Morto Alberto, la contea fu devoluta alla Regia Corte e quindi assegnata
a Gilberto de l' Aigle, cui successe - dopo appena un decennio - Riccardo
de Say, un altro discendente da nobile e storica famiglia subalpina.
Nel frattempo veniva incoronato a Roma Federico II, erede e successore di
Enrico VI sui troni di Germania e di Sicilia. Lo Svevo, nella sua visita
alle provincie del Regno nel 1223, raggiunge Gravina, vi fa costruire un
« parco per l'uccellagione », eleva la città a sede della
Curia Generale per la Puglia, la Basilicata e la Capitanata - destinata
a raccogliere le querele e a istituirvi i relativi processi - e vi istituisce,
sembra, il maristallato: cioè l'allevamento razionale del cavallo
pugliese in un fabbricato, cui corrispose più tardi lo stabile detto
la cavallerizza, demolito nel 1933 per far posto all'attuale edificio scolastico
S. G. Bosco.
Morto nel 1250 il colto e saggio Puer Apuliae, gli succedono Corrado al
trono e il legittimato Manfredi nel Ducato di Puglia, ma alla morte di costoro
il Regno di Sicilia rimane definitivamente in potere di Carlo d' Angiò
che - trasportata la sua reggia Palermo a Napoli - muta l'antico assetto
della monarchia con nuove disposizioni legislative.
A Ludovico de Bellojoco primo feudatario angioino, successe nel 1282 Burcardo
o Riccardo di Monmorency, il quale seppe soltanto sobbarcare la popolazione
di pesanti tributi fiscali. Con Giovanni di Monfort, conte di Squillace
e di Montepeloso (l'attuale Irsina), oltre che Camerario del Regno, gli
usi civici - poco rispettati dai predecessori - vengono ripristinati, l'antica
fiera annuale d'importazione e d'esportazione (già concessa nel 1294
da Carlo II d' Angiò) e l'istituzione della « gabella della
baiulazione » regola la raccolta delle rendite demaniali.
L'assassinio di Andrea d'Ungheria, marito della bella e dissoluta Giovanna
d' Angiò e fratello del re Luigi d'Ungheria, ne scatena l'ira e,
col pretesto di tutelare i diritti dal nipote Carlo Martello, piomba in
Italia, destituisce - temendone un tiro mancino - il conte di Gravina Carlo
di Durazzo, che pur gli si era sottomesso, lo fa decapitare e dona il feudo
s era al suo luogotenente Stefano di Lomit, voivoda della Transilvania.
Sotto gli Ungheresi la cerchia delle mura viene allargata, le porte munite
di torrioni e, per ragioni tattiche, accanto ai nuovi fortilizi vengono
- sembra - scavate alcune gallerie tra la porta nord e quella sud; dopo
alterne e burrascose vicende, la città torna in potere degli eredi
del conte di Durazzo, passa da un feudatario all'altro e di successione
in successione, nel 1423, al capitano di ventura Francesco Orsini, prefetto
di Roma.
Deceduta intanto, senza eredi legittimi, Giovanna II, il Regno di Napoli
ricade in subbuglio per la successione al trono, disputata da Ludovico III
d' Angiò e re Alfonso V d' Aragona.