L’animo nobile

(tratto da "L’ottimismo" di Francesco Alberoni)

sottofondo musicale

Nelle conversazioni quotidiane in casa, sul lavoro, fra amici, ma anche nella stampa, nella televisione, tendiamo sempre di più ad usare un linguaggio impoverito, che non riesce a descrivere le qualità spirituali e morali di una persona. E, quando non sappiamo più nominarle, smettiamo anche di vederle. Per recuperare questa capacità dobbiamo rallentare il ritmo, riportare alla luce antiche parole.

Proviamo a fare uno di questi scavi. Proviamo a prendere una delle vecchie espressioni come "animo nobile". Si può ancora usare ? Ci sono ancora oggi persone di animo nobile ? Proviamo ad identificarle, a descriverle, distinguendole da quelle di animo meschino.

Ha un animo nobile chi non è rinserrato su se stesso, chi non si occupa soltanto del suo Io, del suo interesse, ma che ha energia e ricchezza interiore per dedicarsi anche agli altri, per farsi carico dei loro bisogni. Chi si spende, chi si prodiga. Quindi un generoso. Ma con qualcosa in più. Vi sono persone buone d’animo, oneste, con un orizzonte mentale limitato. Sono convinte che il loro partito sia il migliore, che la loro religione sia la migliore, pensano sempre di sapere che cosa è bene e che cosa è male. In realtà non sanno uscire dal proprio punto di vista unilaterale. C’è invece una generosità intellettuale, una apertura mentale, capacità di comprendere, nel proprio universo, anche il punto di vista degli altri e di vedere se stessi come loro, in modo relativo. Chi ha un animo nobile non si sopravvaluta, sa imparare ed è riconoscente.

Le persone di animo povero, meschino, vedono solo la propria meta. Confondono il proprio utile con la giustizia. Se qualcuno ostacola i loro desideri lo odiano, lo insultano, lo denigrano, sono disposti a commettere nei suoi riguardi qualsiasi ingiustizia, qualsiasi malvagità. L’animo nobile cerca di raggiungere la meta, ma non odia l’avversario. Lo rispetta, gli riconosce un valore, una dignità. Finita la lotta dimentica la collera, non coltiva nel cuore il desiderio di vendetta, perdona.

Spesso si confonde l’orgoglio con la dignità. Orgoglio è mettersi al di sopra degli altri. Dignità vuol dire che certe qualità hanno valore e che vanno salvaguardate. Chi ha dignità non si abbassa a compiere atti ignobili. E non sopporta nemmeno che gli altri vengano costretti a farlo, che vengano umiliati.

Le persone d’animo nobile vogliono attorno a sé uomini liberi. Preferiscono esporre i propri programmi con chiarezza, ascoltare apertamente le obiezioni. Governano con il consenso, stimolando, convincendo, trascinando gli altri. Creano attorno a sé un senso di fiducia. Nessuno si aspetta inganni e trabocchetti perché le regole del gioco sono chiare, e loro sono i primi a rispettarle. Sanno rimproverare chi si comporta male e premiare chi merita. Tutto questo richiede esercizio e disciplina, che si traduce in un equilibrio intimo, in armonia interiore.

La nobiltà d’animo ci fa venire in mente anche la tenacia, il coraggio morale di chi sa resistere, nella solitudine, alla sventura, la forza di chi non cede alle tentazioni. E possiamo domandarci, a questo punto, se questo tipo di persone esistano veramente o non appartengano al mito dei cavalieri senza macchia e senza paura. Per fortuna ce ne sono, e a tutti i livelli sociali. Se guardiamo il mondo con animo sereno, le riconosciamo.

E’ grazie a loro che la nostra vita resta gradevole.





Questo testo del sociologo Alberoni è una vera e propria fotografia della figura di mio padre.

Spesso nella vita ci capita di apprezzare il valore di qualcosa (o qualcuno) solamente quando la perdiamo. Ciò, finora, non mi è mai accaduto: da sempre ho apprezzato mio padre per le sue grandi doti (umane, morali e culturali) e, nonostante a volte ci fossero delle divergenze tra noi, quando è capitato ho espresso questi miei sentimenti di amore e stima per lui.

Da qualche giorno mio padre ci ha lasciati per sempre, lasciando un grande vuoto!

La grandezza di questo vuoto, per quanto mi riguarda, dipende dalla particolarità del rapporto che avevo con lui: infatti non era "soltanto" mio padre, ma un vero amico, con cui, nell’arco della mia vita, ho camminato, parlato, giocato, dialogato, lavorato, che ha anche accolto i miei sfoghi e la mia rabbia.

Una leggenda ebraica afferma che il mondo esiste perché trentasei giusti, umili e sconosciuti, controbilanciano il male che lo distruggerebbe. Si tratta di una verità profonda. Per fortuna i giusti sono molti, molti di più, e credo che mio padre appartenesse a tale schiera di eletti.

Voglio dedicare questo mio primo lavoro alla memoria di papà, per ovvie ragioni affettive e perché mi ha incoraggiato fino alla fine, nonostante le sue condizioni stessero progressivamente peggiorando.

Sono certo che continuerà a starmi vicino, a farmi sentire la sua "presenza"; mi auguro solamente di essere un suo degno figlio!



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