Coll'affermarsi della dominazione bizantina nell'Italia
Meridionale, sorge l'attuale rione Borgo Vecchio e con esso la cittadina
si affaccia alla ribalta della vita medievale. Cattedra vescovile di rito
greco dall' 887 , accoglie (al tempo della persecuzione della persecuzione
iconoclasta proclamata dall'imperatore Leone Isaurico), i fuggiaschi monaci
basiliani che, eremiti per vocazione, alloggiarono in alcune grotte, esercitando
il loro culto e affrescandole nei modi e nella tecnica di Bisanzio. Arrivati
i Benedettini, questi si opposero energicamente all'opera di grecizzazione
intrapresa dai Basiliani. La popolazione ben presto si scinde in due fazioni
con conseguenti focolai d'insurrezione. Impotente a reprimerli da solo,
il governo di Bisanzio si vede costretto a far ricorso ai Saraceni, che
allora dominavano la Sicilia, mentre a sua volta il romano pontefice Giovanni
III sollecita l'intervento dei Longobardi. Nel 999 Gravina cade nelle mani
dei Greci e l'archidiocesi latina di Benevento, creata da Papa Giovanni,
viene soppressa, finché nel 1052 con la separazione delle due Chiese
elimina ogni motivo di dissidio.
Coi Normanni, che l'occuparono nel 1069,la città diventa un feudo con Unfrido (figlio di Accardo e terzo
Signore di Gravina), ed ebbe modo di sollevarsi dalla miseria e dall'avvilimento
in cui l'avevano gettata il malgoverno bizantino e la ferocia musulmana.
Venuta a mancare la discendenza di Roberto il Guiscardo nel Ducato di Puglia,
Ruggero II - Gran Conte di Sicilia - la unisce ai suoi stati, nell'intento
di formare una sola monarchia alle sue dipendenze. La violenta reazione
di tutti i dinasti dell'Italia Meridionale, incoraggiati dallo stesso papa
Onorio II, scatena una lotta aspra e tenace, che ha termine con la conquista
della città da parte di Ruggero, il quale al ribelle Roberto, figlio
d'Unfrido, sostituisce un marchese di stirpe subalpina: Bonifacio, marchese
d'Incisa. Con Alberto, figlio di Bonifacio, la città diventa capoluogo
di contea.
Morto Alberto, la contea fu devoluta alla Regia Corte e quindi assegnata
a Gilberto de l' Aigle, cui successe - dopo appena un decennio - Riccardo
de Say, un altro discendente da nobile e storica famiglia subalpina.