Dal secolo XV al vescovado sarnelliano
La tradizionale data di fondazione della Cattedrale, il 1073, o, per lo meno, sul finire del secolo XI, coincide con la prima fase dell'esistenza della città di Bisceglie.
La stessa sua posizione, al centro della città vecchia, induce a vedervi la cellula generatrice nel momento in cui il borgo informe assume nuova costituzione ed aspetto; la piazza della Cattedrale appare destinata, fin dall'inizio, alla sua posizione di perno, fulcro donde si diramano e dove convergono le vie cittadine. Intorno, infatti, a raggiera, si irradiano stradine su cui si affaccia un pittoresco groviglio di case addossate, agganciate da arcate tra scalette che aprono lo sguardo verso chiese, palazzi cadenti, finestre spalancate e vuote, pali infissi a sostegno di antiche pareti in rovina.
Tra la fine dell'XI e l'inizio del XII secolo, quando una regolare cinta di mura già muniva la città di Bisceglie, venne prendendo consistenza il borgo, un abitato fuori delle mura dove vennero edificate alcune chiese: qui avrebbe potuto essere eretta la Cattedrale, in margine al nucleo cittadino, come molti esempi coevi, se già non fosse sorta all'interno delle mura stesse, nella sua posizione centrale. Infatti le Cattedrali dei paesi limitrofi lungo la costa adriatica, Trani, Molfetta, Giovinazzo, si elevano in margine al nucleo cittadino, vicinissime al mare.
La Cattedrale biscegliese presenta, sull'esempio delle chiese benedettine, un impianto a sostegni unitari e transetto disarticolato che si diffonde in Puglia sul finire dell'XI secolo. Essa riproduce lo schema di basilica paleocristiana "romanicizzata" che presenta essenziali novità planimetriche e spaziali: la navata centrale è più alta e stretta, coinvolgendo quelle laterali ed assimilandole a sé nelle proporzioni.
In particolare la Cattedrale presenta pianta basilicale a tre navate, transetto privo di articolazioni in ordine al corpo longitudinale, cripta sottostante il presbiterio, parete rettilinea che maschera l'estradosso dell'abside. Degno di nota è 1'impiego di pilastri compositi, costituiti da un nucleo rettangolare, cui si addossano, nell'intradosso dell'arco, due semicolonne.
Esaminando l'apparato decorativo della Cattedrale biscegliese, non è difficile distinguervi le successive fasi di realizzazione, connesse con le vicende architettoniche delle quali il monumento è stato, fin dalle origini della sua storia, protagonista.
La parte absidale è la più antica e si distingue dal resto dell'edificio: insolitamente l'imposta del tetto del corpo longitudinale è più alta di quella del transetto. La zona presbiteriale è caratterizzata all'esterno da una ritmica scansione di arcate cieche abbinate. Le archeggiature, poco oltre la zona del transetto, si interrompono bruscamente a mezz'arco, segno evidente che la prima soluzione prevedeva una decorazione continua su entrambe le facciate e che se questa non fu adottata, troppo tempo doveva essere trascorso tra le due realizzazioni, tale da comportare un nuovo orientamento della sintesi decorativa.
Un'indubbia arcaicità ed una coerente uniformità presentano i dettagli decorativi di questo settore dell'edificio. Le analogie sono riscontrabili tra gli elementi trafori delle transenne delle finestre nella testata nord del transetto e quel che rimane della bifora intagliata nella parte orientale della torre sud, nella doppia falcatura che si inarca su entrambe le aperture della stessa bifora come sulle monofore che si allineano sotto la cornicetta a losanghe della parete absidale, nel lieve motivo a punta di scalpello che rende simili l'esile spessore delle cornici delle lesene a quello del davanzale del finestrone absidale, nella fissità di espressione del leone e della sfinge che adornano la zona superiore di quest'ultimo e della sfinge-capitello nella bifora suddetta.
Pari arcaicità di motivi nella decorazione del tenue strombo dello stesso finestrone, dove i leggiadri girali e la semplice cornice a grani di rosario trovano immediato riscontro nella cornice assai simile del portale della chiesa di Sant'Adoeno, di cui si conosce la datazione, contribuisce a suggerire un'attribuzione cronologica non molto lontana dalla fine dell'XI secolo.
