I MATERIALI TRA
TRADIZIONE ED INNOVAZIONE :
LE CALCI E I
CEMENTI
Ognuno
di questi leganti ha un proprio tempo di presa e di indurimento, ed è solo dopo
questi processi che essi raggiungono le proprie caratteristiche di resistenza.
La fase di presa è quella
corrispondente alla perdita d’acqua d’impasto da parte del legante e di
conseguenza viene a perdere in modo progressivo la sua lavorabilità a vantaggio
della rigidità facendo presa con gli inerti e con i materiali con cui è in
contatto. Altresì, la fase di indurimento è molto più lunga di quella di
presa, ed e in questo tempo, che il materiale, già asciutto, acquista la sua
tipica resistenza, solo dopo 6-7 mesi, come avviene per alcuni cementi.
Scendendo
nel particolare, possiamo parlare della calce
idrata, che ha come sua materia prima la pietra
calcarea o tecnicamente detta carbonato
di calcio(CaCO3) che
segue un processo di trasformazione molto costoso, per la quantità di energia
da produrre, anche se poi la materia prima è molto economica ed abbondante in
natura.
La
pietra calcarea viene macinata ed in seguito cotta in appositi forni, dando luce
all’ossido di calcio(CaO) o Calce
viva. Essendo la struttura
cristallina della calce viva molto più disordinata e microscopica, rispetto al
calcare iniziale, l’ossido di calcio ora può subire una nuova macinazione,
per renderla più fine e più facile da idratare con acqua, per avere come
prodotto finale la calce idrata [Ca(OH)2].
I
costi di produzione pur non essendo legati al reperimento della materia prima
sono comunque scaturiti dalla complicata lavorazione, che richiede, da parte dei
tecnici, una buona conoscenza dei materiali. Inoltre i costi variano fortemente
in base al tipo di calcare utilizzato ed alla sua purezza, oltre che per il
metodo di cottura usato , per finire con i costi di idratazione dell’ossido di
calcare.
Esistendo in natura vari tipi di calcare, noi dovremmo scegliere quello che più ci agevolo nel processo produttivo. Infatti ne esistono di non molto compatti, che sono formati da una struttura microcristallina facilmente macinabile, e quindi più economici. Esistono anche calcari con struttura macrocristallina molto difficile da spezzare, per cui vengono usati in edilizia senza subire un processo di trasformazione chimica vale a dire i marmi che si formano sotto l’azione delle grandi pressioni.
Come
abbiamo detto anche l’indice di purezza della materia prima incide fortemente
sui prezzi. Intendiamo come elementi impuri del calcare la silice, l’ossido di ferro ed il carbonato
di magnesio. Quest’ultimo è il
più preoccupante, sia per la facilità con cui esso si trova combinato con il
calcio, tanto da esistere in natura minerali caratterizzati dalla contemporanea
presenza di carbonato di calcio che di magnesio, come la dolomite. Inoltre se
tali impurità di magnesio fossero alte, essendo a livello atomico, gli ioni del
calcio e del magnesio, molto simili, in fase di cottura dei calcari, si verrebbe
a formare un ossido misto di calcio e magnesio che procurerebbe notevoli
problemi nelle fasi successive. Infatti l’ossido di magnesio cuoce ad una
temperatura di 600° C, mentre l’ossido di calcio si cuoce intorno hai 900°C,
quindi dovendo raggiungere una temperatura di 900°C, per cuocere la calce, si
verrebbe, in senso metaforico, a scuocere l’ossido di magnesio, che quindi a
fine cottura avrebbe riassunto una forma molecolare macrocristallina che
andrebbe ad inibire l’idratazione di tutta la pasta calcica, aumentando i
costi di produzione e abbassando la qualità della calce.
Scendendo
più nel particolare si può dire che la cottura dell’ossido di calce avviene
in forni verticali, in cui vengono immessi alternativamente, dall’alto,
quantità di calcare e quantità di combustibile, per lo più carbone. Essendoci
all’interno del forno una certa miscelazione tra carbone e calcare, a fine
processo potremmo ritrovarci nella calce viva delle impurità date dalle ceneri.
Per
tale ragione oggi, il forno di cottura delle calci, è verticale ma in esso
viene immesso solo il calcare, che viene cotto in maniera indiretta dai vapori
caldi dei combustibili, che filtrati dalle ceneri, vengono immessi in tale forno
principale.
Dopo
la cottura, l’ossido di calcio viene macinato finemente per essere poi messo
in grosse vasche ed idratato con acqua. Questa provoca calore, che viene
utilizzato come energia per riscaldare l’acqua di idratazione.
