I
COMPONENTI COSTRUTTIVI: LE PARTIZIONI INTERNE
(1°PARTE)
Prof.sa M.C.Torricelli
Le
pareti interne hanno delle problematiche un po’ ridotte rispetto agli altri
componenti che costituiscono l’apparato costruttivo di un edificio, però non
è nemmeno da sottovalutare il fatto che in fondo le pareti interne, determinata
la configurazione, l’organizzazione dello spazio di un edificio, sono quelle
che immediatamente si pongono a circoscrive lo spazio, dal momento che le
funzioni e le attività che vogliamo che si svolgano in quello spazio, vengono
stabilite con il progetto di massima e con le fasi preliminari del progetto. Le
pareti interne sono solo apparentemente un problema semplice, però a loro prima
di tutte, è dato il compito di rispondere ad una organizzazione degli spazi
conveniente allo svolgimento delle attività. Questo a maggior ragione negli
edifici nei quali, le pareti interne sono scaricate da altri problemi
tecnologici, quello ad esempio di essere anche elementi strutturali, per esempio
le murature portanti. Negli edifici a telaio in cemento armato, le pareti
interne sono elementi leggeri che possono essere disposti all’interno del
telaio travi-pilastri, secondo le necessità della progettazione funzionale e
spaziale. Lo si può vedere nel diagramma di Le Corbusier, che sta a
sottolineare proprio questo principio. Nel 1926 Le Corbusier nell’ambito degli
studi dell’architettura moderna si pone questa domanda: perché dobbiamo
dividere lo spazio in una maniera così schematica con i tramezzi, ora che
abbiamo la possibilità di gestire spazi completamente liberi, visto che esso è
segnato soltanto in alcuni punti ? Le pareti interne, allora potranno muoversi
secondo le esigenze delle attività, secondo le esigenze dei progetti, secondo
le volontà estetiche del progettista. Oggi noi, parlando di pareti interne,
pensiamo a degli edifici nei quali lo scheletro strutturale realizza i minimi
ingombri e tamponamenti e pareti interne vanno a collocarsi là dove la volontà
del progetto architettonico ne richiedono. Nell’ottica della libertà
dell’organizzazione degli spazi, per cui le pareti interne sono incaricate di
altre funzioni, che non quella di dividere e separare gli spazi, viene immediata
l’idea che si possa seguire un’analisi per organizzare le attività. Viene
spontanea una domanda: ma le attività nel tempo, ma addirittura certe volte
nella giornata, si modificano ? Lo spazio che si deve adeguare alle attività
diventa uno spazio flessibile ? Queste pareti devono essere organizzabili di
volta in volta a seconda delle esigenze delle attività ? Guardando un esempio
di una residenza parigina, progettata per famiglie che dovevano avvicendarsi in
questo immobile con tempi abbastanza brevi, si può vedere come è stata
ampiamente soddisfatta la flessibilità. In che modo ? Vedendo la pianta del
progetto, tutta la flessibilità sta in una parete scorrevole, che si può
aprire più o meno, a seconda che quello spazio sia adibito a zona letto o a
zona giorno con una flessibilità quindi abbastanza limitata. Dunque seguire le
attività non sempre può voler dire spostare le pareti. Intanto ci sono dei
vincoli che oltre a quelli strutturali, sono anche di tipo impiantistico, ma
soprattutto, dalla dotazione dei metri quadri disponibili. Le pareti interne
devono quindi seguire le funzioni, le attività dell’organizzazione dello
spazio, dimostrandosi disponibili ad aspetti diversi, a finiture diverse, ad
organizzazioni impiantistiche diverse. Questo è vero per le residenze, dove in
Italia, le soluzioni a muratura in laterizio sono comunque quelle che hanno
maggior peso sul mercato. Esiste però un altro settore di progettazione, nelle
quali ci possiamo domandare se possiamo utilizzare delle pareti più leggere.
