II STANZA



Con la seconda sala comincia subito l'esposizione di grandi vasi figurati provenienti in gran parte da botteghe apule o della Magna Grecia anche se non mancano prodotti di importazione attica.
Questo ambiente, il piu' grande, accoglie al centro, tra due poltrone in velluto scuro, il gigantesco cratere a mascheroni con la narrazione della morte dei Niobidi. Il vaso, datato alla seconda meta' del IV secolo ed attribuito ad un pittore detto di Baltimora, presenta una decorazione fittissima con affollate scene mitologiche. La parte centrale del cratere e' occupata dalla quadriga con Apollo che scaglia frecce contro i Niobidi mentre sul collo e' rappresentato, dopo una fascia decorativa, un momento di lotta tra amazzoni e guerrieri. La parte posteriore del vaso rivela la sua destinazione funeraria; su di essa e' infatti dipinto un tempietto su alto basamento nel quale e' posta la figura divinizzata di un guerriero nudo con il suo cavallo e le parti essenziali della sua armatura. Intorno al tempietto sono poste quattro figure, due maschili e due femminili, che portano i doni al defunto.
Ai due lati di questo colossale cratere e sempre su mozziconi di colonne lignee scanalate ad imitazione del marmo, sono poste due belle e famose anfore attribuite alla bottega del pittore di Licurgo, attivo nella meta' del 1V secolo a. C.
La prima anfora, numero di catalogo 423, reca nella parte superiore Eracle nel tempio ed Antigone prigioniera di Creonte; i personaggi sono tutti identificabili per le scritte incise. Una fascia con motivi decorativi vegetali, dai quali fuoriesce una testa umana, divide la scena superiore da quella inferiore che ritrae un momento di lotta tra amazzoni e guerrieri; al centro e' la figura forzuta di Ercole, con clava e pelle del leone, che minaccia la regina delle amazzoni.
L' altra anfora, di forma e dimensioni uguali a quella appena descritta, reca sul registro decorativo superiore la raffigurazione di un cavaliere collocato nel tipico tempietto. Segue la caratteristica fascia decorativa con elementi fitomorfi e subito dopo la scena principale con la narrazione mitica, descritta con somma eleganza, della consegna delle armi ad Achille, episodio tratto dalla leggenda omerica. Achille decise di vendicare Patroclo, suo amico, ucciso dall'eroe troiano Ettore. Teti, una delle figlie di Nereo, divinita' marina ed a sua volta madre di Achille, supplic˜ Vulcano affinche forgiasse delle armi da portare ad Achille. La supplica di Teti fu accolta. La scena riporta il momento del trasporto delle armi da parte delle Nereidi riprese a cavalcare fantastiche creature marine. Teti dovrebbe riconoscersi nella Nereide che porta Io scudo cavalcando un mostro marino per meta' cavallo e per meta' drago; lo scudo infatti, che simbolicamente rappresenta il pezzo piu' importante dell' armatura, e' secondo la leggenda il pezzo piu' bello forgiato da Vulcano. Tutte le altre Nereidi recano invece spada e schinieri, elmo, lancia e corazza. Probabilmente questa elegante anfora apparteneva al corredo funebre di una nobildonna che forse non e' estranea alla dama seduta ed intenta a specchiarsi collocata nell'heroon ed omaggiata da ancelle.
Tra i vasi attici di questa stanza vi e' un cratere a colonnette a figure rosse, con satiri e menadi. Un altro cratere a colonnette, questa volta di produzione apula, presenta sulla facciata secondaria la muscolosa figura di un atleta che si deterge il sudore con uno strigile, mentre un ragazzo gli porge un' ampolla contenente unguenti. Frequente e' la raffigurazione di atleti sui corpi vascolari; indicata con numero di catalogo 483, posta nella prima vetrina e' una graziosa kylix con dipinto sul fondo l'esercizio ginnico di un' abile contorsionista ripreso, forse, nell'atto di compiere un'azione rituale.
Le altre vetrine disposte tutt' intorno alla sala custodiscono una serie innumerevole di reperti di varie dimensioni fino a comprendere vasetti piccolissimi maggiormente usati per contenere profumi ed unguenti; questi recano graziose decorazioni con motivi a rete, piccoli animali oppure foglie e fiori.
Ricorrente nella decorazione delle coppe e' la raffigurazione di geni alati, come in quella n. 573, oppure di volti femminili dalle chiome composte e dal collo riccamente ingioiellato.
Notevole e' pure la quantita' dei piatti esposti e che probabilmente in antico non saranno mai stati usati; in essi frequente e' la rappresentazione di scene collegate al culto dei morti. Un altro numero considerevole reca invece una ricca decorazione con vari tipi di pesce e conchiglie.
Nutrita e' anche la serie dei kantharoi, eleganti bicchieri a calice con due alte anse verticali disposte sui lati.
Tra i pezzi di maggior pregio esposti nelle affollate vetrine e' da ricordare il vaso n. 654 che presenta sulla facciata principale tre giovani donne, due delle quali nude, nell' atto di spargersi il corpo con unguenti ed essenze; una di esse, quella in piedi alla destra del lavacro,  aiutata da un giovane satiro accovacciato che ne massaggia il corpo.
Un'altra pelike, la n. 917, presenta una scena di culto fallico: un satiro barbuto reca una guantiera presso un'ara sacrificale dietro la quale e' posta un'erma con fallo in erezione.
Nella patera senza manici, n. 934, compaiono due figure femminili raffrontate, una seduta e l'altra in piedi (quest'ultima regge una porchetta); si tratta probabilmente di una cerimonia sacrificale dedicata al culto di Cerere.
Da ricordare sono anche due crateri a campana, uno con vecchio satiro vicino ad un braciere, e l'altro, il n. 901, con rappresentazione fliacica. Su quest'ultimo vaso, rinvenuto in contrada Arena, nella proprieta' Caputi, e' infatti dipinta la versione caricaturale della scena mitica di Elpenore ed Ulisse nell'atto di uccidere la maga Circe. Gli attori comici che interpretano i tre personaggi mitologici sono su di un palco fatto di travi.


ALCUNE IMMAGINI: / 1 / 2 / 3 /