In
tale fase si usa acqua calda perché essa rallenta il processo, in modo da
assicurare l’idratazione su quasi tutto il materiale, che viene anche
miscelato a tal scopo. In seguito l’impasto viene posto in un silos di
maturazione e, successivamente, viene selezionata e venduta in diverse tipologie
in base alla qualità. Il fior di calce
è il materiale di miglior qualità, per cui è usata per opere di rifinitura,
come gli intonaci, mentre si distingue da essa la calce per costruzioni di
qualità scadente, usata in grandi quantità per rendere al meglio. Oggi
in vendita è posta calce idrata, che con dei quantitativi stechiometrici
di acqua, viene trasformata in cantiere in grassello.
La calce idrata è già reperibile sul mercato come grassello, ovvero con un
contenuto eccessivo di acqua necessario per la lavorazione. In passato era
venduto solo l’ossido di calcio, che veniva idratato in cantiere.
Elementi
caratteristici delle calci idrate sono la
resa in grassello, che è
dipendente dall’acqua necessaria per raggiungere una plasticità affinché la
polvere di calce diventi lavorabile.. Tale rapporto più è alto e tanto più la
calce è buona dato che più volume di grassello si produce. Poi vi è la
densità che è un indice del
grado di idratazione. La finezza di macinazione è un altro parametro molto importante, perché
tanto più fini sono i granelli della calce, tanto maggiori sono le possibilità
di avere migliori caratteristiche leganti, aumentando così anche la bagnabilità
di tutte le pari della calce, avendo
anche una migliore spalmabilità del legante. Su questa caratteristica incide
molto la superficie specifica della
calce, essa infatti è un indicatore del tempo di presa delle calci.
Esse
, dopo la messa in opra, cominciano a fare presa, ovvero perdono l’eccessiva
quantità di acqua, consecutivamente perdono anche il loro stato plastico a
vantaggio di uno più rigido. Dopo questa fase di presa, che non è istantanea,
soggiunge quella di indurimento che è in pratica l’acquisizione di resistenza
della calce nel tempo, con l’occlusione dei micropori che sono presenti a
livello molecolare, per cui più questi fori si occludono tanto più la calce
acquista resistenza. Tale processo avviene a causa della trasformazione del
idrossido di calcio, che reagendo col CO2 presente nell’aria,
ritorna ad essere carbonato di calcio, ovvero pietra calcarea.
L’altro
legante aereo per antonomasia è il
gesso. Per il suo
confezionamento viene usato il solfato di calcio che viene trasformato in
emidrato, dopo una cottura a 120°C, quindi quando viene impastato con l’acqua
ri-subisce la trasformazione in gesso, solfato di calcio biidrato .
Tale trasformazione avviene con la formazione di aghi
apiculati, che si pongono come elemento di unione molto saldo tra le varie
particelle, rendendo i gessi più resistenti delle calci, ma comportano un
difetto, ovvero un notevole aumento di volume in fase di idratazione del gesso.
Per tale motivo il dosaggio di gesso viene sempre sottostimato. Inoltre esso si
idrata anche con la sola umidità presente nell’aria, ecco perché esso, come
la calce, non è mai usato in ambienti molto umidi, perché pur conservandosi
bene all’aria, esso e praticamente solubile in acqua.
Passiamo
ora alla descrizione del legante idraulico più noto ovvero il
cemento portaland.
Esso come tutti i legati idraulici non è solubile in acqua, in particolare il
portalnd è la risposta industriale al più naturale cemento
pozzolanico. Qui le materie prime
sono due, anche se molto economiche ed abbondanti in natura, ovvero si usano
calcare, come nella calce idrata, ed argilla, formata essenzialmente da silice e
allumina. Dopo la macinazione del calcare, entrambe le materie prime vengono
caricati in un forno per ottenere il Clinker
di portaland, molto simile a
quello ceramico. La cottura di calcare e argilla avviene ad una temperatura di
1400°¸1500°C per ottenere i quattro elementi che
costituiscono il clinker, ovvero, silicato
tricalcico (C3S), silicato bicalcico (C2S),
alluminato tricalcico (C3A) ed alluminoferite
tetracalcico (C4AF), con aggiunta di solfato di calcio biidrato,
gesso, che fa da regolatore di presa per il portalnd.
Come
al solito, nella produzione del cemento, gran parte dei costi sono dovuti al
produzione di energia necessaria per poter riscaldare il forno. Questi forni
sono cilindrici e leggermente inclinati sull’orizzontale ed inoltre il loro
fusto è sottoposto ad una rotazione continua attorno al proprio asse in maniera
che le materie prime immesse dall’alto nel forno, da cui oltretutto
fuoriescono i fumi ad una temperatura di circa 250°C, possano miscelarsi bene
ed in maniera tale che la cottura sia graduale con lo scivolamento verso in
basso del clinker. Forni di questa specie hanno un fusto lungo circa cento
metri, ma consentono una ottimizzazione sulla trasformazione del materiale
avendo una resa del 96%.
