Architettura della chiesa.

La facciata esterna non presenta particolarità compositiva, ma si rifà al noto schema tardo-rinascimentale della ripartizione in più ordini nel senso dell’altezza e alla scansione con lesene nel senso della larghezza. Quindi due ordini delimitati da cornicioni e quattro lesene su alti basamenti costituiscono il tracciato geometrico della facciata. Nell’ordine inferiore merita particolare menzione il portale che costituisce l’episodio d’arte più significativa del complesso. Il vano rettangolare dell’ingresso porta lungo i lati una fascia con modanature. Accostati alle lesene centrali, due alti basamenti portano colonne con capitelli corinzi e quindi un doppio architrave riccamente decorato, di cui il secondo di notevole aggetto in modo da consentire la collocazione delle due pregevoli sculture a tutto tondo rappresentanti la vergine Maria e l’Arcangelo Gabriele annunziante l’incarnazione del Verbo. Nel secondo ordine sono praticate tre aperture, di cui due arcuate negli scomparti laterali aventi il lato di base poggiato sulla trabeazione del primo ordine, e una rettangolare nello scompartimento centrale. L'alto timpano triangolare con un occhio ovale baricentrico conclude la composizione.
Attualmente la facciata si presenta di colore grigio scuro; ciò è dovuto alla notevole alterazione lichenica subita dalla pietra calcarea pugliese usata nella costruzione di essa.
L’interno misura m. 45 di lunghezza, dei quali 17 m. circa occupati dal presbiterio, e m. 14 di larghezza.
E' evidente la differenza stilistica tra il presbiterio, rifacimento dell'antica chiesa a tre navate con predominanti elementi romanici, ed il corpo anteriore ad una navata con sobrie linee rinascimentali.

Il presbiterio.

Le imponenti colonne in pietra che dividono le navate del presbiterio sono ornate di capitelli di stile vario, recanti archi ogivali. Una cupola ottagonale in tufo, forata in ogni lato da quadrate ampie finestre, completa e corona lo slancio ascensionale dei vari elementi architettonici. La figura del Cristo benedicente, rappresentato nella vetrata istoriata a fuoco della finestra centrale della cupola, domina dall'alto tutto l'interno della chiesa; ai lati di essa, nelle altre due vetrate, sono raffigurati S. Nicola da Tolentino e S. Rocco, Patroni della città. Dette vetrate, eseguite nel 1967, sono opera della Ditta Camper di Atri (Teramo).
Opera della stessa Ditta sono le finestre istoriate della navata: l'Esaltazione della croce (finestrone della facciata) ed i quattro Evangelisti (finestre arcuate della facciata e dell’opposta parete sull'arco del presbiterio).
Al centro si erge
L’ALTARE MAGGIORE di stile barocco. Fu costruito nel 1666; è di pregiato marmo giallo antico di Siena e di marmo verde egiziano. Fu consacrato nel 1888 dall'arcivescovo Ernesto Mazzella, come si legge sulla lapide di marmo posta sul muro del transetto.
L'altare maggiore non aveva il tabernacolo poiché il SS. Sacramento veniva conservato all'altare del cappellone. Per ovviare all'inconveniente di dover frequentemente trasportare il SS. Sacramento dal cappellone all'altare maggiore, questo nel 1952 fu dotato del ciborio, per far posto al quale il blocco centrale in marmo dell'altare, che poggiava sul primo gradino, fu sopraelevato al secondo gradino, dando così più snellezza all'altare stesso. Il ciborio, (che si cercò di intonare il più possibile ai marmi dell'altare), è opera del marmista Fiore Sabino di Bari, che lo eseguì sotto la direzione della Soprintendenza ai Monumenti.
Nell'abside, fino ad alcuni decenni fa, era collocato il pregevole
QUADRO DELL'ANNUNZIATA DI BARTOLOMEO VIVARINI. L'artistico dipinto era menzionato anche nella Guida del Touring Club. Purtroppo l'arciprete Francesco Bux permise che venisse trasferito nella Pinacoteca Provinciale, lasciando nell'Inventano Parrocchiale una nota attestante che " qualora detto quadro bisognasse alla Chiesa potrà ritirarsi."