Il corpo longitudinale è siglato da una cornice d'imposta del tetto ad arcatelle pensili, che prende inizio là dove si interrompe il motivo ad arcate binate ed a lesene proprio della parte orientale; le monofore che scandiscono le fiancate della chiesa hanno perduto l'arco lunato che le adornava nella parete absidale; le tracce stesse della porta sul fianco meridionale non presentano segno alcuno di decorazione. Solo la facciata si anima degli accenti chiaroscurali dei portali e delle finestre, sia pure falsati dalla invadente forma espansa del finestrone barocco, ora ridotto a mero grafismo, e delle protomi ferine che adornano le eleganti ghiere che si inarcano sui portali minori.
La seconda fase costruttiva della chiesa abbraccia un arco di tempo che va dalla seconda metà del XII secolo, l'epoca dello scavo della cripta le cui strutture sono analoghe a quelle delle navate minori della chiesa superiore, alla data scolpita nel pulpito del vescovo Berto, il 1237, termine entro il quale deve porsi la conclusione dei lavori del corpo longitudinale.
Già i piccoli leoni, i buoi accovacciati e la testa d'ariete che adornano la parte inferiore del finestrone absidale, per la maggiore vivacità stilistica con cui sono resi e che li accomuna alle protomi in facciata, suggeriscono che siano più tardi rispetto alla rimanente decorazione di cui fanno parte, propri di una successiva fase di arricchimento delle precedenti strutture.
All'interno, nei capitelli scalpellati dei pilastri, sono individuabili racemi strettamente aderenti, dal minuto intaglio stilizzato, mentre i capitelli delle colonnine nei matronei appaiono meno legati ad una stretta osservanza di modi orientali: larghe foglie sobriamente venate e boccioli resi con sferica semplicità denunziano un gusto dissimile da quello dei sottostanti capitelli dei pilastri.
Nella zona absidale i modi della decorazione scultorea sono caratterizzati dalla precocità del romanico sorgente, quali le protomi germinate dalla pietra, mentre nel corpo delle navate lo stile è ormai il romanico consacrato, senza mai dare alla figurativa un ruolo sia pure minimo, dato, quest'ultimo, che sovente ha salvato dalla distruzione d'epoca barocca capitelli coevi. Ad una terza ed ultima fase decorativa d'epoca romanica è da ascriversi il portale maggiore. Accanto al repertorio bizantineggiante assai finemente interpretato, non mancano fermenti d'arte federiciana, sia pure resi nella forma di imitazione provinciale che traduce le forme senza aver compreso l'intima novità dei contenuti, rimanendo in un ambito schiettamente romanico. A tali conclusioni portano l'esame ed il confronto dei due capitelli che, ai lati del portale, sostengono i grifoni alati sui quali si imposta la cuspide. Le snelle colonnine che essi coronano, sono sorrette da animali stilofori, acefali, non identificabili perchè ridotti ormai a poco più che massi informi. Vennero tagliati quando, nel secolo scorso, si provvide alla costruzione della scalea antistante il portale maggiore. Il protiro cuspidato, adorno di una protome ferina, un'aquila artigliante un capretto, presenta un elemento singolare, un'unica colonnetta con capitello, lievemente inclinata, che ne lascia sospettare una più elaborata decorazione originaria. Nel piumaggio degli splendidi grifoni si rilevano motivi islamici. L'archivolto del portale biscegliese presenta minute figure racchiuse nei sinuosi meandri di un lungo elegante tralcio di vite. Tale motivo continua in entrambi gli stipiti, in uno dei quali è presente una figura demoniaca dalle membra involute nell'intreccio dei viticci. I recenti lavori di restauro hanno messo in luce l'esistenza, sul fronte interno del portale maggiore di un bassorilievo degno di nota.
