CHIESA MATRICE’600

Don Francesco Tampone si riservò alcuni diritti sull’altare di San Francesco attraverso uno strumento notarile di Giovanni Gonnella dell’11 dicembre 1550, mentre Don Antonio Simone fondò un beneficio sull’altare di Santa Maria degli Angeli il 22 marzo 1554. Un’altra donazione all’altare di Santa Maria de Nativitate fu realizzata da Giovanni Gonnella nel 1575 attraverso un atto del notaio Trovetto de Angelis di Bitetto. Nella stessa fonte vengono nominate anche cappelle private sulle quali possedevano lo " ius patronatus " alcune persone del tempo: don Geronimo Lo Russo, don Ettore Simeone e un arciprete non specificato, che doveva trattarsi probabilmente dell’arciprete Marco de Marco che aveva fondato un beneficio stato registrato il 4 giugno 1478 dal notaio Antonio de Juliano di Bitetto. Altre sepolture erano collocate davanti al fonte battesimale, davanti alla nicchia contenente l’olio santo e una, denominata " la Grotta ", davanti alla porta maggiore. Il centro della Chiesa presentava un pietoso deposito; in un luogo non specificato vi era la sepoltura dei " puerili ". In tutto vi erano quindici sepolcri ai quali si aggiungevano quelli scavati nella Chiesa del Rosario. Che le cappelle esistessero già dal tempo della visita di Monsignor Puteo, lo si deduce dagli ordini che diede: rifare gli altari e adornarli con nuove tele. Così furono impreziosite le cappelle dedicate a San Francesco, a San Leonardo, a Sant’Antonio da Padova, a Santa Caterina, a Santa Maria degli Angeli e l’altare di Santa Maria dei Martiri del quale, però, mancano ulteriori notizie. Altri benefici furono istituiti nel corso del Seicento. Gli atti di due di essi furono redatti dal notaio Giuseppe Frangione, quello fondato il 14 giugno 1646 da Pietro Tampone sotto il titolo di Santa Maria Succurse Miseres e quello di San Francesco d’Assisi istituito dal sacerdote Francesco de Nicola il 29 marzo 1649. Il terzo beneficio, redatto dallo stesso notaio in data 7 settembre 1648 per volontà di Nardo Antonio Scippa sotto il titolo di Santa Maria di Costantinopoli. Allo scoccare del 16° secolo il vecchio edificio chiesastico duecentesco doveva essere stato ormai maltrattato dal tempo e se proprio non si reggeva in piedi, poco ci mancava. Grumo, insomma, voleva una nuova e più ampia Chiesa. La vecchia fu inesorabilmente abbattuta: se ne conservò soltanto il campanile, certo perché ancora in buone condizioni. Buttata giù la vecchia, certo piccola e forse pericolante, Grumo cinquecentesca volle che il suo più importante edificio religioso avesse le caratteristiche del nuovo magnifico " stile del secolo ", lo stile classico rinascimentale.


continua pag.3