GRUMO APPULA

All’epoca Saracena risale con tutta probabilità lo " " stemma " " di Grumo. Lo stemma consiste in uno scudo bipartito. Nella banda a sinistra, su un campo d’argento, c’è una grossa quercia con ghiande d’oro. La banda di destra è divisa in due sezioni da una fascia d’argento: nella sezione superiore figurano, in un campo azzurro, due mezzelune d’oro; nella sezione inferiore, in campo rosso, figura una più grande mezzaluna d’oro. Al disotto dello scudo si dispiega un nastro svolazzante col motto TERRA GRUMI. Lo scudo è sovrastato da una corona araldica costituita da una cerchia muraria urbana, sormontata da otto torri unite da muricciolo o cortina e nella quale si aprono quattro porte ad arco. Al disotto dello scudo, un nastro lega a fiocco due rami: uno di olivo e uno di quercia che si inarcano a semicerchio. Con i Normanni arrivò in Puglia il feudalesimo. Ogni centro cittadino fu affidato da Roberto il Guiscardo, duca di Puglia, ad un feudatario, il " barone ", che del feudo avrebbe controllato la politica e la legislatura giudiziaria mantenendovi però l’autonomia della amministrazione, sbrigata da un governo locale. Accanto al barone operava, senza essergli del tutto sottoposta, l’Universitas, il governo locale comunale che come abbiamo visto in particolare per Grumo si era già costituito in epoca Bizantina. Il feudatario assegnato a Grumo dai normanni ebbe il titolo di " marchese " Il periodo svevo vede in ogni caso a Grumo una serie di realizzazioni architettoniche, in parte ancora esistenti, in parte totalmente scomparse. Fra le architetture esistenti troviamo una parte della Chiesa Matrice di Grumo, è scomparso invece il castello, sorto con tutta probabilità durante il regno di Manfredi. Il castello di Grumo fu innalzato presumibilmente nel 1255 e rientrava nel vasto piano di fortificazioni preparato e in buona parte realizzato da Federico II. Il castello era situato al limite estremo del borgo antico ed era ancora intatto nel 1806. Successivamente gli Angioini subentrarono agli Svevi nel 1266. In quest’epoca di Grumo era feudatario Corrado di Montefuscolo. Agli Agioini succedettero gli Spagnoli. Nel 1524 alla morte di Bindo Tolomei il feudatario di Grumo passò a suo figlio Alfonso Tolomei. Alfonso Tolomei morì l’8 luglio 1536. Il feudo di Grumo passò allora a sua sorella Porzia che era la contessa di Potenza per il matrimonio contratto con un Guevara. Nel 17° secolo con i nuovi feudatari, i La Tolfa , per Grumo cominciarono le disgrazie. Nel 1624 il figlio Carlo vendette il feudo di Grumo. All’asta pubblica, Grumo fu comprata per 16000 ducati, il 30 dicembre 1639, dallo spagnolo A. Castellar marchese di Castelpoto. Morto don Antonio, nel 1641 diventò feudatario di Grumo suo figlio G. Castigliar. Il periodo Borbonico in Grumo fu abbastanza fiorente, infatti, molti furono i personaggi grumesi che parteciparono alle diverse società A Grumo, alla fine del 18° secolo, era assai attiva una cellula massonica: una loggia. E massoni erano alcuni rappresentanti, laici ed ecclesiastici, delle più note famiglie grumesi: Galtieri, Lupis, Scippa. Quest’ultimo ospitò nella propria casa i più grandi rivoluzionari del momento " i tenenti Morelli e Silvati ". Oggi all’interno della sala consiliare del comune di Grumo sono conservati la medaglia d’argento del primo, e la sciabola del secondo.