La chiesa Cattedrale di Bisceglie, come si è detto, è caratterizzata da singolari anomalie, da elementi eterogenei addizionatisi attraverso i secoli alla prima costruzione romanica. Dall'epoca della sua fondazione fino a tempi non lontani si sono susseguiti con continuità vari interventi che ne hanno modificato la fisionomia. La facciata principale, quelle laterali, il corpo del transetto, i campanili, offrono una esauriente testimonianza di continue trasformazioni che, al primitivo assetto, omogeneo e definito, hanno sostituito una commistione stilistica.
Sono stati condotti restauri per oltre un decennio, dal 1965 al 1977, dettati in un primo tempo da esigenze statiche, in seguito dall'intento di riesumare gli elementi originari trovati in sito. Questi elementi contribuiscono a far luce sulla natura delle trasformazioni che la Cattedrale ha subito nello stesso periodo romanico, alla fine del '400 e del '500, a metà del '600 e del '700, nella prima metà dell'800.
Come in quasi tutte le Cattedrali dello stesso tipo, la zona del transetto è stata costruita in epoca precedente rispetto al corpo delle navate. La giunzione, in molti casi curata in modo da non apparire nella composizione delle pareti esterne, nel caso della nostra Cattedrale è invece ben visibile: la serie di leggere archeggiature doppie che all'esterno scandisce tutta la parte orientale dell'edificio, si arresta bruscamente a mezz'arco in quello che è, ora, il muro esterno dei matronei; infatti la costruzione delle navatelle e dei matronei impose il taglio delle finestre del transetto prospiciente le falde del tetto.
La facciata est presenta due campanili, uno dei quali, la torre sud verso la piazza, preesistente. La base di questa, resa accessibile dalla cripta in seguito ai recenti restauri e non più direttamente, ha rivelato un notevole rivestimento a grandi conci lavorati alla martellina, forse perchè, in origine, era destinato ad essere a vista. Nella zona absidale è stata adottata la parete rettilinea che maschera all'esterno l'estradosso dell'abside.
L'esame delle cortine murarie della cripta rivela interessanti tracce di una precedente sistemazione ad una quota superiore rispetto sia all'attuale piano pavimentale, sia all'attuale imposta della volta: vi sono chiare impronte di precedenti paraste e di arcate che sfondano la volta a crociera. Dati che, uniti alle notizie storiche che parlano dello sgombero di un alto cumulo di vecchie macerie e ad alcuni frammenti pavimentali, rinvenuti nel sepolcreto sottostante il corpo delle tre navate della chiesa, ad un livello equivalente a quello riscontrato nella lettura delle pareti della cripta, inducono a pensare che si fosse o proceduto all'ampliamento e alla ristrutturazione di una cripta già esistente, oppure, più verosimilmente, in parte valsi di strutture preesistenti, inglobandole nelle murature della nuova costruzione.
Come altre Cattedrali medievali, anche quella di Bisceglie potrebbe essere stata costruita su di un'antica sede di culto, con l'intento di perpetuarne l'ideale continuità. Possono essere illuminanti indizi alcuni monconi parietali, peraltro privi di elementi verticali, rinvenuti nel vasto ambiente adibito a sepolcreto, sottostante il corpo longitudinale della chiesa.
Tutto questo ci permette di individuare almeno due fasi costruttive, nella prima delle quali avrebbe avuto luogo la realizzazione della parte orientale dell'edificio, caratterizzato da moduli decorativi che non ritornano nella seconda fase, e verosimilmente conclusasi, secondo una diffusa consuetudine, con una provvisoria consacrazione probabilmente nel 1295, la prima di cui si abbia testimonianza. II corpo longitudinale, previsto ma non realizzato in questa fase di lavori, avrebbe dovuto comportare sulla navata maggiore una copertura a capriate impostata ad una quota inferiore rispetto all'attuale, come sembrano indicare due tracce rettilinee convergenti, visibili sul fronte dell'arco trionfale.
Che a secolo XII inoltrato si procedesse allo scavo della cripta, opera che abitualmente precede la costruzione del corpo longitudinale, potrebbe confermare come, a quella data, l'unica zona dell'edificio già completamente realizzata fosse ancora quella del transetto. Proprio i lavori eseguiti nella cripta potrebbero aver fornito lo stimolo per una ripresa dell'attività costruttiva nella chiesa superiore, in coincidenza del nuovo ruolo acquisito dalla Cattedrale, quale centro del culto dei Santi Martiri e custodia delle loro reliquie. D'altronde la copertura a crociere delle navate minori è assai vicina nel paramento e nell'assetto strutturale a quella della stessa cripta.
