PALAZZO DE GEMMIS
- La cultura nel Settecento-
a cura di Mario Rosa
Alcune lettere di Antonio Genovesi, il maggiore dei riformatori napoletani della metá del Settecento, il caposcuola dell'illuminismo meridionale, indirizzate all' amico e discepolo Ferrante De Gemmis Maddalena
Ferrante De Gemmis
a Terlizzi, delineano con grande chiarezza i primi passi della nuova cultura e delle esigenze di riforma che giungevano dalla capitale nelle province, e insieme sottolineano la maturazione dei " lumi " , come si diceva, e le caratteristiche di un momento politico-culturale destinato a durare sino alla fine del secolo, e a prolungarsi ancora ai primi decenni dell' Ottocento.
Scriveva dunque Genovesi il 17 giugno del 1754 al De Gemmis, salutando con soddisfazione la istituzione di un' accademia a Terlizzi, promossa da un gruppo di patrizi, di ecclesiastici e di borghesi, di cui lo stesso De Gemmis era animatore: " Non mi potevate dare notizia piú grata e piú cara quanto quella di cotesta bella union vostra. Se questo spirito si diffonde pel resto della gioventú del nostro Regno, io ne preveggo il vero secolo dell'oro [...]. Che vasto campo è quello dello studio dell' uomo e de' mezzi di mantenere l' amicizia della societá, della storia naturale e dell'agricoltura, del commercio e dell' economia [...]. Prego intanto voi e tutti cotesti signori accademici di farmi il piacere di pensare a fare qualche osservazione utile al commercio e scrivermene ". E poco piú tardi, l' 8 marzo 1755, quando il De Gemmis appare piuú decisamente orientato verso i problemi dell' agricoltura : " Godo - gli scriveva il maestro - dé suoi studi d' agricoltura : essi sono un gran divertimento per uno spirito filosofico, quando sí è in campagna. Sarei curioso di sapere il metodo che si tiene costí nella coltura delle terre per riguardo ai grani ".
Venivano cosí indicati alcuni elementi che resteranno costanti negli anni a venire. Lo spirito filosofico doveva ottimisticamente, irradiarsi tra le giovani generazioni, permeare le discussioni e le ricerche, ma legarsi ad un sapere fattivo, operante, concreto. Esso assumeva cioé, intorno alla metá del secolo, una forza propulsiva che, nella prima metá, non aveva potuto assumere la cultura giurisdizionalistica, legata al nome di Pietro Giannone, nato ad Ischitella sul Gargano (1676-1748), ma divenuto assai presto personaggio europeo per le drammatiche vicende della sua vita, connesse all' isolamento in patria, e poi all' esilio e alla prigionia. Cultura giurisdizionalistica che aveva tuttavia in Puglia, come nel Mezzogiorno, ispirato modi di orientamento politico nei rapporti tra Stato e Chiesa e creato dalla capitale una corrente di pensiero, che alti magistrati e funzionari borbonici avevano contribuito a tradurre in effettiva azione politico-amministrativa generale e, sul piano provinciale, nella consuetudine della prassi forense. Tra essi ricordiamo, anche perché legati a Genovesi, il barlettano Niccoló Fraggianni ( 1686- 1763), segretario della Real Giurisdizione, e il brindisino Carlo De Marco ( 1734- 1804), segretario degli affari Ecclesiastici.
Al momento genovesiano in Puglia, per altro, arridevano ora condizoni culturali piú propizie, in quell' arco di tempo che va all' incirca dal 1750 al 1770. Se il De Gemmis a Terlizzi aveva dato vita ad un' accademia, altrove era intanto maturata l' esigenza di una organizzazione diversa degli studi superiori, chiaramente orientati per la formazione dei quadri della burocrazia e della cultura riformatrice. Nel 1748, l' allora arciprete della chiesa palatina di Altamura, Marcello Papiniano Cusano, vi aveva istituita una Universitá, cioé delle pubbliche scuole a carattere universitario, con un corpo docente sempre piú spiccatamente laico; una universitá (cui, come segno dei tempi, furono devolute le rendite accumulate da quasi un secolo per la istuzione di un vescovado in luogo dell'arcipretura) nella quale alle discipline umanistiche si affiancarono quelle giuridiche e mediche, e piú tardi i prinacipi delle scienze naturali.