LE VICENDE STORICHE DELLA CITTÀ (1720-1820)



Intanto le guerre di successione al trono di Spagna si erano concluse con la vittoria di Filippo V di Borbone, il quale - mirando a riscattare il Regno di Napoli, da un quarto di secolo in potere del Governo austriaco - mette a capo di una poderosa armata il figlio Carlo III, allora duca di Parma e di Piacenza. Questi costringe le milizie austriache a riparare in Puglia, occupa di sorpresa Napoli e successivamente le città favorevoli alla dinastia spagnola.
Gravina si appresta alla difesa, respinge le offerte di resa e gli assalti degli Austriaci che, esasperati distruggono il territorio, finché il mancato aiuto da parte della Germania e l'arrivo degli Spagnoli li obbliga a concentrarsi nella pianura di Bitonto, dove una disfatta memorabile (25 maggio 1734) porrà fine alle pretese di casa d' Austria sul Regno di Napoli.
Ha inizio così la dinastia dei Borboni, che ridona al regno la sua antica autonomia.
Re Carlo III, accolto entusiasticamente, visita Gravina e non manca d' appianare una dispendiosa lite tra fisco e comune che da cinquantotto anni si trascinava davanti alla Sommaria e al Consiglio Collaterale. Il regale provvedimento consente alla compromessa finanza comunale di riprendersi, ma non a ricondurre la città all'antico prestigio. Famiglie cospicue, vanto e decoro per secoli della città, bersagliate dal cattivo regime e dall' ostilità del duca Filippo Bernoaldo, si trasferiscono altrove senza più ritornarvi e lo stesso trasferimento della corte ducale a Napoli non valse certo a migliorarne le condizioni.
Tuttavia il duca Domenico Amedeo - quindicesimo della serie e poi cardinale non smise di mostrarsi utile e premuroso verso il popolo. A lui si deve la soluzione d'importanti problemi come la pavimentazione delle strade interne e l'opera di restauro della cattedrale, iniziata dallo zio cardinale V. Maria Orsini, poi Benedetto XIII.
Lo scoppio della Rivoluzione Francese determina nuovi disordini. Re Ferdinando IV, vistosi a mal partito, si ritira in Sicilia mentre i rivoluzionari, sostenuti dal Governo francese, instaurano a Napoli la repubblica. Gravina, sia perché fedele alla monarchia sia perché impreparata, si divide in due opposti partiti: Sanfedisti o Conservatori e Giacobini o Rivoluzionari. Questi ultimi riescono a prendere il sopravvento sui primi e impadronitisi della città: il 14 febbraio 1799, piantano « l'albero della libertà ». Con la vittoria dei Francesi e la divisione del regno in undici dipartimenti, la città viene prescelta come sede del Governo Dipartimentale del Bradamo, che però non fu mai istituito, perché Matera, suo capoluogo, il sei marzo - dopo solo venticinque giorni - rinnega la repubblica e abbatte l'albero della libertà.
Circa due mesi dopo - il dieci maggio - il cardinale Ruffo, al comando di un' accozzaglia d'armati espugna, saccheggiandola, la vicina Altamura e il quindici dello stesso mese si sposta verso Gravina. I Giacobini cercano scampo nella fuga e solo l'opera dei rimasti Sanfedisti valse a risparmiare alla città ogni danno.
Fu in quella occasione che il popolo, attribuendo lo scampato pericolo a speciale benevolenza del santo Patrono, volle collocarne una statua su "porta san Tommaso" , "di dove il Porporato sarebbe entrato": statua che, con l'abolizione della porta, fu collocata in una nicchia dov'è tuttora. La sanguinosa reazione del Ruffo, riporta sul trono il fuggiasco Ferdinando, che nel 1800 -con l'indulgenza del trenta aprile - fa scarcerare don Giuseppe Marculli, Salvatore Loglisci, Giovanni Zuccaro, Michele Tota, F. Vincenzo Capocelli, Giovanni Daniele Ariani - canonico - Filippo Lagreca, Francesco Massari Cinotti, mastro Paolo Catonofria, Michele Sottile, Filippo Ariani e i sacerdoti Salvatore Massari, e Donato Ariani, tutti detenuti nelle carceri di Trani « per reati contro lo Stato ». Qualche anno dopo - nel 1806 - Napoleone Bonaparte, creato imperatore, rompe gli accordi diplomatici col Governo napoletano e costringe ancora alla fuga il Borbone.
Milizie francesi si accamparono a Gravina, invadendo chiese e monasteri, danneggiando oggetti d'arte. Un anno dopo il feudalismo viene soppresso con legge del 19 gennaio 1807, e l'ultimo duca di Gravina - Filippo Bernoaldo II - rinuncia ai beni dei diritti feudali, conservando il privilegio di poter continuare a detenere il titolo ereditario, tuttora trasmissibile ai discendenti diretti e primogeniti. Il tramonto della stella napoleonica e il trattato di Vienna riportano ancora una volta sul trono di Napoli Ferdinando IV, che assume il titolo di Re delle Due Sicilie; ma già la penisola è percorsa da fremiti di rivolta e da aneliti d'indipendenza.
Sorgono le società segrete e la Carboneria trova fautori entusiasti anche a Gravina, che con i suoi "figli migliori" partecipa ai moti insurrezionali, fornisce uomini ai volontari di Garibaldi, finché con la battaglia del Volturno e la presa di Roma, l'unità d'Italia diventa un fatto compiuto.
Scomparvero allora le torri e le mura con quanto poteva ricordare un'epoca finita, e nuove case e nuovi edifici sorsero, spesso incorporando quelli preesistenti, modificandone l' antico assetto, ma la città non riebbe e non ritroverà più l' antico splendore.



Gravina nel Periodo Bizantino - Gravina nel Periodo Angioino - Gravina nel Periodo Aragonese - Gli Orsini a Gravina


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