Stiamo parlando di un settore pubblico, tipico degli uffici. Vedendo alcuni
esempi su questo argomento, essi risultano come un paesaggio aperto, a pianta
libera, distribuendo di volta in volta gli arredi, dando complessivamente una
struttura molto flessibile. Questi uffici, anni ’60 in Italia, sono andati via
via decadendo perché le pareti interne devono sì seguire le funzioni, ma
Le pareti interne qualificano lo spazio nell’atto
di separarlo e di organizzarlo. Vi è anche un’altra importante funzione, che
a volte viene dimenticata. Ci si preoccupa molto dell’isolamento termico,
della tenuta all’acqua, della tenuta all’aria delle facciate e delle
coperture, ma sempre più anche le pareti interne cominciano ad essere dei
connettivi tecnici ai quali attribuire una funzione che possa caratterizzare il
clima interno di un ambiente. Prima di tutto devono poter controllare il livello
acustico degli ambienti adiacenti di un edificio, dove si possono produrre
condizioni di rumore diverso. Il problema dell’acustica si sta facendo sempre
più rilevante e, forse, più del problema della rumorosità esterna si parla di
rumorosità di ambienti interni. Le pareti interne allora, così come per le
pareti esterne c’è prima di tutto un problema di isolamento termico, devono
essere studiate per un problema di isolamento acustico. Non si tratta solo di abbattimento del rumore, ma anche di creare una buona
acustica degli ambienti. La massa di una parete è uno dei principali
requisiti per ottenere un buon isolamento acustico.
Un altro fenomeno che riguarda la finitura, è quello
del contributo che le chiusure interne danno alla luminosità di un ambiente. In
genere, una parete bianca riflette circa il 70% della luce, in una rossa
riflette circa il 30%. Le pareti interne, che noi oggi presentiamo come pareti
in laterizio, vanno sempre pensate come supporti di finiture delle quali il
progettista può giocare con la propria libertà, con la propria capacità di
organizzare un ambiente attraverso le molteplici possibilità di finitura che
una parete in muratura può comportare. Uno dei vantaggi delle murature in
laterizio è proprio quello che non si è vincolati a rasature a gesso o a carte
da parati, ma si possono realizzare finiture anche abbastanza complesse, perché
sono pareti in grado di avere finiture in cemento, in gesso, a stucco, in
ceramica, e quindi finiture diverse.
L’ultimo fra i problemi prestazionali più
rilevante per i progetti delle pareti interne è il fatto che, così come devono
organizzare e dividere lo spazio, devono anche spesso costituire il supporto
agli impianti, anche se questo tema si cerca un po’ di capovolgerlo, perché
posizionare gli impianti all’interno della parete non rappresenta il luogo
migliore per il loro collocamento, perché hanno una vita inferiore rispetto al
loro supporto in laterizio. E’ certo comunque che almeno i gruppi terminali
degli impianti stanno sulle pareti interne, almeno nell’edilizia corrente. A
tutti i problemi visti fin ora è da aggiungere quello relativo
all’impiantistica. Questo è uno dei punti nodali dell’innovazione dei
prodotti di laterizio, perché nei riguardi della concorrenza il cartongesso,
sicuramente inferiore al laterizio da un punto di vista prestazionale, offre un
utilizzo più facile per il posizionamento degli impianti. Un’altra soluzione
può essere quella di portare gli impianti fuori dalle murature interne, ad
esempio in fase di recupero di edifici, e può trasformarsi anche in un tema di
architettura.
Per rispondere a queste richieste:
a)
controllo dell’ambiente
b)
separazione delle attività
c)
posizionamento
degli impianti, là dove servono
quali sono fondamentalmente le soluzioni tecniche
presenti sul mercato ?
