I MATERIALI TRA TRADIZIONE ED INNOVAZIONE :

LE CALCI E I CEMENTI

Prof.re  P.Abbatichio

          Nelle opere edili, si utilizzano due tipi di leganti, i leganti aerei e i leganti idraulici. I primi fanno presa ed induriscono in esclusiva presenza d’aria, mentre i secondi eseguono il ciclo presa/indurimento anche se immersi in acqua. Possiamo fare un’ulteriore classificazione sia per i leganti aerei che per i leganti idraulici. I primi si distinguono principalmente in calce idrata e in gesso, mentre i secondi si riconoscono principalmente nel cemento Portland.

Ognuno di questi leganti ha un proprio tempo di presa e di indurimento, ed è solo dopo questi processi che essi raggiungono le proprie caratteristiche di resistenza. La fase di presa è quella corrispondente alla perdita d’acqua d’impasto da parte del legante e di conseguenza viene a perdere in modo progressivo la sua lavorabilità a vantaggio della rigidità facendo presa con gli inerti e con i materiali con cui è in contatto. Altresì, la fase di indurimento è molto più lunga di quella di presa, ed e in questo tempo, che il materiale, già asciutto, acquista la sua tipica resistenza, solo dopo 6-7 mesi, come avviene per alcuni cementi.

Scendendo nel particolare, possiamo parlare della calce idrata, che ha come sua materia prima la pietra calcarea o tecnicamente detta carbonato di calcio(CaCO3) che segue un processo di trasformazione molto costoso, per la quantità di energia da produrre, anche se poi la materia prima è molto economica ed abbondante in natura.

La pietra calcarea viene macinata ed in seguito cotta in appositi forni, dando luce all’ossido di calcio(CaO) o Calce viva. Essendo la struttura cristallina della calce viva molto più disordinata e microscopica, rispetto al calcare iniziale, l’ossido di calcio ora può subire una nuova macinazione, per renderla più fine e più facile da idratare con acqua, per avere come prodotto finale la calce idrata [Ca(OH)2]. 

I costi di produzione pur non essendo legati al reperimento della materia prima sono comunque scaturiti dalla complicata lavorazione, che richiede, da parte dei tecnici, una buona conoscenza dei materiali. Inoltre i costi variano fortemente in base al tipo di calcare utilizzato ed alla sua purezza, oltre che per il metodo di cottura usato , per finire con i costi di idratazione dell’ossido di calcare.

Esistendo in natura vari tipi di calcare, noi dovremmo scegliere quello che più ci agevolo nel processo produttivo. Infatti ne esistono di non molto compatti, che sono formati da una struttura microcristallina facilmente macinabile, e quindi più economici. Esistono anche calcari con struttura macrocristallina molto difficile da spezzare, per cui vengono usati in edilizia senza subire un processo di trasformazione chimica vale a dire i marmi che si formano sotto l’azione delle grandi pressioni.

Come abbiamo detto anche l’indice di purezza della materia prima incide fortemente sui prezzi. Intendiamo come elementi impuri del calcare la silice, l’ossido di ferro ed il carbonato di magnesio. Quest’ultimo è il più preoccupante, sia per la facilità con cui esso si trova combinato con il calcio, tanto da esistere in natura minerali caratterizzati dalla contemporanea presenza di carbonato di calcio che di magnesio, come la dolomite. Inoltre se tali impurità di magnesio fossero alte, essendo a livello atomico, gli ioni del calcio e del magnesio, molto simili, in fase di cottura dei calcari, si verrebbe a formare un ossido misto di calcio e magnesio che procurerebbe notevoli problemi nelle fasi successive. Infatti l’ossido di magnesio cuoce ad una temperatura di 600° C, mentre l’ossido di calcio si cuoce intorno hai 900°C, quindi dovendo raggiungere una temperatura di 900°C, per cuocere la calce, si verrebbe, in senso metaforico, a scuocere l’ossido di magnesio, che quindi a fine cottura avrebbe riassunto una forma molecolare macrocristallina che andrebbe ad inibire l’idratazione di tutta la pasta calcica, aumentando i costi di produzione e abbassando la qualità della calce.

Scendendo più nel particolare si può dire che la cottura dell’ossido di calce avviene in forni verticali, in cui vengono immessi alternativamente, dall’alto, quantità di calcare e quantità di combustibile, per lo più carbone. Essendoci all’interno del forno una certa miscelazione tra carbone e calcare, a fine processo potremmo ritrovarci nella calce viva delle impurità date dalle ceneri.

Per tale ragione oggi, il forno di cottura delle calci, è verticale ma in esso viene immesso solo il calcare, che viene cotto in maniera indiretta dai vapori caldi dei combustibili, che filtrati dalle ceneri, vengono immessi in tale forno principale.

