IL CUORE DI BARI VECCHIA: LA CATTEDRALE
Ed ecco in questa Bari antica, vecchia o medievale che dir si
voglia, lo spazio della cattedrale, il cuore pulsante, il tempo
simbolico dell'antichità della diocesi ma anche la testimonianza
di un medioevo disperso e ricostruito per anastilosi, di un barocco
che ha preso il posto dell'antico integrandosi in modo unitario
nell'edificio occhieggiando con discrezione nei portali, nei rosoni,
negli arredi della cripta che fingono di essere medievali ma che
sono solo fortunati sopravvissuti alla nostalgia dei restauri.
Una cattedrale che era di gran lunga il più antico e nobile
edificio della città, ma che ha dovuto fare i conti con
distruzioni, ricostruzioni, dispersione dei suoi arredi, accettando
di essere riedificata, a partire dalla fine del XII secolo, in
forme simili a S. Nicola senza poterne copiare fino in fondo le
novità strutturali. Sede dell' Arcivescovado, fu per secoli
il punto di riferimento indiscusso non solo per il clero diocesano
ma per tutta la classe dirigente cittadina, che per tradizione
riconosceva nell' Arcivescovo il proprio difensore; i maggiorenti,
i boni homines che reggevano la città, trovavano
in cattedrale il loro principale appoggio, e lì, rispondendo
al richiamo del loro pastore, usavano prendere le decisioni più
importanti, quelle che riguardavano il bene di tutti. Un ruolo
difficile, quello della cattedrale, nata come polo unico, e divenuto
in seguito complementare e alternativo alla basilica di S. Nicola,
chiesa regale riconosciuta come tale da tutte le dinastie; un
ruolo sempre contro le dominazioni di turno, pagato talora anche
a caro prezzo. La cattedrale di Bari, ovvero una storia fatta
dipoche notizie fondate (quasi una sorta di damnatio memoriae
all'interno delle secolari diatribe che la opposero da sempre
alla basilica nicolaiana) e moltissime ipotesi ed interpretazioni.
Da una parte gli scavi degli anni Sessanta-Settanta, dall'altra
gli studi più recenti, da questi ultimi senza dubbio stimolati,
ed il minuzioso riesame degli interventi restaurativi ed restitutivi
condotti negli ultimi cento anni talora con discutibile leggerezza.
Entrambi a smentire il favoloso castello di carte pazientemente
costruito dai vari storici e studiosi a partire dalla fine dell'
Ottocento. L'episcopio barese vagheggiato sull' onda della mitizzazione
allora in voga di tutto ciò che avesse sapore medioevale
vede qui dividersi le due strade: da un lato l'evidenza di una
preesistente costruzione, dall'altro l'edificio a noi pervenuto;
e tra i due, quello (o quelli) andato perduto. Alla luce del crollo
fortuito (luglio 1898) e della conseguente rimozione delle sovrastrutture
settecentesche della cupola, che restituirono le antiche strutture
dell'edificio medievale, si costruirono le più disparate
ipotesi su quella che doveva essere stata l'originaria conformazione
dell'episcopio barese, con riferimento alla redazione dell' arcivescovo
Bisanzio, essendo ancora sconosciuta l'esistenza del soccorpo
venuto alla 1uce dagli scavi.