La messa a punto delle navate e dei matronei dovette procedere con relativa alacrità, in modo da essere conclusa ai primi del secolo, se nel 1237 il vescovo Berto faceva erigere in Cattedrale un pulpito riccamente decorato. Si poteva passare ad arredare internamente la chiesa solo dopo l'avvenuta realizzazione del complesso architettonico.
Il corpo longitudinale fu accostato al precedente transetto senza soluzione di continuità, come mostra, lungo le testate, l'assenza di passaggi in muratura che consentissero l'accesso dalle torri scalari ai matronei; viceversa tale passaggio esisteva lungo la parete di controfacciata: ne fanno fede le tracce di sei archetti pensili in essa leggibili, la risega operata nel muro ed utilizzata allo stesso scopo ancor oggi, i valichi aperti sulla navata maggiore.
Il corpo longitudinale dovette sorgere secondo un piano unitario, come, oltre ai matronei comunicanti nel settore occidentale, proverebbero le monofore superiori in facciata, inscritte, all'interno, in due arcatelle della cornice d'imposta del tetto a capriate. Quest'ultimo, ad una quota superiore rispetto all'analoga copertura del transetto, invertì il consueto rapporto di altezze tra questo e la navata maggiore.
Nonostante l'unità di concezione strutturale, i capitelli dei pilastri, scalpellati in epoca barocca e nei quali è ancora leggibile qualche stilizzato racemo e qualche intaglio bizantineggiante, presentano una evidente diversità di modi rispetto ai capitelli delle colonnine delle trifore, francamente squadrati con un più schietto gusto per la linearità essenziale, risparmiati in quanto, murati i matronei, rimasero nascosti alle decorazioni imposte dal gusto dell'epoca medesima. Tale diversità di modi è spiegabile con l'avvicendarsi delle maestranze, in un lasso di tempo non lunghissimo ma nemmeno tanto breve da consentire una coerente omogeneità di decorazione in due settori, inferiore e superiore dell'edificio, necessariamente realizzati in due momenti successivi.
Il portale maggiore della Cattedrale biscegliese, attribuito al quarto decennio del XIII secolo, si colloca agevolmente in tale clima. Chiaramente posteriore sul piano stilistico a confronto col rimanente complesso ornamentale dell'edificio, è impostato ad una quota superiore rispetto a quella delle porte laterali. Si può così dedurre che risalga a quest'epoca una prima sistemazione del sepolcreto sotterraneo e che essa abbia comportato una prima sopraelevazione del pavimento e la conseguente occlusione delle porticine in facciata.
Nell'arco di tempo compreso tra l'XI ed il XIV secolo l'assetto della Cattedrale può considerarsi compiuto: oculo in facciata, completo arredo interno costituito da ambone, ciborio, seggio vescovile, porta secondaria ad archivolto nel fianco meridionale, lapidi sepolcrali nel pavimento.
La consacrazione del vescovo Leone nel 1295 non si pone necessariamente al termine dei lavori, in quanto si ha notizia che nel 1313 il vescovo Leone II faceva erigere, sull'altare maggiore, un nobile ciborio di pietra.
I primi lavori di restauro di cui si ha notizia risalgono al 1466; furono compiuti nel consenso del vescovo Giacomo da Gravina e riguardavano riparazioni al tetto di cui la Cattedrale avrebbe avuto bisogno.
Al medesimo Vescovo ed all'iniziativa di Francesco II Del Balzo, duca d'Andria e conte di Bisceglie, si deve una prima risistemazione della cripta. Intiepiditosi il culto dei Santi Martiri, si procedeva nel 1475 ad una nuova tumulazione delle sacre reliquie, avventurosamente riportate alla luce e quindi riposte sotto un unico altare, previa demolizione dei due laterali. Della decorazione quattrocentesca rimane la balaustra ad intarsi marmorei che circonda l'altare.
