ALEZIO: Storia

Storia di Alezio

Scheda di Alezio

Storia del Salento


Storia di ALEZIO

Una delle fondamentali valenze che evidenziano Alezio nel territorio salentino è quella storico - artistica che qualifica la città quale tessera essenziale del mosaico formato dai centri del leccese. Intimamente legata alle vicende storiche di Gallipoli, Alezio costituisce un preciso capitolo dell'evoluzione storica ed estetica locale.

Situata sul pendio di una collina a 74 m. s.l.m., troneggiata dall'antica chiesa della di S. Maria della Lizza, la città, come molti altri centri pugliesi, ebbe il forte impulso vitale nel periodo della colonizzazione greca , durante la quale la cultura ellenistica si fuse con quella di un substrato autoctono preesistente (Ausonico e Siculo).

Da tale integrazione nacque la civiltà messapica che ebbe in Alezio uno dei suoi più importanti centri, collegato al mare attraverso Gallipoli, l'antica Anxa, porto messapico commerciale e militare. Non esistono fonti documentate che permettono di collocare cronologicamente con precisione la fondazione della città; quel che è certo sono le testimonianze lasciate da questa grande ed organizzata civiltà presente sul territorio almeno dal VII sec. a.C., ricordata fondamentalmente per le tombe, spesso rinvenute. Una civiltà che però ha anche vissuto, organizzandosi in una città strutturata attorno ad un'acropoli (zona sacra, templare), un'agorà (la piazza), un anfiteatro, ed una struttura fortificata che secondo alcuni studiosi, racchiuderebbe una superficie di 64 ettari.

I Messapi, nel corso dei secoli vissuti nelle colonie italiche, perfezionando una propria cultura, svilupparono una propria lingua, naturalmente di derivazione ellenistica; l'elevato livello di civilizzazione raggiunto da questo popolo è dimostrato anche dal perfezionamento raggiunto nelle attività artigianali. Localmente, infatti, si produsse del fine vasellame e ceramica in genere, frequentemente rinvenuta nelle sepolture quale corredo funerario, le cui forme spesso richiamano modelli di derivazione greca. Ma la fondamentale testimonianza lasciata da questo popolo, resta la sua tomba che evidenzia, nei diversi casi di ritrovamento, un'evoluzione tipologica; dalla tomba a fossa arcaica, si è giunti a quella in pietra tufacea squadrata, coperta con lastroni monolitici. Questo tipo di sepoltura si può osservare nel Parco Archeologico di Alezio, attiguo al Palazzo Tafuri (destinato a diventare la sede del Museo della Civiltà Messapica) dove sono conservate alcune tombe rinvenute anni fa. La matrice tipologica di questo modello tombale è forse da ricercare nell'arcaica tomba di Knosso, fossa scavata rivestita in pietra con copertura monolitica.

La civiltà messapica scomparve con l'avvento dell'Impero Romano, sotto il quale si hanno le prime notizie documentate della città di Alezio. Strabone, antico geografo che visse all'epoca di Tiberio (il quale cessò di regnare nel 37 d.C.) ci fa conoscere attraverso i suoi scritti lo stato deplorevole che presentava in quell'epoca la penisola salentina, un tempo floridissima e potente, specie dopo la venuta di Annibale in Italia. Diversi secoli dopo, la penisola cominciò a risorgere dalle passate calamità, ma le invasioni dei Mori e dei Saraceni lasciarono impresse in ogni parte tracce indelebili e profonde.

Tra le antiche città del Salento che una volta distrutte restarono per secoli sepolte sotto le loro rovine, vi fu Aletia o Aletium, tanto che taluni ne mettono in dubbio addirittura l'esistenza, confondendola con altre città o non sapendone identificare il sito. Innanzitutto è opportuno ricordare che la penisola salentina assunse denominazioni diverse in varie epoche: nei tempi più remoti si disse Japigia, poi Messapia, Magna Grecia, Calabria ed anche Salentina. Nonostante ciò, indipendentemente dai nomi assunti, essa comprendeva sempre tre parti principali: la parte superiore si chiamava Calabria, quella media Messapia e l'ultima, sino al promontorio di Leuca, Salentina. Strabone, e dopo di lui Stefano Bizantino, ne distinsero queste tre parti come prima avevano fatto Erodoto e Tucidide (Erodoto individuò la città fondata dai primi Cretesi approdati nei nostri lidi, denominata Hyria nella Messapia). Strabone scrisse "In mediterranea regione Rhodea, et Lupia sunt, et paullo ante a mari recedens Aletia ....."; la desinenza del nome Aletia è tipica della lingua messapica che abbondava delle vocali a. Lo stesso Strabone scriveva che Aletia non era distante dal mare; Lupia era l'antica Lecce e si trovava nella Messapia, mentre Rhodea, città poi distrutta era l'antica patria di Ennio e si trovava tra Brindisi e Taranto, nell'antica Calabria a 17 miglia da Brindisi, nel territorio in cui oggi si trova Francavilla, tra Oria e Ceglie. Anche Plinio, nel 79 d.C., citava Aletium, città degli Aletini, scrivendo "Aletium, in ora vero Senonum Callipolis .....", lasciando bene intendere che il sito di questa località non era lontano da Gallipoli, nella terra Salentinorum mediterranei. L'altro antico geografo che menzionò Aletium, con altre città (Rhudia, Neretum, Bavota, Uxentum, Veretum), fu Tolomeo, che visse all'epoca di Marco Aurelio (180 d.C.) e che si servì anche di nozioni di astronomia per meglio collocare le diverse località nelle sue tavole. Molti scrittori confusero Valetium (detta anche Valentium o Balentium) che si trovava nell'antica Calabria tra Brindisi e Lecce, con Aletium.