La muratura in laterizio è fatta di blocchi che sono murati a malta verticale e a malta orizzontale, che vanno successivamente intonacate. L’intonacatura può presentarsi sì un buon vantaggio per il progettista, che può così scegliere una serie di soluzioni sulle finiture, ma è anche un punto debole per il cantiere perché richiede tempi di asciugatura più lunghi. Anche qui vi è un campo di innovazione, quali gli intonaci aerati, che asciugano prima, o gli intonaci alleggeriti che danno buoni risultati ma non impiegano troppo tempo per passare nella fasi successivi, quali messa in opera, rasature e fissatura. Altra soluzione disponibile è il cartongesso . In Italia questo materiale ha già conquistato il mercato del terziario, mentre in altri Paesi europei, in Francia in particolare, il cartongesso, occupa i 2/3 del mercato residenziale e quasi tutto il mercato del collettivo. Questo perché risultano non tanto una soluzione economica in termini assoluti, ma anche una soluzione più rapida. Nel terziario si ha un altro vantaggio, che è quello di poter aver la pianta libera e quindi di poter disporre di pareti in cartongesso molto flessibili, tali da permettere una suddivisione interna molto rapida. Se dal punto prestazionale il prodotto di laterizio offre più garanzie rispetto al cartongesso, da quello dell’operatività sul cantiere rende molto competitivo il prodotto di cartongesso sul mercato. La posa in opera del cartongesso è molto semplice, si realizza un telaio in acciaio zincato, con guida a terra e una guida superiore, incastrandovi i montanti; a seconda del numero dei montanti varia la rigidità della parete che si vuole ottenere. Successivamente si posa la prima lastra di cartongesso, si mettono le reti impiantistiche, i corrugati dell’impianto elettrico, si mette la seconda lastra, si avvita e si stuccano le teste delle viti e successivamente si fa la rasatura, ottenendo la parete finita.
In alcuni casi oggi le lastre sono lastre di gesso rinforzato con fibre di cellulosa ecc… secondo la tecnologia dei compositi, presenti anche nelle plastiche, quindi possiamo dire che anche la tecnica del cartongesso ha i suoi prodotti innovativi. Altro prodotto possibile per la sua rapidità di uso è il blocco do gesso. Sono pre-intonacati, si montano ad incastro e di varie colorazioni; ogni colore esprime il grado di garanzia del blocco in gesso in ambienti umidi, ci sono ad esempio blocchi di colore violetto per i bagni ecc….
La valutazione di una parete interna può essere fatta su delle prestazioni che riguardano il cosiddetto utente intermedio, cioè l’impresa. Una soluzione tecnica diventa competitiva sul mercato, non solo perché soddisfa gli utenti, ma anche perché e vincente nel momento della costruzione nel cantiere. Quindi se una impresa può costruire più rapidamente mettendo in campo meno operai, si avranno meno problemi di interfaccia fra operai di diversi mestieri, gli intonacatori, i verniciatori, gli impiantisti ed i muratori. E’ chiaro che si tende ad una soluzione tecnica piuttosto che ad un’altra, magari anche a pena di perdita di qualche prestazione. C’è sempre anche una valutazione di costruibilità, cioè propria operatività in cantiere. Per fare una parete interna in laterizio, ci vogliono almeno tre squadre di muratori diverse. Tutte queste operazioni sicuramente allungano i tempi ed inoltre richiedono una buona organizzazione del lavoro. E’ un problema quindi essenzialmente di sequenze operative. Si può dunque continuare ad usare il prodotto tradizionale e inventarsi un modo di organizzarlo in cantiere, magari insegnando al muratore come inserire l’impianto elettrico nelle murature.
Per le pareti in cartongesso, avviene proprio in questo modo, ovvero vi è un’unica squadra che fa tutto quanto, ciò implica una sequenza in cantiere più facile da seguire. Con i forati si realizzano circa 32 m 2 al giorno di parete, mentre con il cartongesso circa 16 m2 al giorno di parete finita.
Con il termine forati di laterizio, si possono creare degli equivoci perché, secondo la normativa UNI si chiamano forati di laterizio tutti i prodotti che hanno una percentuale di foratura superiore al 55%, mentre nel D.M. 20.11.1987 sulle “Norme tecniche per l a progettazione, esecuzione e collaudo degli edifici in muratura e per il loro consolidamento”, per elementi resistenti (idonei a realizzare murature portanti), si intendono i prodotti che hanno una percentuale di foratura compresa fra il 45% e il 55%. Per foratura ci si riferisce alla sezione trasversale dell’elemento e all’incidenza dei vuoti sui pieni. La normativa regola anche gli spessori minimi di un prodotto di laterizio, perché se troppo sottili si possono facilmente infrangere. Leggerezza e pesantezza, giocano un ruolo importante in questi prodotti, si parla di leggerezza in quanto dev’essere maneggevole e, con il suo peso non deve incidere sul solaio, e di pesantezza in quanto deve offrire una resistenza al rumore e ad eventuali fessurazioni dovute a deformazioni possibili di un solaio.
