L'architettura

La chiesa di San Vito, originariamente extra-moenia, ma attualmente soffocata tra mediocri costruzioni recenti, è ubicata in un'area di espansione ottocentesca dell'abitato di Corato .
La pianta del piccolo edificio è costituita da un'aula rettangolare (misurante m.6,50 x 10,56), orientata, absidata e suddivisa in tre spazi coperti da due volte a botte inframezzate da una cupola.
La definizione del braccio trasverso ridotto all'interno dei due semplici arconi di sostegno alla cupola, è sottolineato chiaramente all'esterno da un corpo di fabbrica saliente, al centro delle falde laterali, coperto da una breve falda di tetto.

L'edificio si eleva per mezzo del tiburio quadrato che copre la cupola ; l'altezza al centro è di m.8,10; mentre in riferimento ai corpi laterali è di m.5,40; i quattro spioventi del tetto piramidale sono rivestiti di "chiancarelle ", lastre di pietra ricavate a "spacco di cava", mentre sulle volte a botte insiste una copertura due falde ove alle antiche "chiancarelle" sono stati sostituiti moderni coppi in cotto.La copertura dell'abside è semi-conica, con manto di "chiancarelle".

Un piccolo campanile a vela è collocato sul vertice della facciata anteriore .

Alla copertura si accede attraverso un foro praticato nella volta adiacente alla controfacciata e protetto da un abbaino.

Sull'omonima piazzetta si affaccia il lato Sud , con porta di accesso realizzata nel tardo '800; la facciata con l'originario portale d'entrata (m.1,30 x 2,50) si trova sul lato Est ; su quest'ultima facciata si trova un piccolo rosone, privo di elementi scultorei, che costituisce l'unica fonte di luce per l'aula sacra.

Di una terza piccola porta, attualmente tompagnata, si oserva l'arco centinato in prossimità dell'abside, sul lato Nord , in corrispondenza internamente di una delle nicchie scavate nello spessore del muro d'ambito.

Le due volte a botte scaricano, infatti, su quattro nicchie (profonde m.0,65, ampie m.1,80 e alte m. 2,75), così come la cupola scarica su quattro arconi, poggianti su pilastri, evidenziati da una semplice cornice a mo' di capitello.

Le superfici murarie interne sono in pietra, ma in passato erano state intonacate.

Il pavimento è in lastroni di pietra locale.

L'abside era ingabbiata all'esterno in una costruzione privata, dalla quale emerge il tetto semi-conico; accoglie internamente l'altare tardo-seicentesco di mediocre fattura, sormontato da una custodia lignea contenente la statua del Santo Martire Vito .

La luce dell'abside è di m.3,00, mentre la profondità è di m.1,55.

L'intero edificio è privo di elementi scultorei.

Esternamente l'unica sobria decorazione è data dalla cornice in aggetto, costituita da una semplice fila di lastre in pietra, sulla facciata Nord, segnanti la linea d'imposta delle volte a botte; mentre su quella a Sud è stata sostituita da una cornice in gesso.

L'elemento decorativo che più caratterizza questo edificio, ponendolo in relazione con altri ugualmente databili attorno all'anno 1000, è la cornice a denti di sega che cinge il perimetro del tiburio al di sotto della falda di tetto a piramide.

La chiesa di San Vito è simile ad altre, distribuite con leggere varianti nell'agro barese:

Possiamo affermare che gli edifici considerati sono tutti a croce immissa o greca-contratta.
Scendendo ad analizzare più attentamente i particolari del tipo iconografico, c'è da chiedersi la ragione dell'essenzialità strutturale, della nitidezza di composizione, della mancanza di decorazioni, che non è da confondere con il carattere rurale di certi edifici, poiché il taglio della pietra e la perfetta simmetria delle parti dimostra una certa perizia e un gusto estetico preciso, "lapidario".

La coincidenza di forma di questi edifici di piccole dimensioni potrebbe essere motivata, secondo la professoressa Capozza, oltre che dalla diffusione di un modello considerato valido, dalla necessità che fossero "segno", cioè facilmente riconoscibili per i viandanti in quei secoli travagliati.

Anche l'essenzialità costruttiva e la sobrietà decorativa di questi edifici può essere intesa e giustificata poiché San Bernardo fu l'autore della Regola Cistercense e della Carta Caritatis, che imponeva ai monaci, nella costruzione di chiese ed abbazie, l'uniformità e l'essenzialità, in obbedienza al voto di povertà, opponendosi in questo alle scelte dei Cluniacensi, i quali ritenevano che la bellezza creata dall'artista orientava lo spirito verso il Creatore.



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