Dopo la cottura, l’ossido di calcio viene macinato finemente per essere poi messo in grosse vasche ed idratato con acqua. Questa provoca calore, che viene utilizzato come energia per riscaldare l’acqua di idratazione.

In tale fase si usa acqua calda perché essa rallenta il processo, in modo da assicurare l’idratazione su quasi tutto il materiale, che viene anche miscelato a tal scopo. In seguito l’impasto viene posto in un silos di maturazione e, successivamente, viene selezionata e venduta in diverse tipologie in base alla qualità. Il fior di calce è il materiale di miglior qualità, per cui è usata per opere di rifinitura, come gli intonaci, mentre si distingue da essa la calce per costruzioni di qualità scadente, usata in grandi quantità per rendere al meglio. Oggi  in vendita è posta calce idrata, che con dei quantitativi stechiometrici di acqua, viene trasformata in cantiere in grassello. La calce idrata è già reperibile sul mercato come grassello, ovvero con un contenuto eccessivo di acqua necessario per la lavorazione. In passato era venduto solo l’ossido di calcio, che veniva idratato in cantiere.

Elementi caratteristici delle calci idrate sono la resa in grassello, che è dipendente dall’acqua necessaria per raggiungere una plasticità affinché la polvere di calce diventi lavorabile.. Tale rapporto più è alto e tanto più la calce è buona dato che più volume di grassello si produce. Poi vi è la densità che è un indice del grado di idratazione. La finezza di macinazione è un altro parametro molto importante, perché tanto più fini sono i granelli della calce, tanto maggiori sono le possibilità di avere migliori caratteristiche leganti, aumentando così anche la bagnabilità di tutte le pari della calce,  avendo anche una migliore spalmabilità del legante. Su questa caratteristica incide molto la superficie specifica della calce, essa infatti è un indicatore del tempo di presa delle calci.

Esse , dopo la messa in opra, cominciano a fare presa, ovvero perdono l’eccessiva quantità di acqua, consecutivamente perdono anche il loro stato plastico a vantaggio di uno più rigido. Dopo questa fase di presa, che non è istantanea, soggiunge quella di indurimento che è in pratica l’acquisizione di resistenza della calce nel tempo, con l’occlusione dei micropori che sono presenti a livello molecolare, per cui più questi fori si occludono tanto più la calce acquista resistenza. Tale processo avviene a causa della trasformazione del idrossido di calcio, che reagendo col CO2 presente nell’aria, ritorna ad essere carbonato di calcio, ovvero pietra calcarea.

L’altro legante aereo per antonomasia  è il gesso. Per il suo confezionamento viene usato il solfato di calcio che viene trasformato in emidrato, dopo una cottura a 120°C, quindi quando viene impastato con l’acqua ri-subisce la trasformazione in gesso, solfato di calcio biidrato .

Tale trasformazione avviene con la formazione di aghi apiculati, che si pongono come elemento di unione molto saldo tra le varie particelle, rendendo i gessi più resistenti delle calci, ma comportano un difetto, ovvero un notevole aumento di volume in fase di idratazione del gesso. Per tale motivo il dosaggio di gesso viene sempre sottostimato. Inoltre esso si idrata anche con la sola umidità presente nell’aria, ecco perché esso, come la calce, non è mai usato in ambienti molto umidi, perché pur conservandosi bene all’aria, esso e praticamente solubile in acqua.

Passiamo ora alla descrizione del legante idraulico più noto ovvero il cemento portaland. Esso come tutti i legati idraulici non è solubile in acqua, in particolare il portalnd è la risposta industriale al più naturale cemento pozzolanico. Qui le materie prime sono due, anche se molto economiche ed abbondanti in natura, ovvero si usano calcare, come nella calce idrata, ed argilla, formata essenzialmente da silice e allumina. Dopo la macinazione del calcare, entrambe le materie prime vengono caricati in un forno per ottenere il Clinker di portaland, molto simile a quello ceramico. La cottura di calcare e argilla avviene ad una temperatura di 1400°¸1500°C per ottenere i quattro elementi che costituiscono il clinker, ovvero, silicato tricalcico (C3S), silicato bicalcico (C2S), alluminato tricalcico (C3A) ed alluminoferite tetracalcico (C4AF), con aggiunta di solfato di calcio biidrato, gesso, che fa da regolatore di presa per il portalnd.