Il Duca propose un generico rinnovamento della Cattedrale; si possono ascrivere a quel periodo la sostituzione dei primitivi sostegni della cripta: infatti l'uniformità dei capitelli delle colonne e la particolare interpretazione del corinzio in essi presente, si dicono rinascimentali.
Intanto il tessuto unitario delle pareti della chiesa superiore veniva spezzato dall'apertura di cappelle o dalla semplice erezione di altari, generalmente adibiti a tombe di famiglia.
Per volontà del vescovo Cospi la cripta fu illuminata, intorno al 1594, da due grandi finestre munite di inferriate. La relazione del Vescovo ci informa che due altari si trovano rispettivamente a destra e a sinistra del maggiore; questo ricorda la prima sistemazione delle reliquie, sotto tre altari. Evidentemente i due minori, non demoliti, erano stati solo sospesi dalle loro funzioni. I provvedimenti presi dal Cospi per la costruzione di una scala onde rendere agibile l'accesso all'organo e per il restauro dei seggi del coro ligneo, precedente l'attuale, ci informano che la Cattedrale era fornita di entrambi questi arredi.
L'oculo, presente sulla porta maggiore che dà ad occidente, fu restaurato per dare maggior luce alla chiesa in inverno. Il riferimento all'oculo è estremamente interessante, perché l'anomalia più notevole della Cattedrale biscegliese è appunto la mancanza di tale elemento, sostituito da un finestrone barocco. Forse questo restauro voluto per l'oculo dal Cospi, fu il primo passo versa la sua successiva scomparsa.
Un ulteriore provvedimento adottato dal vescovo Cospi ci mette al corrente di un particolare inedito: le pareti e le colonne della chiesa erano coperte di affreschi. Egli ordinò di distruggere completamente le pitture, corrose e coperte da iscrizioni indecorose, dato che non era possibile restaurarle.
Dalla visita del Cospi si hanno anche notizie riguardanti il pulpito: era in pietra, su otto o nove colonne di marmo, ornato a mosaico, sito a metà della navata, rivolto verso la platea, con una scala comoda ed un baldacchino di tela dipinta con immagini devote. Poichè viene descritto un pulpito romanico, probabilmente si tratta di quello fatto costruire dal vescovo Berto nel 1237. Un secolo dopo, a detta del Sarnelli, sarà trovato in frammenti sulla loggia dell'Episcopio, sostituito da un pulpito ligneo, scolpito. Della sedia episcopale, di pietra, elevata anch'essa su cinque gradini, nel coro, dalla parte dell'Epistola, fu ordinata dal Cospi la distruzione e la sostituzione con altra non fissa, perchè troppo scomoda e pericolosa a salire e a scendervi per il vescovo celebrante, data l'eccessiva angustia del luogo.
Fu anche ordinato il livellamento del pavimento sconnesso, nonchè una migliore chiusura delle lapidi sepolcrali perchè non siano d'intralcio e non emanino miasmi. Inoltre, a quest'epoca risale la sistemazione esterna della porta laterale: vi erano nella chiesa due statue di terracotta raffiguranti San Pietro e San Paolo, situate nella parte posteriore del coro, le quali ora si trovano al di fuori della porta, su due colonne di marmo, una a destra e l'altra a sinistra. Durante i recenti lavori di restauro, scrostando gli intonaci e le riprese in tufo, si è scoperto lo stipite della porta originaria, la quale non era, al contrario dell'attuale, in asse all'interpilastro. All'esterno essa si presenta molto semplice, con l'abituale doppio arco, priva di elementi decorativi; all'interno si sono trovati uno spigolo, l'arco del vano e l'architrave piano, simile a quello dell'ingresso in facciata. Al ripristino dell'antico portale si è preferito non distruggere la composizione attuale, pur mantenendo in vista, all'interno ed all'esterno, le testimonianze del passato, limitando l'intervento alla ripulitura delle patine a finto bronzo che coprivano le statue.
