Parte 1 - Modugno : Dal borgo alla città!
Dello spirito di fierezza e di indipendenza di Modugno è simbolo il cardo selvatico, stemma del comune ; infatti nella prerogativa di questa pianta, che non si confonde con le altre ma vive isolata nei campi, è ben raffigurato lo spirito di libertà della cittadinanza di Modugno che seppe per ben due secoli conservare la sua indipendenza da servitù feudali contro una politica strangolatrice delle libertà demaniali, rispondendo più volte con la fierezza ed il sacrificio dell’autoriscatto all’ignobile mercato che ne volevano fare governi rapaci.
A chi guarda dall’alto, il paese si presenta come un fitto agglomerato di case stipate una a ridosso dell’altra fino al campanile come a sostegno centrale, mentre le nuove costruzioni che costellano il perimetro urbano come prismi a se stanti. La topografia della città è del tutto informe, poiché è mancato un armonico sviluppo edilizio. Vi si possono distinguere tre zone urbane : l’agglomerato antico medioevale, i quartieri fuori le mura e le moderne costruzioni della periferia. La disposizione urbanistica della città vecchia è irregolare : al centro vi si trova l’ex castello Motta dal quale partono numerose viuzze serpeggianti entro l’antico quadrilatero, delimitato questo dalle larghe arterie secondo il cui tracciato correvano una volta le vecchie mura. Le case fatte per la maggior parte di pietrame e malta di terra, con pavimenti di basale calcaree sconnesse o di semplice battuta ed aventi per lo più volte a travate in legno, sono dei veri alveari umani, poiché in "sottani" o in stanze di pochi metri quadrati si stipano intere e numerose famiglie. I quartieri sviluppatisi dopo la demolizione delle mura con strade rettilinee ma non ampie, si presentano come protuberanze ognuna a sé stante, senza collegamento armonico tra loro. Questa ulteriore espansione urbanistica realizza un tipo di case a schiera unifamiliare, costituito da un pian terreno con soggiorno e cucina e da un primo piano con camere da letto e salotto, cui si accede da un portoncino indipendente con scala per lo più ad unica rampa e perciò ripida. Alla periferia sta sorgendo tutt’intorno la Modugno nuovissima costituita da graziose villette con giardini, dai caseggiati popolari e da imponenti costruzione private e non per il terziario. La zona più importante rimane sempre l’agglomerato medievale, oltre che per la storia, anche per l’edilizia di alcune costruzioni di interesse artistico. Piazza Sedile è il centro della vita del paese : le conferiscono un elegante aspetto le armoniose linee della chiesa del Purgatorio e lo slanciato torrino dell’Orologio che si erge a fianco dell’ex biblioteca comunale. L’edilizia civile ha invece buoni esemplari di stile rinascimentale nei palazzi Scarli, Capitaneo e Stella. Elementi stilistici spuntano qua e là nel vecchio agglomerato come bifore, archi e loggiati. Interessanti elementi di arte, di storia e di preistoria si trovano anche nei dintorni di Modugno : i ruderi della chiesa di Balsignano, la grotta di San Corrado e il "Monaco", importante menhir neolitico. Il nome Modugno ricorre per la prima volta in un atto contrattuale del maggio 1021 con il quale un tale Traccoguda "de loco Medunio" residente però in Bari ("commorator in civitate Bari") dava in prestito otto soldi ai germani Giovanni e Mele di Bitetto, ricevendo da essi in pegno una vigna sita "in ipso loco Medunio" sulla via di Bitetto. In documenti successivi (bolla di Giovanni XX del 1025, di Alessandro II del 1062, di Urbano II del 1089, di Alessandro III del 1171 e Statuto di Rainaldo del 1062) il paese è chiamato una volta Midunium e poi quasi sempre Meduneum. Non risulta che il nome di Modugno abbia un preciso e chiaro significato : diverse sono le opinioni escogitate per spiegare l’etimologia. Si ritiene che un primitivo nucleo urbano sia esistito fin dal secolo III d.C. nel sito ove vi sono i ruderi della chiesetta di S. Maria di Modugno. Distrutto il paese probabilmente nel secolo IX in qualche incursione saracena, esso fu ricostruito verso il 1000 più ad occidente intorno al preesistente castello Motta, probabilmente sede del presidio bizantino. Così Modugno il cui stemma è rappresentato da un cardo selvatico, dominante su un campo azzurro su scudo sormontato da corona merlata, è oggi una cittadina di quasi 50000 abitanti. La città è cresciuta in questi anni con una rapidità quasi vertiginosa per l’afflusso di forestieri insediatisi