In aderenza rigorosa all'etica degli ordini mendicanti, il convento si presenta privo di decorazioni, fatta eccezione per il CHIOSTRO che rappresenta il nucleo di tutto il complesso e che fece qualificare il convento stesso " uno dei piu' belli della Provincia, degno di stare in una Citta' che e' la piu' opulenta dell' altre Citta' convicine" (p. Bonaventura da Lama ) .
A pianta quadrata, dispone di ampi porticati sui quali poggiano le strutture del piano superiore. Ciascun lato ha cinque arcate , sorrette da elementi cruciformi con semicolonne e pilastrini i cui capitelli sono riccamente scolpiti con motivi fitomorfi e zoomorfi. Le colonne su cui troviamo pregevoli capitelli sono addossate internamente e stilobate intorno al cortile, quest'ultimo interrotto nelle quattro arcate di centro.
Le volte dei porticati sono coperte per tre lati da crociere con costoloni riuniti al centro da boccioli. Nelle lunette troviamo degli affreschi su cui sono raffigurate con efficace e semplice linguaggio artistico fatti ed episodi della vita dei Santi e Beati dell' Ordine, opera di uno stesso frate - fr. Giuseppe da Gravina - che, per dirla con il Perrone, "...ha voluto conferire carattere unitario al suo poema pittorico, intrecciando le glorie del francescanesimo con quelle delle famiglie piu' cospicue della sua citta' natale, delle quali sugli zoccoli dei grandi pannelli schizza gli emblemi gentilizi". Al centro del chiostro, che conserva tuttora l'antica pavimentazione in cotto disposto a spina di pesce, e' situato un bel pozzo in pietra con colonnine che sostengono una piccola trabeazione sormontata da una croce.
Per quanto concerne il piano superiore, va detto che su due lati sono disposte le celle con le relative finestrine e con accesso da ampi corridoi, mentre gli altri due accolgono una loggia a piccole arcate a tutto sesto. Un'ulteriore annotazione riguarda gli interni del piano terra: essi sono piu' spaziosi e funzionali, atteso che erano destinati alla vita comunitaria dei frati, dediti alla preghiera e , come gia' detto, alla lavorazione della lana. Non va tuttavia dimenticato di aggiungere che, a seguito della soppressione degli Ordini Religiosi decretata dalle leggi repressive del Murat, i frati abbandonarono l' edificio nel 1811 e l'intera struttura divenne allora oggetto di deturpanti atti vandalici che incisero profondamente sulla sua estetica architettonica e sulla sua stessa destinazione d'uso.
Dopo un breve periodo di assenza, i Riformati potettero riavere la loro dimora di S. Sebastiano, al cui restauro dedicarono ogni loro energia, aiutati in quest' opera dal popolo che voleva vedere restituite all'antico splendore sia la struttura che l'attivita' della comunita' monastica. Ma tutto si fermo' nel 1845, allorche' i frati, a causa della insalubrita' dell'aria, si trasferirono nel Convento di S.Domenico (cfr. Perrone, op. cit.). La soppressione definitiva della casa religiosa venne sancita con Decreto Ministeriale del 1865 che ne assegnava la proprieta' al Comune il quale, successivamente, vi insedio' un ricovero di mendicità.
Il resto e' storia dei giorni nostri.
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