Qualcuno evocava una chiesa bizantina
quadrata, a pianta centrale, estesa su una superficie corrispondente
più o meno ai due terzi delle navate attuali, qualcun altro
una improbabile pianta a "tau", ed un tentativo di ricostruzione
ideale smentito poi dagli scavi. Altri ancora avevano immaginato
un impianto basilicale di dimensioni ridotte rispetto all' attuale,
con transetto non aggettante, riconoscibile in gran parte nella
chiesa esistente; il Bernich ipotizzò addirittura una originaria
copertura di detta basilica in forma piana, a terrazza, «alla
maniera praticata dai popoli orientali» in luogo di quel
«tetto a testuggine» che doveva apparirgli forse incoerente
con il resto dell' edificio. Il quale, a suo dire, vide snaturate
le sue originarie belle linee e deturpato il suo apparato decorativo;
primo reo (in ordine di tempo) di queste «malaugurate trasformazioni»
addirittura Elìa, che avrebbe anche trasformato la pianta
da croce greca in latina, e prolungato la navata verso oriente;
Elìa, stimato come dotto ed intenditore di cose d' arte,
si sarebbe però guardato bene, a detta del Bernich, dal
coprire a tetto la chiesa come poi risultava dalle evidenze attuali,
perche mai avrebbe inteso celare alla vista il bellissimo tamburo;
questa ulteriore trasformazione è addebitata invece ad
un momento imprecisato di «decadenza per le arti, poiché
non si ebbe la coscienza esatta quanto male, facendo così,
si arrecava a questo insigne monumento». Non mancò
chi cercò invece di riconoscere, attraverso una lettura
attenta dell'edificio, le tracce visibili dell'edificio antico,
immaginato anch'esso come una basilica, a tre navi e tre absidi
a vista, transetto, a cui sarebbero stati aggiunti nel XII secolo
i falsi matronei, la cupola all' incrocio della nave trasversa
e le torri con il muro absidale, sulla scia di modelli già
diffusi in Terra di Bari, primo fra tutti S. Nicola.
Di certb
si sa che agli inizi dell'XI secolo esisteva a Bari una chiesa
di S. Maria sede dell'episcopio, distrutta nel 1034 per far posto
ad un edificio più consono all'accresciuta importanza della
città. L'edificio attuale però, dedicato a S. Sabino
in seguito alla miracolosa inventio delle spoglie del vescovo
canosino, è frutto di una successiva ricostruzione, all'indomani
della distruzione di Bari da parte del re normanno Guglielmo il
Malo, nel 1156; ripete infatti, nelle sue linee principali, il
modello di S. Nicola, anche se ha subìto nel corso dei
secoli numerose manomissioni, fino a giungere al rivestimento
barocco di tutte le strutture operato nel XVIII secolo dall' arcivescovo
Muzio Gaeta, e al ripristino in stile dell'assetto medievale iniziato
in questo secolo e conclusosi negli anni Cinquanta.
A complicare
tutto hanno contribuito anche le indagini archeologiche degli
anni Settanta, nelle quali si è riportato alla luce il
soccorpo della chiesa, un vasto ambiente a tre navate che si estende
per due terzi al di sotto della navata centrale, scandito da pilastri
quadrati che sostengono volte a crociera, che potrebbe essere
quel che resta dell'edificio premillenario. i resti di un mosaico
pavimentale con un' iscrizione parlano infatti di un certo vescovo
Andrea, che alcune fonti registrano come vissuto nell'VIII secolo,
benche per i suoi caratteri stilistici il mosaico sembrerebbe
essere anche più antico. All'interno della chiesa si conserva
oggi parte della suppellettile medievale ripristinata con i restauri,
tra cui il ciborio duecentesco di Alfano da Termoli, la recinzione
presbiteriale e 1'ambone; completamente perduto è lo scenografico
splendore settecentesco, la cui memoria è tuttavia affidata
al sontuoso rivestimento in marmi policromi della cripta, unico
ambiente che sia scampato al vagheggiamento dell' edificio medievale
iniziato già nell' Ottocento e alla dissennata furia del
ripristino successiva; ubicati altrove, infine, sono diversi pregevoli
dipinti cinque-seicenteschi, testimonianza di ricche e lungimiranti
committenze che avevano inteso abbellire con magnificenza la maggior
chiesa della città. Ma nonostante tutto, nonostante Bari
si ritrovi due patroni e due "cattedrali" , nonostante
la fama di san Nicola di Mira abbia varcato oceani e montagne
oscurando tutto il resto, a lei - la cattedrale "vera"
- resta oggi l'orgoglio di poter esibire l'unico campanile svettante
nel panorama della città vessillo e rivincita (solo parziale)
sulla sua lunga e tormentata vicenda.