Come al solito, nella produzione del cemento, gran parte dei costi sono dovuti al produzione di energia necessaria per poter riscaldare il forno. Questi forni sono cilindrici e leggermente inclinati sull’orizzontale ed inoltre il loro fusto è sottoposto ad una rotazione continua attorno al proprio asse in maniera che le materie prime immesse dall’alto nel forno, da cui oltretutto fuoriescono i fumi ad una temperatura di circa 250°C, possano miscelarsi bene ed in maniera tale che la cottura sia graduale con lo scivolamento verso in basso del clinker. Forni di questa specie hanno un fusto lungo circa cento metri, ma consentono una ottimizzazione sulla trasformazione del materiale avendo una resa del 96%.

E’ da considerare anche che un pre riscaldamento delle materie prime può essere effettuato con i gas di scarico della combustione che recuperati portano le materie prime ad una temperatura di circa 170°C all’imboccatura del forno. Oggi comunque esistono tanti espedienti che hanno come fine il pre riscaldamento delle materie prime, tanto che oggi il fusto dei forni di cottura si è ridotto a trenta metri.

Il processo produttivo continua con la macinazione del clinker  nei mulini a sfere, è anche in questa fase che viene aggiunto il 3,5% di gesso, rispetto alla massa del clinker, che come abbiamo già detto,  funziona da regolatore della presa.

Nella posa in opera si mescolano, in giusti rapporti, il cemento con inerti ed acqua cosi da formare, a fine presa, un prodotto insolubile che sviluppando silicato di calcio, i cosiddetti geli,  che aderendo bene agli inerti rendono la massa cementizia simile, per proprietà meccaniche, a quello di un monoblocco di pietra. La trasformazione, dunque, coinvolge i silicati di calcio tramite una reazione di idrolisi, formando i geli, ovvero si ha il processo di gelidobelomrite, avendo da essi una calce di idrolisi, che compone la massa cementizia per il 25%. Subisce una trasformazione anche il C3A, che è circa il 7% del totale sul cemento. La presa è dovuta proprio alla perdita di acqua da parte di questo, che inizia tale processo molto prima rispetto ai silicati di calcio, e se non vi fosse il gesso , l’indurimento sarebbe quasi istantaneo.

Comunque sia la massima resistenza meccanica si sviluppa entro 6¸7 mesi, un anno . Però le strutture in cls vengono disarmate gia dopo 28 giorni, perché gran parte della resistenza meccanica si sviluppa in tale lasso di tempo grazie anche alla grande quantità di C3S, in misura del 60%, rispetto al contributo più lento del C2S, che è presente solo per il 20%.

La natura grigiastra del cemento è dovuta alla presenza del ferro.

Vi sono innumerevoli cementi ricavati da quello Portland come il cemento bianco. Esso viene usato per scopi decorativi, essendo di colore bianco. Tale tinta è dovuta all’eliminazione del ferro, che viene sostituito con un costosissimo elemento del fluoro, la criolite, che supplisce alla mancanza di ferro così che i cementi bianchi hanno le stesse caratteristiche meccaniche dei Portland.

Lavorando sulla farina di Portland si possono ottenere dei cementi molto più resistenti ed indicati per opere aventi dei getti molto grandi in sezione, questi sono i cementi ferrici. In essi vengono ridotte le quantità di C3A, che nella fase di indurimento sviluppa tropo calore dilatandosi enormemente per poi ridursi. Questo sarebbe ininfluente su normali strutture edili, ma e un gap sensibile su strutture come ponti o viadotti, con grosse colate di cemento in cui alti dilatazioni porterebbero a tensioni notevoli nella struttura. Gli stessi effetti sono prodotti dal C3S, anche se più dilazionati nel tempo, per cui si preferisce ridurre anche questo.

Il C3A si riduce trasformandolo in, C4AF che nei Portland normali si forma a spese del CF e del C3A, ma essendo naturalmente poca la quantità di CF, in tali cementi se ne aumenta la quantità in modo che tutto il C3A diviene C4AF. Similmente anche il C3S si riduce , che formandosi naturalmente a spese del C2S+CO, per cui diminuendo il CO presente, avrò una minore quantità di C3S.

Combinando il clinker con altri elementi si ottengono altri tipi di cementi come ad esempio i pozzolanici e quelli d’altoforno. Entrambi hanno la caratteristica di non subire azione deleteria da parte dell’acqua. Nei primi, la pozzolana libera il clinker dalla calce, elemento che si disgrega in presenza di acqua, dissolvendo anche il cemento, inoltre esso ne aumenta la velocità di presa. La pozzolana è formata da silice e allumina, la loppa, ed è un prodotto di eruzione vulcanica. Essendo rara in natura molte volte viene sostituita con prodotti di sintesi industriale, ovvero le ceneri volanti e i fumi di silice ed i depositi di silice e allumina temperati di un altoforno.

Tali cementi, pur non raggiungendo le resistenze meccaniche dei pozzolanici, sviluppano resistenze meccaniche non indifferenti, mantenendo inoltre l’inattaccabilità da parte dell’acqua.