E’
da considerare anche che un pre riscaldamento delle materie prime può essere effettuato
con i gas di scarico della combustione che recuperati portano le materie prime
ad una temperatura di circa 170°C all’imboccatura del forno. Oggi comunque
esistono tanti espedienti che hanno come fine il pre riscaldamento delle materie
prime, tanto che oggi il fusto dei forni di cottura si è ridotto a trenta
metri.
Il
processo produttivo continua con la macinazione del clinker
nei mulini a sfere, è anche in questa fase che viene aggiunto il 3,5% di
gesso, rispetto alla massa del clinker, che come abbiamo già detto,
funziona da regolatore della presa.
Nella
posa in opera si mescolano, in giusti rapporti, il cemento con inerti ed acqua
cosi da formare, a fine presa, un prodotto insolubile che sviluppando silicato
di calcio, i cosiddetti geli, che aderendo bene
agli inerti rendono la massa cementizia simile, per proprietà meccaniche, a
quello di un monoblocco di pietra. La trasformazione, dunque, coinvolge i
silicati di calcio tramite una reazione di idrolisi, formando i geli, ovvero si
ha il processo di gelidobelomrite, avendo da essi una calce di idrolisi, che
compone la massa cementizia per il 25%. Subisce una trasformazione anche il C3A,
che è circa il 7% del totale sul cemento. La presa è dovuta proprio alla
perdita di acqua da parte di questo, che inizia tale processo molto prima
rispetto ai silicati di calcio, e se non vi fosse il gesso , l’indurimento
sarebbe quasi istantaneo.
Comunque
sia la massima resistenza meccanica si sviluppa entro 6¸7
mesi, un anno . Però le strutture in cls vengono disarmate gia dopo 28 giorni,
perché gran parte della resistenza meccanica si sviluppa in tale lasso di tempo
grazie anche alla grande quantità di C3S, in misura del 60%,
rispetto al contributo più lento del C2S, che è presente solo per
il 20%.
La
natura grigiastra del cemento è dovuta alla presenza del ferro.
Vi
sono innumerevoli cementi ricavati da quello Portland come il cemento
bianco. Esso viene usato per
scopi decorativi, essendo di colore bianco. Tale tinta è dovuta
all’eliminazione del ferro, che viene sostituito con un costosissimo elemento
del fluoro, la criolite, che supplisce alla mancanza di ferro così che i
cementi bianchi hanno le stesse caratteristiche meccaniche dei Portland.
Lavorando
sulla farina di Portland si possono ottenere dei cementi molto più resistenti
ed indicati per opere aventi dei getti molto grandi in sezione, questi sono i cementi
ferrici. In essi vengono ridotte le quantità di C3A, che nella
fase di indurimento sviluppa tropo calore dilatandosi enormemente per poi
ridursi. Questo sarebbe ininfluente su normali strutture edili, ma e un gap
sensibile su strutture come ponti o viadotti, con grosse colate di cemento in
cui alti dilatazioni porterebbero a tensioni notevoli nella struttura. Gli
stessi effetti sono prodotti dal C3S, anche se più dilazionati nel
tempo, per cui si preferisce ridurre anche questo.
Il
C3A si riduce trasformandolo in, C4AF che nei Portland
normali si forma a spese del CF e del C3A, ma essendo naturalmente
poca la quantità di CF, in tali cementi se ne aumenta la quantità in modo che
tutto il C3A diviene C4AF. Similmente anche il C3S
si riduce , che formandosi naturalmente a spese del C2S+CO, per cui
diminuendo il CO presente, avrò una minore quantità di C3S.
Combinando
il clinker con altri elementi si ottengono altri tipi di cementi come ad esempio
i pozzolanici e quelli d’altoforno.
Entrambi hanno la caratteristica di non subire azione deleteria da parte
dell’acqua. Nei primi, la pozzolana libera il clinker dalla calce, elemento
che si disgrega in presenza di acqua, dissolvendo anche il cemento, inoltre esso
ne aumenta la velocità di presa. La pozzolana è formata da silice e allumina, la loppa, ed è un prodotto di eruzione vulcanica. Essendo rara in
natura molte volte viene sostituita con prodotti di sintesi industriale, ovvero
le ceneri volanti e i fumi di silice ed i depositi di silice e allumina
temperati di un altoforno.