Questi prodotti vengono realizzati per estrusione, di reticolo regolare, con setti sfalsati o a setti più piccoli o più grandi. Queste diversificazioni permettono un migliore ancoraggio dei tasselli e una maggiore resistenza al flusso termico.
Un prodotto affine è il tavellone, che nasce inizialmente come elemento per i solai o per gli impalcati perché offre una certa resistenza alla flessione, ma viene però anche utilizzato insieme ai laterizi come rivestimento di alcune zone, in quanto ha uno spessore molto ridotto, intorno ai 6 cm. Esiste anche ora un prodotto più evoluto, che è dato dal tavellone gessato, ovvero un normale tavellone rivestito in gesso.
TIPOLOGIE DI PARETI IN LATERIZIO FORATO
1) PARETI SEMPLICI, costituite da un unico strato murario, con il mattone messo di foglio o di taglio;
2) PARETE DOPPIA, costituita da due strati murari distinti, di spessore uguale o diverso e con intercapedine interposta;
3) PARETI COMPOSTE, quando si realizza una controparete di una parete realizzata con altro materiale;
Le tipologia 2 e 3 vengono utilizzate anche come pareti esterne, realizzando pareti doppie con coibente termico e/o acustico. Tutte le caratteristiche dei materiali devono essere certificate.
LIVELLI PRESTAZIONALI
Le pareti interne non portano il carico di altre opere, ma devono portare correttamente il proprio e possono essere soggette a dei carichi accidentali, come le spinte laterali. Essendo però, le pareti interne, contenute in un telaio in c.a., esse non devono fessurarsi quando il telaio subisce i cedimenti dovute alle piccole deformazioni, o ad eventi eccezionali quali i terremoti. In proposito esiste una norma sulle opere in c.a. che limita le frecce delle travi in c.a. in funzione dei carichi permanenti e dei carichi accidentali. A questi limiti debbono rifarsi come compatibili i tamponamenti e le ripartizioni interne realizzate in elementi forati, permettendone la deformazione, senza che questa provochi lesioni all’elemento in laterizio. Questo problema può essere risolto, posizionando dei giunti al contorno della parete. Un’altra pratica è quella di incominciare a murare dagli ultimi piani, scendendo progressivamente. L’ultimo D.M. 16/1/96 sulle zone sismiche da dei limiti dimensionali anche per le pareti non portanti. Per pareti >4.00 metri di altezza e con una superficie di 20 m2 devono essere realizzate pareti con uno spessore minimo di 8 cm, e irrigidite con elementi verticali posti ad interasse non superiore ai 3 metri. Un’altra forma di irrigidimento è quello di collegare la controparete più sottile all’altra attraverso una serie di staffe metalliche, in maniera tale da ottenere una collaborazione fra le stesse. Quest’ultima soluzione a fronte del problema di stabilità, pone qualche problema rispetto ad altri aspetti; i collegamenti meccanici fra le due parti, riducono la capacità di isolamento termico ed acustico dei due tavolati. Tutto va dunque bilanciato. Le pareti interne inoltre devono avere una certa resistenza al fuoco, questa assicurata dai tipi di materiali utilizzati; il laterizio è incombustibile e in caso di incendio non emette gas e sostanze tossiche. La resistenza al fuoco concerne la stabilità (R), la tenuta (E) e l’isolamento termico (I) di un elemento costruttivo investito dall’incendio e si esprime in funzione del tempo durante il quale tali prestazioni sono mantenute, misurato in minuti.
Il rischio di formazione di condensa non è per lo più alto per le pareti interne. Per evitare fenomeni di condensazione superficiale è sufficiente verificare che la temperatura superficiale sia maggiore della temperatura di condensazione per le condizioni climatiche in esame. La verifica si compie per via grafica o di calcolo.
La resistenza agli urti delle pareti va considerata sia ai fini della sicurezza degli utenti che ai fini del mantenimento dell’integrità. Inoltre il divisorio non deve subire deterioramenti o danni sotto l’azione di carichi applicati a dispositivi di sospensione o fissaggio di contenitori o attrezzature di uso domestico.