a Modugno soprattutto per ragioni di lavoro nella zona industriale. La sua espansione è stata però caotica, senza alcun piano regolatore con la creazione di nuovi quartieri lontani dalla stessa periferia del paese, senza collegamenti logistici col resto dell’abitato. Tale espansione irrazionale ha avuto come motivazione e guida solo la speculazione edilizia, preferendo le ditte costruttrici le zone lontane per il basso prezzo del suolo. L’abitato medievale della città era delimitato, come già detto, dalle antiche mura di forma rettangolare corrispondenti alle attuali vie : Vittorio Emanuele, Garibaldi, Umberto I, piazza Sedile. Una prima espansione del paese fuori le mura verso sud cominciò a verificarsi forse verso la fine del ‘400, costituendo man mano nei secoli un nuovo borgo, chiamato perciò il "suburbio" (termine che è rimasto ancora nel gergo dialettale) ; esso doveva essere in formazione già avanzata agli inizi del Cinquecento, se la famiglia Capitaneo, venuta dalla Lombardia con Isabella d’Aragona e stabilitasi a Modugno, vi costruì nel 1512 il suo bel palazzo. Sappiamo inoltre che la chiesetta di San Eligio (chiamata poi le Monacelle) che si trovava in quel borgo era stata costruita dal Capitolo nel 1518 e che poco dopo la regina Bona vi costruì accanto un ospedale per i poveri, elementi questi che fanno supporre l’esistenza già in quella zona di almeno alcuni nuclei di case. Espressa menzione del suburbio si trova per la prima volta nell’inventario dei legati capitolari del 17 marzo 1539, in cui è detto che il Capitolo "è obbligato a celebrare una messa ogni settimana per Antonio di Bisanzio de Pillola di Modugno nella cappella di San Eligio sita nel suburbio". L’espansione decisiva del nuovo borgo dovette però verificarsi nel Seicento e completarsi nel Settecento, poiché sono di questi due secoli le costruzioni più importanti della zona, quali il monastero delle Clarisse e diversi palazzi di famiglie nobili, che verranno in seguito approfonditi. Mentre il vecchio centro urbano si era sviluppato a guisa di grande voluta intorno al castello Motta, dal quale partiva allargandosi verso il rettangolo delle mura e al quale strettamente si stringeva come a centro di gravitazione, il suburbio invece si sviluppò come satellite con configurazione topografica a sé stante. Con l’espansione del suburbio anche le mura dovettero allargarsi per comprendere almeno in parte le nuove abitazioni, fino a raggiungere nel Settecento, come riferisce Vitangelo Maffei junior, il circuito di un miglio. Questo circuito murario però non abbracciava tutto il suburbio poiché al dire dello stesso Maffei, ne era escluso il borgo disabitato (forse costruzioni adibite ad ovili e stalle). Egli inoltre ci fa sapere che le mura, sebbene munite di torri, non erano fortificate e quindi non adatte a sostenere un attacco in caso di guerra. Alle antiche porte (Porta di Bari, Porta del Forno, Porta Beccherie - nei pressi dell’attuale Palazzo Crispo, così chiamata per la presenza di varie beccherie che avevano sede in quelle vicinanze, verso la pineta - e Portello) si aggiunse con l’espansione del suburbio, la "Porta della Staccata" sulla via che conduceva al convento degli Agostiniani. Verso la fine del ‘700 venne proposta lo spostamento delle mura della zona di Porta del Forno. La notizia è fornita dalla Deliberazione Decurionale del 28 gennaio 1776 in cui si parla di riparare la muraglia. Non essendo l’Università in grado di affrontare le spese necessarie per i relativi lavori, calcolati a circa 200 ducati, il sacerdote Vito Cesare Risotti che abitava presso quelle mura, si offerse con altri del vicinato di demolire a proprie spese le mura e di riedificare non più nello stesso luogo, ma "dalla parte opposta" verso " scirocco, cominciando dall’angolo del cortile di Domenico Ruccia sino alla punta del giardinetto del Monastero di S. Croce (...) ove vi era un vicoletto detto di S. Lucia", con l’impegno "di fare anche a loro spese la porta nuova tra la punta della muraglia posta verso ponente e la detta osteria di Giuseppe Lepore". Ci si proponeva così anche il vantaggio di un allargamento in quel tratto di città e della eliminazione dei mucchi di immondizie che i cittadini erano soliti ivi gettare. Poiché la nuova porta sarebbe risultata "di pochi passi distante dall’altra detta del Portello, nell’istessa linea e direzione, e la detta porta del Portello è inservibile per poter uscire ed entrare cavalli e traini, stante