 


Epigrafe della lapide della Consacrazione dell'Altare Maggiore:

ERNESTUS MAZZELLA

DEI ET AP.LICAE SEDIS GRATIA

ARCHIEPISCOPUS BARENSIS ET CANOSlNUS

IN ACTU S. VISITATIONIS

ALTARE MAIUS IN HONOREM B. M. V. AB ANGELO ANNUNTIATAE

NECNON ALTARE O. N. I. C. IN EUCARISTICO SACRAMENTO DICATUM

CONSECRAVIT

CONDENS IN E1S RELIQUIAS SS. MM.. INNOCENTII ET IUSTINI

DIE IX KAL. MAIAS ANNO D.NI 1888

PONTIFICATUS VERO SUO ANNO SECUNDO

ET INDULGENTIAS XL D1ERUM QUOTANNIS E0S VISITANTIBUS

INDULSIT

Versione italiana:

Ernesto Mazzella - per grazia di Dio e della Sede Apostolica - Arcivescovo di Bari e Canosa - nell'atto della Sacra Visita - l'Altare Maggiore dedicato. alla B. Vergine Annunziata ed inoltre l'altare dedicato al SS. Sacramento Eucaristico - consacrò - ponendo in essi le reliquie dei SS. Martiri Innocenzo e Giustino - il 22 aprile 1888, secondo anno del suo pontificato - e concesse le indulgenze di 40 giorni ogni anno a chi li visita.

 


Tutti i tentativi però fatti in seguito per riottenerlo sono riusciti vani perché l'Amministrazione Provinciale ha sempre risposto che la Chiesa di Modugno ne rimane proprietaria, ma che è conveniente che il quadro sia conservato e ammirato nella Pinacoteca.

Il dipinto è su tavola, adorno di ricca cornice con cimosa. Sulla base si legge la seguente iscri4one: " Opus factum Venetiis per Bartholomeum Vivarini De Muriano - 1472 ".

" Appartiene al più felice periodo dell'attività dell'artista muranese, nel quale egli si prova a comporre arditamente esperienze disparate da quelle fiamminghe a quelle rinascimentali toscane, che si innestano su una cultura tradizionale di impianto veneto padovano (A questo stesso momento stilistico appartiene pure il trittico di S. Maria Formosa, ove le stesse premesse ritrovabili a Modugno giungono a piena maturazione).

La scena è ambientata in un interno di gusto evidentemente fiammingo; nello spazio angusto le immagini dell’Angelo e della Vergine spiccano nella loro plasticità monumentale e iniziano la scansione tutta toscana degli spazi degradanti verso il fondo, rotto da quella finestra oltre la quale si intravedono lontananze azzurrine di sapore tipicamente veneto. Ma tutti questi caratteri disparati sono fusi tra loro armonicamente dallo splendido colore gemmeo e senza ombre, che costituisce la parte più tipica e vitale del dipinto ".

Circa l'esecuzione del dipinto Michele Gervasio asserisce: " Da un libro di Messe della Cattedrale di Modugno risulta che il polittico fu ordinato nel 1470 dal canonico Lodovico Canco di Venezia, lo stesso che ordinò qualche anno dopo la tavola di S. Nicola, come attesta l'iscrizione dipinta su questo quadro ".

L'esistenza in Terra di Bari di diversi dipinti dei Vivarini (Barto1omeo, Antonio, Alvise) è dovuta a importazioni di dette opere da Venezia in Puglia avvenuta nella seconda metà del Quattrocento per commissioni o di Veneziani residenti nella nostra regione o di comunità religiose.

Per richiamare il ricordo di questo dipinto, nel 1938 l'arciprete Federico Alvigini fece fare per la finestra esistente nell'abside una vetrata istoriata a fuoco, riproducente l'Annunziata dei Vivarini.