Ad aiutare i geografi vi erano gli itinerari che marcavano le vie consolari costruite in tutto l'Impero Romano, con l'indicazione dei luoghi e le rispettive distanze. Celebre era la via Appia che collegava Roma con Brindisi, e la Traiana (sezione dell'Appia) che andava da Brindisi a Taranto. Nel Peutingero, celebre tavola geografica elaborata da Teodosio, cittadino della tedesca Augusta, erano riportate le città, con le relative distanze, che si incontravano lungo la via Traiana. Tra esse troviamo Aletium, tra Uxentum e Neretum (attuali Ugento e Nardò) conformemente quindi a quanto riportato da Plinio e Tolomeo, che collocavano da Nord a Sud, nell'ordine Neretum, Aletium, Bavota, Uxentum. La sola differenza, come può notarsi, è che il Peutingero riporta le città da Sud a Nord tralasciando Bavota (l'attuale Parabita) che non era appunto toccata dalla via Traiana. Bene scrisse quindi Plinio "Aletium, in ora vero Callipolis ....." perché Alezio si incontra prima di Gallipoli e non dista molto dal mare. Autori come il Vossio, l'Arduino e più tardi il Romanelli nella sua Carta geografica del Regno di Napoli, hanno ignorato Aletium, sostituendola con Sarmadium o Armadium, traditi forse dall'errore dei copisti di testi antichi e, comunque sia, tale tesi mal si sposa con quanto detto finora e non trova alcun riscontro documentato, cosa che invece può dirsi di città distrutte, ma che hanno lasciato delle tracce (è il caso di Eraclea, Rudia, Egnazia, Valetio, Vereto, Leuca). Il Romanelli tentò di identificare Sarmadium con il piccolo comune di Muro Leccese, centro a 8 Km da Galatina, ma ciò non ha alcun fondamento, né si comprenderebbe l'evoluzione del nome visto che egli scrive che il nome deriva dal fatto che nelle immediate vicinanze sono stati rinvenuti i resti di un antico muro. Molti geografi inoltre commisero il grossolano errore di confondere Aletium con Lupia, l'odierna Lecce (chiamata nei tempi più remoti Sibari e poi Lycia o Licea prima ancora di Lupia).

Le origini di Alezio però, ad oggi, sono per lo più ignote; taluni sostengono che il duce lietese Idomeneo, che invase con i suoi Cretesi le spiagge salentine, sia stato il fondatore di Alezio, ma in realtà, seppur dei documenti confermino tale fatto storico, non è specificato da nessuna parte di quale località si trattasse. E' altresì da rigettare la tesi che vuole Gallipoli edificata sulle rovine di Alezio. Infatti che Alezio venne distrutta è un fatto innegabile, ma che venne distrutta in epoca tanto remota sicché dalla sue rovine sarebbe sorta Gallipoli è un'assurdità, visto che già Plinio e prima ancora il Mela, scrivevano dell'esistenza sia di Aletium che di Callipolis. Allora a conferma della tesi che vuole Gallipoli sorta sulle rovine di Alezio, si può solo ipotizzare che dopo la distruzione di Alezio i suoi abitanti abbiano trovato riparo a Gallipoli, facendone aumentare la popolazione. Ma tale distruzione non avvenne di certo in epoca romana (sono state rinvenute anche delle monete di epoca romana dell'età imperiale) giacché ancora nel tavole del Peutingero, risalenti circa al 395 d.C. sono segnate ambedue le località. Le popolazioni salentine vissero piuttosto tranquille sino alle irruzioni dei Barbari alla fine del V sec. Caduto l'impero di Occidente, i Greci Augusti fecero il possibile per restare in queste terre così importanti, almeno sino all'avvento dei Normanni. Infatti, nonostante i Goti ed i Longobardi abbiano più volte occupato Taranto e Brindisi, non si registrarono loro tentativi di invasione del Salento per merito dei Greci. . Nulla però essi poterono dinanzi alla ferocia di Mori e Saraceni tra il IX e il X secolo; diverse città dopo i saccheggi non risorsero più o si ridimensionarono in piccoli villaggi o casali, cosa che probabilmente capitò anche ad Alezio.

