CHIESA MATRICE’600

La Chiesa Matrice fu progettata con pianta a croce greca, conferendo alla fabbrica la classica planimetria delle Chiese del primo Rinascimento. Il progetto definitivo risultò elegantemente composto nelle diverse parti strutturali, semplice ma armonioso nell’insieme, felicemente accostato nell’esterno al più antico campanile e con un buon giuoco di vuoto slanciato, all’interno, dalla navata su verso la cupola. Nel corso del Settecento, la Chiesa era strutturata in modo diverso, come si è dedotto dalle carte del suo archivio: ad iniziare dalla porta maggiore, si susseguivano gli altari di Santa Maria di Costantinopoli, il fonte battesimale, l’altare di San Francesco e quello del Purgatorio. Dalla parte opposta vi erano l’altare di Santa Maria de Nativitate, giusta la cappella del Santissimo nel corno sinistro, e l’altare di Sant’Antonio dal corno destro, quindi l’altare capitolare di San Domenico e, forse l’altare del Carmine. Nel 1722 fu addossata all’ingresso cinquecentesco la cappella di San Domenico con " ius patronatus " della famiglia Scippa. Nel 1725, l’arciprete don Domenico Devito già denunciava alle autorità lo stato pericolante della Chiesa e, oltre a chiederne le indispensabili riparazioni, insisteva perché vi si decidessero lavori di ingrandimento; Don Devito ottenne soltanto le riparazioni, alle quali si destinarono 1300 ducati, e lo stanziamento della somma annua di 30 ducati per le spese ordinarie, altrettanto indispensabili, di manutenzione dell’edificio. Tali stanziamenti ebbero il regio Assenso il 21 novembre 1725 e rimasero invariati fino al 1860. In quanto al progetto di ampliamento, si rimandò ogni decisione a tempi migliori, pur riconoscendo che era necessario affrontarlo appena possibile. Con l’abolizione della feudalità, la municipalità grumese ebbe la possibilità di raggiungere l’obbiettivo prestabilito, purtroppo senza tener conto della validità delle strutture cinquecentesche in senso architettoniche.