Dietro l'altare maggiore vi è un grande ORGANO ELETTRICO inaugurato il 13 maggio 1959. M suo posto vi era prima un coro di sessanta stalli in legno semplice e molto deteriorati, che furono smontati in quello stesso anno per il collocamento del nuovo organo.

L'organo preesistente rimontava all'epoca della costruzione della chiesa e propriamente, come si è detto, al 1615. La data fu rilevata da una iscrizione latina trovata nella camera d'aria del somiere durante i lavori di rimozione di quell'organo eseguiti nel 1940. L'iscrizione diceva:

" Fecit Alojsius Galassi A. D. MDCXV".

Quell'organo all'inizio fu collocato accanto all'altare maggiore, come ci fa sapere espressamente Trentadue junior parlando della caduta del fulmine del 1622. In seguito lo stesso organo fu sistemato in fondo alla chiesa su una cantoria di legno, sorretta da quattro colonne anche in legno, con una scala di accesso presso il muro dalla parte opposta al battistero.

Nel 1940 l'arciprete Alvigini fece smontare l'ingombrante cantoria, che, ridotta di proporzioni, fu adattata nel transetto sinistro del presbiterio, in tal modo l'organo tornò al posto primitivo.

Dopo qualche anno però l'organo rimase inservibile perché, ridotto ormai per la sua vetustà in pessime condizioni, non fu più suonato. Organo e cantoria furono definitivamente smantellati nel 1959 quando fu inaugurato il nuovo grande organo elettrico costruito dalla Ditta Fratelli Ruffati di Padova (1).

A lato dell'abside vi è la CAPPELLA DI S. NICOLA DA TOLENTINO, il cui altare ha fregi di pesante barocco. Cappella e altare erano prima dedicati alla Madonna di Costantinopoli.

 


(1) Il nuovo organo ha 1601 canne con 69 comandi a disposizione dell'organista, di cui 22 registri sonori, 12 registri meccanici, il pistoncino di comando alla prima tastiera e il pistoncino di comando alla seconda tastiera, cinque pedaletti con dicitura luminosa per comandi vari e cinque pedaletti con segnalazione luminosa per le combinazioni aggiustabili collettive, oltre alle due staffe per il crescendo e per l'espressione.

La consolle ha due manuali con tastiere. La pedaliera, costruita a tipo radiale, ha 32 note. Il funzionamento è col sistema di trasmissione elettrica; tutte le parti di movimento lavorano in aderenza, con " relais " costruiti con uno speciale acciaio antimagnetico; tutti i controlli sono in argento al mille, montati su apposite lamine in metallo bianco.

La cassa decorativa abbellisce il prospetto e presenta l'insieme in magnifica veste, la quale si dice sia ad imponente opera artistica e liturgica.


La navata.

Una balaustra di marmo intarsiato separa il presbiterio dalla navata. Questa inizia con due grandi archi che aprono da una parte la cappella dell'Addolorata e dall'altra il cappellone.

Il resto della navata ha pareti lisce, ripartite da lesene che a metà altezza sono interrotte da un largo cornicione continuo. Sotto il cornicione le lesene si ornano di capitelli di pietra. Su ciascun fianco della navata si aprono delle arcate formanti ampie edicole, in cui con gli altari sono collocati quadri o nicchie di Santi. Queste edicole al tempo della costruzione della chiesa furono fatte a spese di nobili famiglie, i cui stemmi sono sovrapposti all'arco di ciascuna di esse. Davanti ai gradini degli altari queste famiglie avevano il proprio sepolcreto.

Nella navata vi sono sette altari, di cui quattro sono del tempo dei restauri del 1939-1940, che sostituirono i vecchi altari di pietra e tufi. I nuovi altari però non si intonano con l'architettura del tempio ed i marmi multicolori sono in evidente contrasto con lo stile sobrio e severo della chiesa.

Le nicchie degli altari della parete sinistra furono aperte durante quei restauri, mentre sarebbero state più indicate delle grandi tele.