La fotogrammetria


(la seguente pagina e' tratta dal sito del Prof. Daddabbo)

   E' una tecnica che consente di rilevare le misure dall'immagine fotografica.
  Considerato che la fotografia rappresenta lo sforzo compiuto dall'uomo per memorizzare in modo completo ed oggettivo tutte quelle informazioni recepite dall'occhio, la fotogrammetria dovrebbe rappresentare la via più semplice per documentare la realtà territoriale.
schema  L'uomo esegue il rilievo fotogrammetrico sin dai primi anni di vita: ogni volta che deve prendere un oggetto, egli deve rilevare prima la posizione dell'oggetto stesso con il semplice ausilio della vista e, a giudicare dalla sicurezza con cui porta la mano sull'oggetto, c'è da prendere atto della grande precisione del rilievo eseguito.
  Un bambino, allorquando deve afferrare un giocattolo, non sempre riesce nell'operazione di rilievo: infatti i primi tentativi non sono coronati da successo ed egli deve esercitarsi abbondantemente prima di riuscire nel proprio intento.
  La fotogrammetria sfrutta proprio la capacità dell'uomo di effettuare rilievi di precisione su tutto ciò che egli riesce ad afferrare, mettendogli a portata di mano l'immagine fotografica tridimensionale degli oggetti, nella scala più idonea. In questa sede esamineremo le basi geometriche su cui si basa la tecnica fotogrammetrica, cominciando col fissare le seguenti ipotesi:
    - un qualsiasi punto della superficie di un oggetto emette un fascio di raggi luminosi;
    - teoricamente uno di questi raggi, attraverso l'obiettivo della macchina fotografica (identificato con il centro di proiezione), secondo una traiettoria rettilinea, proietta l'immagine del punto sulla superficie sensibile;
    - invertendo il processo di proiezione (cioè immaginando di trasformare la macchina fotografica in proiettore e mantenendo fissa la posizione della superficie sensibile sviluppata) l'immagine del punto si proietta sul punto reale;
    - ripetendo l'esperienza con due macchine fotografiche poste ad una certa distanza (che chiameremo "base") i raggi, proiettanti le immagini del punto, si intersecano nel punto stesso.
   Nella figura qui riportata è rappresentato lo schema geometrico di quello che comunemente viene definito "caso normale" (da noi adottato), in cui le superfici sensibili sono complanari e gli assi ottici degli obiettivi sono perpendicolari ad esse (quindi paralleli tra loro).
  Così come è facile dedurre dalla figura, sfruttando opportunamente la similitudine dei triangoli determinati dai raggi proiettanti il punto P, rappresentati sui tre piani di riferimento, esiste una corrispondenza biunivoca tra le coordinate (x,y,z) dello stesso punto P e le due coppie di coordinate (x1,z1) e (x2,z2) con cui le immagini P1 e P2 vengono individuate nei sistemi di riferimento esistenti sui due fotogrammi.
  E' opportuno prendere subito nota che:
    - l'origine di ciascuno dei due sistemi si trova nel punto di intersezione della perpendicolare condotta dal centro di proiezione alla superficie. Questo punto viene chiamato "punto principale" ed il raggio relativo prende il nome di "raggio principale"
    - gli assi delle ascisse (x1 e x2) e delle ordinate (z1 e z2) degli stessi sistemi, essendo l'immagine capovolta, sono diretti rispettivamente verso sinistra e verso il basso;
    - la distanza del centro di proiezione dalla superficie del fotogramma si chiama "distanza principale" e viene misurata con la precisione del centesimo di millimetro;
    - in fase di proiezione (restituzione), le coordinate (x,y,z) del punto intersezione sono funzioni lineari di B (base). In sostanza se si mantengono inalterate le altre variabili (C= distanza principale, x1=ascissa del punto immagine di sinistra, z1=ordinata del punto immagine di sinistra, x2=ascissa del punto immagine di sinistra, z2=ordinata del punto immagine di sinistra), il modello di restituzione ha la stessa scala di rappresentazione della base.