CHIESA MATRICE’600

Nel ‘500 la Chiesa di Grumo aveva ormai una situazione ben definita: viveva soprattutto sui " benefici ". Il beneficio, istituto d’origine feudale, era una rendita fiscale, assegnata in godimento ad un militare che si fosse particolarmente distinto. Già nel cinquecento la Chiesa possedeva molti altari laterali, davanti ad ognuno dei quali era situato un sepolcro per deporre le spoglie mortali dei defunti, tutti realizzati grazie ai benefici. Tra i più antichi benefici istituiti si ricorda quello di San Leonardo, del 29 Dicembre 1400, per testamento di don Nardo Struggibinetti, sacerdote. Accanto all’edificio vi era un cimitero, ( forse dove oggi è situata la sagrestia ), la cui cappella era parte integrante della Matrice; esso veniva usato quasi certamente per conservare le spoglie rinvenute dopo l’esumazione e non, secondo l’uso moderno, per inumare i morti dal momento che, nella maggioranza dei casi, i corpi senza vita venivano calati nei sepolcri, all’interno della Chiesa. Tale cappella era provvista di tre altari dedicati l’uno a Santa Maria degli Angeli, " ius patronatum laicorum ", situato davanti alla porta della sagrestia, gli altri a San Sebastiano e San Rocco; proprio davanti all’altare di quest’ultimo era collocato il fonte battesimale. Il quasi centenario beneficio degli altari di Santa Maria degli Angeli e di San Rocco era stato fondato dal sacerdote Cola de Lorusso il 27 settembre 1497. Un altro beneficio sul’altare di San Rocco fu fondato dal sacerdote Francesco de Miano; suo nipote Leonardo, figlio di Donato de Monaco e di Caterina de Miano, sorella del fondatore, riuscì a catturare il possesso del beneficio con l’assenso dell’arcivescovo di Bari e di Canosa, Monsignor Ascanio Gesualdo che spedì una bolla di convalida al diretto interessato, il quale, avendo raggiunto i diciotto anni ed essendo idoneo a ricevere gli ordini sacri, poteva " ereditare " il beneficio dello zio. Alla Madonna degli Angeli era intitolato anche un altro beneficio fondato dal sacerdote Antonio Simeone. Poiché tale altare fu demolito per costruire la scala onde accedere all’organo, le messe furono celebrate sull’altare del Carmine. Notizie di altre cappelle si ricavano dalle annotazioni scritte sul primo libro dei morti conservato nell’archivio parrocchiale. La prima registrazione sembra del 4 gennaio del 1584, seguono le altre. Dalla loro lettura si desume che la Chiesa Matrice conteneva molti sepolcri nei quali, in quell’epoca, si usava tumulare i defunti. Tali sepolcri erano individuati dal nome delle cappelle davanti alle quali erano collocati; sono enunciate le cappelle del Santissimo, con una sepoltura davanti ed una, per i sacerdoti, nel coro, e forse, un’altra ancora " sotto Antonio di Bienne ", seguono le cappelle di Maria de Nativitate, di Sant’Antonio da Padova e di San Francesco, quindi quelle di Santa Caterina e di San Leonardo. La fondazione dei benefici di tali cappelle è antica: i primi due risalgono all’anno 1500, allorchè il sacerdote Domenico de Rosa fece alcune donazioni. Fu solo alcuni anni dopo, il 25 aprile 1541, attraverso una bolla papale, che egli ottenne il riconoscimento del " iure patronatus " su di essi. Il beneficio di Santa Caterina, era stato istituito dal sacerdote Marino d’Urso con atto stipulato il 14 settembre 1522 dal notaio Marino de Pacificis.

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