Caduta Alezio, i suoi abitanti qua e là dispersi, ritornarono a coltivare il suolo della città natia, costruendo rustiche abitazioni che formarono nel complesso Casal d'Aletio, di cui si rinviene traccia nel 1567, nello stesso luogo ove sorgevano due chiese molto antiche, una dedicata a S. Pancrazio ed una a S. Pietro (apostolo che giunto dall'Oriente, si fermò a predicare a Gallipoli) detta "cucurizzuto" per la forma conica della copertura, simile a quella dei trulli. Non esistono testimonianze documentate che attestino vita nel sito dal periodo tardo romano sino al XII - XIII sec., quando fu edificata la chiesa di Santa Maria della Lizza.

Certamente le vicende di Alezio furono collegate a quella della vicina Gallipoli, sede vescovile con S. Pancrazio nel 551 d.C. Uno dei più importanti centri monastici, fondato dai Basiliani d'Oriente intorno all'anno 1000, fu quello di S. Mauro, sulla serra dell'Altolido a poca distanza da Gallipoli. Questi monaci reintrodussero in Terra d'Otranto il rito greco che gradualmente sostituì quello latino imposto da Normanni e Bizantini. L'impianto planimetrico a croce greca della chiesa della Lizza, avvalora l'ipotesi di un'origine del tempio non basiliana, ma precedente, ipotesi confermata dalla totale difformità tipologica della chiesa più propriamente basiliana. Con i Basiliani il tempio fu redatto al rito greco, e quindi affrescato sul perimetro interno con figure di santi della chiesa d'oriente. Dopo l'estate del 1268, Carlo d'Angiò cinge d'assedio Gallipoli che capitola solo nell'aprile dell'anno dopo; i castighi inflitti agli abitanti per la fedeltà al vecchi sovrano svevo, costrinsero all'abbandono della città ed a rifugiarsi ad Alezio per circa un secolo. Melezio, vescovo di Gallipoli, si prodigò nella ricostruzione della cattedrale di Alezio, tra la fine del XIII sec. e la prima metà del secolo successivo, ampliando la chiesa preesistente di S. Maria de Cruciata a cui fu aggiunto il titolo di S. Agata. Consistenti aggiunte alla struttura si realizzarono nei secoli a venire; sin dal 1576 fu edificato il palazzo vescovile e abbellita la chiesa, dapprima col vescovo Capece, poi con il Massa ed infine col Filomarini nel XVIII sec.. Le modifiche si conclusero nel XIX sec., ma questa stratificazione architettonica testimonianza della vita vissuta del monumento, fu completamente cancellata dal restauro della Sovrintendenza, tra il 1959 ed il 1961, che nella ricerca dell'unità stilistica romanica o gotica, demolì stratificazioni tardorinascimentali e barocche, compreso il campanile.

Il graduale rimpatrio dei gallipolini, grazie al periodo di tranquillità garantito dall'avvento degli Aragonesi, fece di Alezio un luogo destinato alla residenza estiva del clero. Nei primi anni del XVI sec. il territorio fu sottoposto al controllo degli Spagnoli che fecero di Gallipoli la loro roccaforte. Alezio, o meglio Casal d'Aletio, divenne un luogo insicuro, spesso teatro di scontri tra i Francesi (che stazionavano a Parabita) e Spagnoli; in proposito si ricorda la battaglia del 13 luglio 1523, in cui gli spagnoli sconfissero i Francesi e sul luogo dello scontro fecero edificare la Chiesa della Vittoria. L'altro motivo che provocò l'abbandono della campagna circostante Gallipoli, fu certamente la minaccia dell'armata turca che nel 1480 fu ad Otranto. Questa situazione di insicurezza e di instabilità socio - politica, provocò il riversarsi degli abitanti dell'ormai dimenticata Alezio, nelle sicure mura gallipoline, rese ancor più sicure dal taglio dell'istmo che legava la città alla terraferma (intervento progettato dai Veneziani che nel 1484 erano a Gallipoli e successivamente realizzato dagli Aragonesi). La definitiva sconfitta dei Turchi a Lepanto nel 1571, e lo stabilizzarsi della situazione politica, rese più tranquilli gli scambi commerciali via mare.

