I
COMPONENTI COSTRUTTIVI: LE MURATURE “EVOLUTE”
(1° PARTE)
Nelle
produzioni delle terrecotte si usa un impasto che viene posto entro stampi
appositi, sabbiati al loro interno. La sabbia è molto importante perché,
durante la fase di essiccazione, l’acqua fuoriesce dalla massa formando dei
canali capillari, e viene appunto assorbita dalla sabbia che dunque ne facilita
l’espulsione dei cotti dagli stampi. Il mattone dunque presenterà chiunque
facce sabbiate e solo una potrà essere messa in posa a vista. La presenza dei
canali capillari rende permeabile il mattone al vapore, favorendo la
trasmigrazione dei vapori da un ambiente all’altro. Comunque sia una muratura
non è formata da soli laterizi ma vi è presente anche della malta, elemento
collante fra i vari mattoni, ma anche la parte più fragile del sistema. Si
possono distinguere tre tipi di malte, in funzione del tipo di legante usato,
come la calce e il cemento. Anche per le malte di calce vale lo stesso discorso
fatto per le terrecotte, ovvero quello riferito alla presenza dei canali
capillari formatisi con l’espulsione dell’acqua di impasto e attraverso i
quali l’anidride carbonica ha effettuato il processo di carbonatazione. Per le
malte di cemento solo una parte dell’acqua viene espulsa dall’impasto, perché
la restante si combina con il cemento e i suoi silicati in modo da produrre i la
pietra cementizia. Da questa prima analisi si capisce che le malte di calce sono
più porose rispetto a quelle cementizie e quindi più permeabili
all’attraversamento dei vapori. Questo ci fa capire che se operiamo in zone
molto umide è consigliabile utilizzare calce cementizia e mattoni a bassa
capillarità in modo da non trovarci l’umidità all’interno degli ambienti.
Esiste poi una malta ibrida che è quella comunemente definita malta bastarda in
quanto in essa vi sono sia il cemento che la calce. Questa va incontro a molte
delle nostre esigenze costruttive e progettuali. Quindi anche quando andiamo a
fare un intonaco esterno in una zona molto umida conviene farlo con malta
cementizia, al contrario si può usare malte di calce nelle intonacature degli
interni, sia per rendere permeabili al vapore tali ambienti ma anche perché
essa è molto più facile da mettere in opera e meno costosa. Per analoghi
motivi possiamo usare malte di cemento nelle fondazioni e malte di calce nelle
murature fuori terra, quando l’ambiente non sia umido.
La produzione industriale mette a disposizione dei progettisti dei cotti
che vengono fabbricati per estrusione o trafilatura, costituiti da massa molto
compatta, per aumentare la resistenza a compressione del blocco, ottenuta
riducendo i vuoti. Un muro che viene disegnato nella sua forma più semplice
presenta nella maggior parte dei casi entrambe le facce intonacate. Tali muri
possono essere costruiti seguendo una normativa precisa oppure possiamo
avvalerci di quella che è la pratica edificatoria. Lo spessore dell’intonaco
viene scelto di volta in volta a seconda dell’ambiente in cui si va a
realizzarlo. E’ importante ricordare che lo spessore dell’intonaco va
comunque dimensionato secondo una logica termica. Importante è anche il
coefficiente di massa frontale ( ovvero la massa media di superficie) che
determina la quantità di massa muraria per definire meglio il coefficiente di
trasmittanza termica. Nel caso di una muratura portante essa da sola è capace
di raggiungere ottimi livelli di isolamento termico ed è questa una delle
differenze sostanziali con un muro portato da un telaio, di spessore molto più
contenuto e di peso specifico molto basso, perdendo l’effetto massa garantito
da una muratura portante. Solitamente quando si realizza un muro portante a
faccia vista, si realizza anche una camera d’aria, che va calcolata nel suo
spessore affinché favorisca l’isolamento termico e acustico.
L’intercapedine può essere realizzata anche ponendo entro la muratura un
coibente termico ed una eventuale barriera al vapore.
Molta attenzione è da porre nell’ammorsamento del muro a faccia vista
con quello portante. Bisogna stare attenti a porre questi ammorsamenti, che
consistono in tondini di acciaio inox dello spessore di 3-4 mm, che vanno
conficcati per 5 cm in entrambe le pareti nei giunti di malta e non in altre
parti della parete, ponendole ad intervalli regolari.
Se
analizziamo la sezione di un muro di fondazione vediamo che, nel caso abbiamo
una fondazione in calcestruzzo, non si rende necessario un isolante che fermi
l’acqua di risalita, essendo il calcestruzzo poco permeabile. E’ comunque
consigliabile realizzare dei drenaggi in ghiaia ed isolare il terreno con un
materiale particolare detto tessuto/non tessuto. Per proteggere
l’impermeabilizzazione che avvolge il muro sotto il suolo, esso viene
ricoperto da materiali che presentano una superficie contigua al materiale
drenante, separando fisicamente il muro di fondazione con la fondazione vera e
propria, in modo tale che l’acqua di risalita capillare se pur minima, non
risalga nel muro.
È anche utile porre alla base delle intercapedini
dei profilati in acciaio inox o plastica, che hanno la funzione di raccogliere
l’acqua che si condensa all’interno di essa e di convogliarla all’esterno.
Inoltre risulta efficace, alla base del muro, saltare
un giunto verticale tra i blocchi di tanto in tanto, come si fa in Olanda, in
modo da favorire l’uscita dell’acqua e la ventilazione dell’intercapedine.
Questo è un metodo molto consigliato quando siamo in presenza di precipitazioni
accompagnate da forte vento.
Nella produzione dei laterizi vi sono alcuni di essi che a fine processo risultano essere troppo cotti, questi mattoni sono detti ferrigni. In essi i fori capillari sono molto larghi e quindi non vi è la pressione giusta per consentire all’acqua di risalire, inoltre essi sono vetrificati, per cui tale stato vetroso va ad occludere molti di questi fori quindi tali mattoni sono ottimi per isolare una struttura dal contatto diretto con l’acqua, purché non eccessivamente caricati.