Durante la Sacra Visita del Cospi, compiuta nel 1594 e completamente dedicata alla Cattedrale, vennero da lui presi provvedimenti intesi a rendere pienamente funzionale l'edificio. Ad opera compiuta, allorché la Cattedrale apparve completamente imbiancata con la copertura totale degli affreschi, ormai molto deteriorati, che ricoprivano le pareti ed i pilastri, il Vescovo, notando la mancanza della Croce comprovante la Consacrazione, provvedeva, nel 1595, a riconsacrare la chiesa.
Dopo il 1637, anno in cui divenne vescovo Monsignor Scala, la Cattedrale subiva nuove modifiche: vennero infatti costruite due nuove cappelle, quella del Sacramento e quella di San Biagio.
La costruzione della cappella di San Biagio, attualmente nota come cappella di San Cristoforo, comportò l'apertura di uno squarcio nella parete esterna della chiesa, ed esso, insieme ad un secondo squarcio operato per facilitare l'inserimento di un confessionale al posto della porticina destra in facciata, indebolì l'angolo, causando gravi dissesti nelle volte della navatella. Anche il vano interno della porticina di nord-ovest venne allargato per inserirvi un confessionale. Tale manomissione, insieme alla parziale demolizione dello spigolo, fu eseguita per ricavare l'androne d'accesso al cortile del palazzo vescovile, che fiancheggia, nel lato verso mare, la chiesa, compromettendone la stabilità. Come per lo spigolo opposto, ad opera compiuta, il complesso recuperò il suo equilibrio statico.
All'intensa attività del Monsignor Pompeo Sarnelli, divenuto vescovo di Bisceglie nel 1692, si deve, oltre l'ampliamento dell'Episcopio, il rinnovo degli arredi all'interno della Cattedrale, dettato non dal disprezzo per l'antico, ma dall'esigenza di adeguare alla dignità del sacro luogo quanto il tempo e l'incuria avevano ridotto in penoso stato di abbandono. Ne fanno fede i resti del pulpito e del ciborio, da lui fatti demolire e sostituire, conservati con grande senso storico nella loggia dell'Episcopio, il reimpiego di pezzi antichi e la cura posta nel recuperare le vestigia di quel passato che andava indagando da uomo di lettere. Per sua iniziativa la Cattedrale fu adornata di un nuovo altare maggiore e di un nuovo battistero. Nella cripta le cure del Vescovo furono soprattutto rivolte alla statua di San Mauro, interamente rifatta in argento, e alle finestre, già fatte aprire dal Cospi, ampliate per rendere più luminoso il sacro luogo.
Il terremoto del 1731 causò il crollo del campanile, del quale rimase un solo piano oltre la facciata posteriore. Anche se la parete absidale era, ed è, caratterizzata da due torri ad essa allineate, una sola era adibita a torre campanaria e si distingueva per la sua maggiore altezza, la torre nord. Seriamente danneggiata dal terremoto, ne fu ordinata la demolizione fino al primo ordine e fu sostituita nella sua funzione dalla seconda torre, nella quale vennero adattate le campane.
L'occasione fu colta per rimodernare ed adeguare al gusto del tempo, nei decenni successivi, l'aspetto severo dell'edificio. In facciata fu tolto l'oculo e furono inserite le finestre lobate. S'iniziò, quindi, la trasformazione interna con l'arretramento al fondo dell'abside dell'altare e lo smontaggio dell'antico complesso presbiteriale.
Ulteriori informazioni sull'aspetto della Cattedrale durante il XVII secolo, possiamo trarre dalla relazione del vescovo Leonardi del 1762: sono ancora visibili i matronei ed i pilastri compositi.
Nel 1740 alla testata destra del transetto fu addossata una loggia coperta praticabile.
In un primo tempo si è creduto che la totale trasformazione interna della chiesa con la copertura di ogni elemento romanico, fosse settecentesca. Effettivamente, il restauro completo dell'interno in epoca settecentesca non convince affatto per il carattere stilistico della decorazione "banale e scolastica", molto lontana dal gusto del corpo della sagrestia e molto vicino a quello della sopraelevazione del campanile verso piazza. Quest'ultima dunque insieme alla cospicua decorazione interna, all'erezione della cupola ed alla copertura a volte del transetto, risalirebbe alla prima metà del XIX secolo.