Ciò permise la nascita di una nuova classe sociale, ricco-borghese, che gradualmente si sostituirà a quella nobiliare. Le spinte controriformiste che dopo il Concilio di Trento pervasero l'ambiente ecclesiastico, stimolarono gli interventi seicenteschi di ristrutturazione ed abbellimento degli edifici sacri.

Il XVI sec. sarà un secolo di transizione che vedrà il delinearsi di diverse situazioni, come quella militare (sono documentati diversi interventi di ammodernamento sulla struttura di fortificazione gallipolina), quella commerciale, con i primi scambi dopo la scacciata del pericolo turco, ed infine quella politica con l'avvicendamento al potere della classe borghese alla classe nobiliare, le cui sorti e fortune erano in declino. La forza economica della classe emergente, indusse i nuovi signori locali ad utilizzare l'architettura quale manifesto della propria ricchezza. Cosicché, tra il terzo ed il quarto decennio del 1700, nella campagna circostante la Lizza, si costruirono ville signorili e residenze estive dette "casini".

Il barocco divenne il linguaggio architettonico ufficiale, utilizzato sia nella residenza urbana che in quella extraurbana e lo sfarzo nelle decorazioni fu proporzionale alla voglia di emergere socialmente. Le ville divennero isole immerse nel verde della campagna aletina: tra esse ricordiamo, Villa Valentini, Villa Teseo-Prandico, Villa Elia, Casino Senape-De Pace, Palazzo Tafuri. Questi casini di campagna ebbero un ruolo importantissimo nel secolo successivo, quando divennero le sedi delle riunioni segrete di sette massoniche e carbonare che attivamente parteciparono al Risorgimento Italiano. In particolare nelle ville di Alezio si decisero molte delle azioni mosse contro il governo francese instaurato con i moti del 1799, incoraggiate dai Borboni, esiliati in Sicilia da Napoleone.

Nel XVIII sec. un altro avvenimento ridette lustro al paese; Francesco Alemanno, detto il Picciotto, insieme ad altri latifondisti della zona, decisero di dare i loro terreni in enfiteusi ai contadini di Casal d'Alezio. Ciò ridette slancio alle attività agricole e commerciali ed il paese ricominciò a crescere e a riassumere l'importanza che aveva sempre avuto. In onore di colui che aveva permesso questo miracolo, Casal d'Alezio, cambiò il proprio nome in Villa Picciotti.

Nel 1838 fu iniziata la costruzione della Chiesa della Addolorata su progetto dell'arch. L. Turco: i lavori si conclusero nel 1875. Nel 1855, con Regio Decreto, il paese ottenne l'indipendenza da Gallipoli e l'autonomia amministrativa ed il 1 luglio 1873 un decreto firmato da Vittorio Emanuele II sanciva l'ulteriore cambiamento del nome della città che tornò ad essere Alezio.

Bibliografia:

AA.VV.
Gli insediamenti rupestri medievali nel Basso Salento - Galatina 1979

G. ARDITI
Geografia fisica e storica della provincia di Terra d'Otranto - Lecce 1879

M. BOLOGNESE
I palazzi dei secoli XVI-XIX a Gallipoli - Tesi di laurea 1991

S. BOLOGNESE
Alezio: note di toponomastica - Lecce 1978

N.M. CATALDI
Aletio illustrata - Alezio 1981 (ristampa opera del 1841)

C. DE GIORGI
La provincia di Lecce - Galatina (Le) 1975 (ristampa opera del 1888)

PRO LOCO DI ALEZIO
Alezio: integrazione storico-estetica di un monumento della Terra d'Otranto - Alezio 1992

B. RAVENNA
Memorie istoriche della città di Gallipoli - Bologna 1978 (ristampa 1836)

M.G. ZEZZA
Alezio: continuità di vita in un centro antico del Salento - Martina F. 1991

Il lavoro sviluppato in questo sito è frutto, oltre che dell'entusiasmo per questa mia prima esperienza in rete e dell'interesse per l'oggetto della ricerca, della preziosa, chiara e paziente collaborazione del Prof. Antonio DADDABBO. A lui vanno i miei più sentiti ringraziamenti per avermi insegnato a scoprire una nuova dimensione e per avermi rimandato all'importanza dell'apprendimento diretto ... a quella "scuola-bottega" di cui spesso ignoriamo il significato.
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14 Febbraio 2001