il gran fosso che vi è alla parte di dentro, pieno sempre di acqua puzzolente" venne deciso di chiudere la Porta del Portello e di far funzionare solo la nuova porta "ove facevano capo tutte le strade della città". Sembra però che nulla fu eseguito a riguardo perché in una deliberazione decurionale del 1803 si parla ancora di mura di Porta del Forno dirute. Ma il periodo più caratteristico della nostra città, come di tutta l’Italia Meridionale, è il Seicento che ha lasciato maggiori tracce sia nel costume e nelle tradizioni del popolo e sia nello stesso aspetto esterno offerto dalle maggiori espressioni dell’edilizia cittadina. Il volto artistico seicentesco modugnese, oltre che dalle espressioni tipicamente baroccali, è dato anche da forme rinascimentali che, iniziate nel Cinquecento, furono ripetute nel Seicento ed anche nel secolo successivo. Occorre dunque conoscere quei tempi per capire tante situazioni locali e tante forme di vita del nostro popolo, il quale sebbene oggi sotto la spinta dei nostri tempi, sia in forte evoluzione, conserva ancora un massiccio substrato seicentesco. Nonostante la maggior parte delle abitazioni del vecchio nucleo urbano di Modugno era formata da casupole e da tuguri, non mancano però costruzioni di un certo interesse architettonico. Soprattutto nei secoli XVII e XVIII, alla periferia del suburbio, dalla parte di levante, la città si abbellì di un’edilizia notevole e per dimensione dei fabbricati e per stile, ad opera di alcune famiglie nobili. La vita della città di Modugno, regolata da una economia essenzialmente agricola, non consentì nel passato che le famiglie, sentissero la tradizionale ambizione di richiamare presso di sé artisti e maestri di fama. Per questo l’edilizia cittadina non poté assurgere a edifici spiccatamente significativi, come è avvenuto in altri centri maggiori. Tuttavia l’architettura delle abitazioni modugnesi, nella sua corale espressione, forma un insieme di un certo interesse dato sia da elementi caratteristici affioranti qua e là su antiche costruzioni e sia dai palazzi patrizi. In queste ultime opere sono trasfusi gli elementi architettonici propri delle realizzazioni dei maestri che operano nei grandi centri della Toscana e della Campania, anche se contenuti nelle diverse e più ristrette esigenze dell’ambiente provinciale. E’ importante rilevare in questa edilizia civile la presenza di alcuni particolari architettonici che ci permettono l’esame di ciascuna opera, particolari bizantini, gotici, catalani e soprattutto rinascimentali. Tali elementi inoltre ci rivelano che vi è stato in questo periodo una forte influenza delle grandi scuole sui costruttori locali, senza però escludere la presenza di qualche artefice di lavoro, chiamato ad operare nella nostra città. Tali esemplari dell’edilizia cittadina, di gran lunga superiori a quelli locali precedenti, devono la loro preponderante presenza soprattutto agli apportatori di nuovi concetti, di nuovi gusti e nuove espressioni artistiche, ovvero all’aristocrazia locale. Una buona parte di questa aristocrazia locale era formata come meglio vedremo, da nobili venuti da altre regioni, vissuti con Isabella d’Aragona nel ducato di Milano e stabilitisi poi a Modugno. D’altro canto queste stesse famiglie aristocratiche si ingentilivano, per così dire, attraverso i loro componenti "cadetti" che, espatriando per dedicarsi ad altre attività soprattutto militari, importavano da altre regioni più o meno lontane, cultura, gusti ed espressioni di arte più raffinate. In tal modo, ci ritroviamo odiernamente con un lungo elenco di quelle che sono le costruzioni di questo secolo, di notevole interesse architettonico, considerate forse come le uniche costruzioni che attestano tale interesse. Un elenco molto veloce, che rimanda però ad una descrizione più dettagliata nelle seguenti parti di questa trattazione, può essere composta da : Palazzo Pascale (o Scarli), Palazzo Cornole, Palazzo Motta della famiglia Cesena, Palazzo Angarano, Palazzo del primo ramo della famiglia Capitaneo, Palazzo Valerio (ora Longo), Palazzo Maffei, Palazzo Scarli, Palazzo De Sario ed infine la Cavallerizza e forze Palazzo Sforza. Senza tener poi conto delle numerose strade che hanno preso il nome da queste famiglie. Queste costruzioni fanno si che la strada che le "ospita" per la maggior parte, via Conte Rocco Stella, sia una delle poche che in questa città riesca ad esprimere l’aspetto di strada di notevole grandiosità. |