BREVE STORIA DI GIOVINAZZO (pag.6)

Dal periodo normanno all'Unità d'Italia (3^ parte)

La situazione poi, si fece disastrosa nel '400, quando la maggior parte della gioventù cittadina si diede ad inseguire l'avventura delle armi, sotto qualsiasi bandierai in ogni lembo d'Italia, pur di assicurarsi il necessario per vivere. Altri, invece, esperti del mare per tradizioni familiari, ben presto si trasformarono in pirati, seminando terrore lungo la costa pugliese. Soltanto verso la fine del '400, si notò un certo risveglio, e la Puglia tentò di ridarsi un contegno, non certo per ammirazione verso il progresso in atto nel resto dell'Italia, non per interesse alla trasformazione economica derivata dalla scoperta di Cristoforo Colombo, nè per sbalordimento dinanzi alla rivoluzione astrale che stava per compiere Copernico, bensì per il terrore al cospetto del precipizio verso cui correvano gli Aragonesi, e per l'incombente pericolo turco. Purtroppo si trattò di un tardivo ritorno di fiamma pugliese, che in un certo qual senso spiegò anche la Disfida di Barletta, un episodio che poteva verificarsi soltanto in Puglia; ma ormai era troppo tardi, e la storia aveva prodotto distanze incolmabili con altre regioni. In poco più di due secoli, insomma, la civile Puglia era diventata una landa del regno di Napoli, ove per debolezza degli aragonesi, i capitani di ventura si inseguivano ed i baroni si avvicendavano in un mondo di briganti e di pirati. D'altronde il '500, tanto decantato come il secolo dei grandi navigatori, degli scopritori di terre lontane, dei grandi capitani di ventura, degli inventori, degli architetti, degli scultori e dei pittori di grande respiro, fra i primi atti politici compiuti annoverò il degrado del regno di Napoli al rango di vicereame smembrato fra spagnuoli e francesi. Passò qualche anno e comparve l'astro imperiale Carlo V di Asburgo, che spazzando via tutta la fragile impalcatura dei vecchi baroni napoletani alleati del francese Lautrec, istituì nuovi capitani spagnuoli ed italiani, come i De Leyva, gli Alarcon, i Doria, i Gonzaga, i Colonna ed altri. E le città di Puglia divennero merce nei complessi affari di quell'imperatore, che a corto di danaro nella logorante guerra contro Francesco I di Francia, le vendette al miglior offerente. Una per tutte ricordiamo Giovinazzo, che in meno di un anno e mezzo si vide da quel sovrano esaltata con documento autografo ed abbattuta, coperta di privilegi e maltrattata, resa alla libertà sovrana e venduta a don Ferrante di Capua, Duca di Termoli. E come Giovinazzo, Carlo V trattò tutta la Puglia. In un clima in cui erano all'ordine del giorno le decapitazioni, non era possibile concepire alcuna forma di vita e, in particolare, il nostro Comune nel 1522 dichiarò fallimento, vendendo a prezzo bassissimo gran parte della sua proprietà fondiaria ed immobiliare. Ecco la situazione reale di Giovinazzo a quel tempo, perché poi l'apparenza era diversa: il fasto, il lusso, l'amore per l'arte e per la cultura, l'orgoglio di una vita intesa in senso antropocentrico, non erano di casa fra la nostra popolazione, che viveva fortemente depressa. E' pur vero che Giovinazzo andò fiera di alcuni suoi figli distintisi nella società, ma i loro cognomi tradiscono una precisa estrazione sociale: furono infatti aristocratici, figli di quelle famiglie nobili che ancora vivevano a Giovinazzo o erano membri della agiata e lussuosa borghesia mercanteggiante. La massa del popolo, invece, quella dei contadini, dei piccoli artigiani, dei pescatori e dei salariati, ansimava sotto l'insopportabile peso del fisco e delle guerre, senza potersi nemmeno lamentare. Il quadro non era certo confortante ed anche quando Carlo V morì, dopo il Concilio Tridentino, succedendogli Filippo II sul trono di Spagna, la situazione pugliese non mutò. Del '500, non possiamo non ricordare il figlio più illustre di Giovinazzo di allora, Bisanzio Lupis. Rampollo di una nobile casa, visse una giovinezza scapestrata, creando dispiaceri alla famiglia, ma poi, dopo il servizio militare nelle truppe mercenarie, lentamente mise la testa a posto. Fu infatti poeta molto apprezzato in Puglia con i suoi circa 5550 versi, in cui cantò la sua disavventura amorosa giovanile. A 44 anni divenne Sindaco di Giovinazzo per il partito dei nobili, ma vi rimase appena un anno, perché poi, ritiratosi a vita privata, scrisse le Cronache di Giovinazzo. Continua