Conclusione.
È certamente superfluo affermare che la Modugno dei tempi di Isabella e Bona non esiste più. Questo è ben noto non solo a chi come noi e prima di noi ha cercato di approfondire l’argomento, ma anche a tutti coloro i quali (modugnesi e non), passando dalla tanto ammirata via Conte Stella (e non solo), non potrà che assistere a uno spettacolo di bellezza e orrore, nell’osservare le condizioni in cui versano gli edifici più importanti. L’importanza dunque di questo studio, che è stato alquanto complicato, frutto di ricerche in modo particolare di tipo archivistico, va e deve essere ritrovata nella scoperta di come fin troppo si trascurino le nostre città. Parliamo di nostre città, perché dovrebbero essere gli stessi abitanti (e nel nostro caso i modugnesi) a cercare di porre un freno all’indifferenza dei politici su questi argomenti. Sono invece spesso essi stessi autori del deturpamento. Basta vedere come la stessa via Conte Stella (forse il simbolo in positivo e in negativo di Modugno) è troppo spesso rovinata da anonimi balconi moderni, da infissi di alluminio o da intonaci colorati in maniera alquanto discutibile. Si veda quello che "fieramente" i modugnesi chiamano il grattacielo, un edificio di dodici piani che sorge sul corso principale del paese costruito verso gli anni Cinquanta al posto del palazzo della nobile famiglia Russo, bell’esempio di architettura ottocentesca, la quale ormai trasferitasi quasi definitivamente a Roma, cedette il suolo ai costruttori che in cambio offersero loro degli appartamenti. Senza poi porre l’accento sulle condizioni culturali e talvolta anche igieniche della gente che abita non solo nelle vie del suburbio, ma anche e soprattutto nelle vie del "centro storico". E di centro storico è rimasto ben poco, risultando invece più che altro il regno della delinquenza e delle poche regole di civiltà. E così sono troppo spesso i modugnesi a rovinare e a rendere invivibile la loro (e nostra) cittadina ; sono costoro che hanno rovinato il sapiente lavoro di un minoranza di loro stessi. E i politici come detto, sono i grandi assenti quando si parla di patrimonio artistico da rivalutare di piani di recupero da attuare, eccetera, lontani anni luce dalla politica sapiente di Bona. Ma ormai è troppo tardi : un recupero del centro storico appare ormai compromesso quasi definitivamente. Potrebbe essere però possibile un piano di "arredo urbano" che valorizzi quel poco che si è salvato e da salvare, e soprattutto che l’amministrazione sia più attenta alla questione urbanistica ed architettonico modugnese. A voler fare ciò, non ci si potrà fidarsi molto, visto che in questo paese si costruisce poco e male e chi costruisce sono sempre i "soliti noti", che pensano di poter abbellire la città con costruzioni moderne inserite al di fuori delle mura. Non solo quindi in questo modo si trascura la parte antica che andrebbe decisamente rivalutata, al fronte della cultura che questa si porta dietro e delle sapienti menti che la hanno tirata su, ma la si rovina con opere degli indifferenti tecnici modugnesi, che non hanno mai approfondito l’aspetto storico. E’ per tale motivo che noi progettisti del domani, riteniamo che prima ancora di diventare tali, sia fondamentale la conoscenza approfondita della nostra storia e società, sia dalla sua fondazione per non distruggere, rovinare o non curare quello che è il nostro passato. Come si potrebbe evitare di conoscere e di apprezzare architetture notevoli come quelle che abbiamo documentato, con tutta la loro relativa storia. Bibliografia essenziale:
P.S. Ringraziamo per la collaborazione offertaci la dott.ssa Maiorano Grazia (Archivio di Stato di Bari), dott.ssa Manchisi (Sovrintendenza archivistica di Bari), don Nicola (arciprete della Chiesa Matrice di Modugno).
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