La ristrutturazione del sepolcreto e, di conseguenza, la costruzione della scalea, avente lo scopo di consentire un più facile accesso al sepolcreto stesso, avvennero nel 1803. Poiché la copertura del sotterraneo corrisponde al piano del pavimento della chiesa, anche quest'ultimo, un bel maiolicato con intarsi marmorei, del quale oggi si conservano frammenti nelle stanze dell'Episcopio, sarebbe contemporaneo al ricomposto sepolcreto e posto ad un livello superiore rispetto all'antico, come d’altronde sembra indicare l'attuale soglia del portale maggiore, sfiorante il corpo degli animali stilofori. Durante questa prima fase ottocentesca dei lavori la Cattedrale si arricchì dell'ammirevole coro in noce scolpito proveniente dalla Badia di Santa Maria dei Miracoli in Andria.
Dalla relazione su di una Sacra Visita del 1823 si legge che i matronei sono scomparsi, inghiottiti dalla spumeggiante decorazione barocca, e che manca l'antico pulpito: la sua sostituzione, infatti, è opera del vescovo Sarnelli. Le capriate ricoprivano, oltre il transetto e gli ormai nascosti matronei, la sola navata maggiore, non tutte le navate.
Tra il 1840 ed il 1842, il vescovo De Franci promuoveva il restauro integrale della cripta, con le decorazioni delle pareti in stucco ed il rinnovo dell'altare: la cripta risultò, così, impreziosita in quanto le strutture e le forme originali romaniche furono trasformate con materiale nobile ben tornito e lucidato.
Il complesso delle opere compiute nel periodo compreso tra il 1823 ed il 1858 mutarono l'aspetto della Cattedrale sia all'interno che all'esterno.
Le testate del transetto furono coperte a volta e, all'incrocio, fu impostata la cupola, mentre la navata centrale, pur essendo già stati predisposti degli archi rampanti sul matroneo di destra per contenere le spinte di una volta in muratura, fu coperta da una volta a botte lunettata in camera-canna.
Fu allora che tre ampie tele, opera di Nicola Porta e raffiguranti rispettivamente "La Trinità e Santi" la prima, "L'Adorazione dei Magi" la seconda, "L'Invenzione della Croce" la terza, vennero ad adornare la volta stessa e la parete di controfacciata della Cattedrale.
I pilastri furono rincocciati in stucco, le cornici ed i capitelli furono inesorabilmente scalpellati, tranne alcune rare eccezioni, diventando, così, d'ordine corinzio. Venne chiusa la finestra absidale; le testate del transetto, caratterizzate nella parte superiore da una bifora, a nord, e da un rosone, a sud, oggi ricostruiti, furono tagliati quando, tolto il tetto, fu spianato il muro perimetrale per dar luogo alla nuova copertura. Una vistosa cornice fu imposta alla quota delle colonnine del triforum; più in alto l'apertura delle finestre nella finta volta lunettata impose il taglio degli archi sulle trifore lasciando fortunatamente intatto, incassato nella parete, lo spartito del triforum. In tal modo l'equilibrio statico fu invertito, i vani divennero muri portanti e la continuità della parete superiore fu compromessa dalle nuove finestre semplicemente architravate. All'esterno, oltre l'erezione della cupola, al campanile verso piazza, nel quale già avevano trovato posto le campane, fu sopraelevata una leziosa cella campanaria.
Questa era l'immagine della Cattedrale prima che gli ultimi rimaneggiamenti le conferissero l'aspetto attuale, scarno, essenziale, il più possibile vicino a quello originario.
L'urgenza dei lavori fu dettata, all'esterno, dalle lesioni del secondo campanile, giunto ad uno stadio tale da far temere la caduta sulla pubblica via di conci di pietra e, all'interno, dalla necessità di sostituire ed eliminare la finta volta ottocentesca in camera-canna, irrimediabilmente compromessa dall'umidità, al pari delle capriate. L'opera di smantellamento delle trite sovrastrutture barocche iniziava nel 1965, destando un coro discorde di approvazioni e dissensi su quanto della composita costruzione andasse conservato, ripristinato o cancellato.
