…Allora mi dica lei quando!"
"Ecco appunto: non ci sono ETR500 per Palermo!"
"Come non ci sono?"
"Non ci sono! Punto!"
"E quindi, c’è per lo stesso orario un InterCity?"
"Ehm…un InterCity per Palermo si effettua un giorno si ed un giorno no: ed oggi è il giorno no!"
"Come!?…Ho capito…mi dica lei allora?"
"C’è un espresso, …ma non va a Palermo…"
"Come non va a Palermo?"
"Si, …vede, deve arrivare fino a Salerno, da Salerno proseguire per Villa San Giovanni, prendere il traghetto per Messina ed infine c’è un treno regionale per Palermo"
"Più facile arrivarci a piedi!"
"Che devo dire, signore, faccia lei."
"D’accordo, non ho scelta, oggi scioperano gli aerei! Prenoto un biglietto in prima classe!"
"Non è possibile: fino a Salerno c’è la 1 cl, poi solo 2 cl."
"Che gioia! Sono costretto ad accettare"
Dopo il faticoso dialogo, il nostro amico si reca in stazione, ad attenderlo non c’è però il treno. Si parte infatti con 15’ circa di ritardo. "E va bene: oggi non è giornata!" - dice fra se.
Finalmente in viaggio, chiede dei giornali: "Mi dispiace, questo treno non esplica tale servizio" - gli rispondono.
Dopo, chiede a che ora c’è il pranzo: "Mi dispiace, oggi, per indisponibilità del personale, non c’è servizio ristorante"
Intanto il treno accumula ritardo e a Salerno perde la coincidenza per Villa San Giovanni. Dopo ore di attesa, s’imbarca sul treno successivo, che per sua malasorte, è costretto a fermarsi all’improvviso lungo la linea perché occupata da pecore per nulla intenzionate a scorrere via.
Dopo mille peripezie arriva a Villa San Giovanni, prende il traghetto, giunge a Messina e s’infila sull’ultimo treno della giornata.
Qui conosce un tale di Terrasini.
"Un inferno!" - gli dice ad un certo punto - "ore di ritardo, 10.000 treni cambiati, carrozze ristorante fuori servizio, disservizi ovunque, poi pure le pecore!"
E quel tale lo ascoltava col volto abbassato e nascosto dalla coppola, con un certo distacco.
"Poi – riprese l’industriale – non è possibile: l’InterCity un giorno c’è, un giorno non c’è. Inammissibile! E lei si accontenta?"
"Contento, contento sono!" Approvava il siciliano.
"Come?! l’InterCity un giorno c’è e l’altro no e a lei non viene da dire niente a riguardo?"
"Muto sono"
"Bah, non so come faccia, un InterCity ogni 2 giorno è inammissibile! Ma io andrò subito a protestare …"
"Nooo!!" - urlò all’improvviso il tale, afferrandolo per il braccio - "No, e che ci vuoi far togliere pure quello?"
Questa storia vuol far comprendere che spesso chi più ha, più richiede; viceversa, chi più non ha, più si accontenta: ed allora, va bene pure che il treno sia senza posti a sedere, ma basta che me lo diano; ed allora va bene pure avere qualche rifiuto in più, ma basta che la fabbrica funzioni, perché altrimenti…"qua si mette male!"
Si pensi alla reazione della gente riguardo Tangentopoli: "Passi pure la corruzione, basta che ci danno il pane!"…"Potevano starsene a casa, quei giudici!"…"Si stava meglio, quando si stava peggio!"
Sono pensieri discutibili e criticabili fino a quando noi vogliamo, ma sono pensieri che ci sono e non si è certo dotti se li si ignora, facendo finta che non esistano: anzi, sono opinioni diffuse, radicate, che tra l’altro non sono nemmeno ascrivibili a particolari classi d’età.
Sarebbe corretto non porsene in distacco, ma chiedersi perché ci sono, cosa esprimono.
È evidente che manifestano uno stato di grande insoddisfazione, malessere: guarda caso, sono nella mente del Meridionale medio, sono sulla bocca del lavoratore precario, mentre è raro sentirli sopra Roma.
Addirittura esprimono un certo timore: "…E che ce vuoi far levare pure quello!"; è il timore di perdere quell’e poco tra le mani: "Meglio un uovo oggi, che una gallina domani!"
Quindi la Ferriera non era un detrattore ambientale, e come poteva esserlo se poco poco poi ce l’andavano a chiudere, perché non inquinasse più! E questo pensiero, così forte e radicato, è arrivato sino a noi, per nulla sminuito, anzi ancor più esaltato dall’orgoglioso ricordo dell’ex lavoratore.
Per questo, non tanto ascriverei quel 2% all’inconsapevolezza del problema da parte della gente, tutt’altro: il giovinazzese, il lavoratore ne era e ne è così consapevole, che lo evitava, lo scantonava, lo rigettava con forza ed ironia, proprio per la paura di un male ritenuto ben più grave, vicino, immediato, che avrebbe devastato senza scampo tutti e senza distinzione: la chiusura dell’impianto. Questo significa che se avessero chiuso o limitato l’impianto per problemi di inquinamento e manifestazioni relative, il problema era ritenuto, consapevolmente o inconsapevolmente, ben più grave dello smog, che solo in quel periodo iniziava a far parlare con più insistenza di se e che comunque causa mali che si protraggono nel tempo, ma più in là.
Ho speso più parole per evidenziare questo punto, perché lo ritengo importante per un motivo particolare: in una ipotesi di riconversione degli impianti ad attività ancora produttive e la semplice destinazione ad attività industriale – per ora non importa se ed in che misura realizzabile –, se si ponesse all’attenzione dell’opinione pubblica il problema dell’impatto ambientale dell’opera, si faccia ben attenzione alla risposta. Probabilmente, infatti, una frangia non poco numerosa risponderebbe che il problema non si pone, allettata e "corrotta" dalle prospettive occupazionali.
Noi, tuttavia, dobbiamo tenere in conto anche delle problematiche più sottili, se ci riteniamo arguti e scrupolosi. Che significa questo: bocciare l’ipotesi di riuso a fini industriali-produttivi per possibili conseguenze di natura ambientale? Assolutamente no. Significa pensare in modo davvero scrupoloso: facciamolo l’impianto, ma prestando tutte le attenzioni e le misure cautelative per prevenire e non già fronteggiare situazioni di inquinamento, intendendo anche l’inquinamento "visivo" (non è detto, infatti, che la zona debba costituire un colpo agli occhi!).