Dalle relazioni di restauro dell'ing. M. Berucci, progettista e direttore dei lavori, si desumono le soluzioni adottate.
Le nuove capriate, in larice, dello stesso numero di quelle sostituite, sono uguali a quelle che, per confronto con costruzioni coeve e per considerazioni statiche, si ha ragione di credere siano state le originali. Si è presunto che le capriate esistenti ripetessero nei successivi rifacimenti il tipo, la forma e la collocazione originaria. Liberate dal carico del controsoffitto e del solaio transitabile sotto il tetto, le capriate sono tornate alla funzione che avevano avuto fino a tutto il '700; non si ha infatti notizia di altra copertura, ed alcune tracce di pittura, risalenti al tardo '700 e riscontrate nella cornice ad archetti all'altezza dell'imposta di restauro, mostrerebbero che fino a quell'epoca il tetto fosse a vista.
Frammenti originali rimasti in opera hanno permesso la ricostruzione della teoria dei dentelli che corre al piede delle trifore e della cornice esterna d'imposta del manto del tetto, indispensabile nella sua funzione.
La cornice d'imposta dell'arco trionfale, abside compresa, è apparsa integra per lunghi tratti.
Lesioni di schiacciamento, verificatesi nelle colonnine delle trifore, hanno comportato la sostituzione o la semplice cerchiatura di qualcuna di esse.
Mentre il matroneo verso piazza è stato liberato dai pesanti arconi di contrasto, costruiti in previsione di fare portante e non in camera-canna la volta sulla navata centrale, anche il matroneo verso mare è stato riportato alla forma originaria, permettendo di ricostruire gli archi del triforum nel vano delle finestre; infatti ci era giunto coperto da piccole volte a crociera, in tufo, leggermente arcuate, d'epoca tarda rispetto alla costruzione della chiesa, successivamente tagliate in corrispondenza delle trifore per dar luce ai finestroni ottocenteschi. La copertura di entrambi i matronei è stata fedelmente ricostruita; infatti le testate e le pareti ne definivano pendenza, posizione ed imposta, mentre la frequenza delle travi era suggerita dal susseguirsi di incassi a distanza regolare.
Rimosse le volte del transetto, rialzate le mura, ricostruiti i timpani di testata, anche l'oculo a sud e la bifora a nord sono tornati al loro posto.
Il quadrato d'imposta della cupola era dato dall'arco trionfale, dall'arco absidale e da due archi trasversi supposti in un primo momento d'epoca romanica, poi risultati recenti, con i pennacchi a vela della cupola, anch'essi, al pari del controsoffitto, in camera-canna. La cupola, ottogonale con lesene angolari all'esterno, era circolare, leggermente ellittica all'interno.
La purezza di linea dell'arco trionfale, adeguato allo stile romanico riportato in luce, ha portato alla distruzione ogni intromissione di elementi, per caratteri compositivi e per stile, estranei.
La trabeazione ottocentesca, in stucco, che fasciava il transetto e l'abside, disarmonica nell'interpretazione locale delle forme, ostentava un'eccessiva altezza della cornice, un eccessivo aggetto dell'architrave, un'errata sintassi nei rapporti tra altezze ed aggetti, particolarmente evidenti se posti a confronto con il valore architettonico, coerente con le navate, della medievale cornice d'imposta, in pietra, dell'arco trionfale.
Liberate le semicolonne delle pilastrate e le navatelle dagli intonaci, si è constatato che anche in queste ultime il soffitto a volta era costituito da un controsoffitto in camera-canna, rimosso il quale, è apparsa la volta originaria in pietra, rincocciata con semplici riquadri seicenteschi in stucco. Le pareti d'ambito furono in più tempi traforate per aprire cappelle ed erigere altari, demolendo parzialmente il paramento originario. Tutti i vani sono stati chiusi ad eccezione del principale, l'odierna cappella del Santissimo e dell'Addolorata, della quale, completamente rinnovata all'interno, con volta a vela su pianta ottagona inscritta in un vano parallelepipedo, è stato rimpicciolito l'accesso, rifacendo nuovi stipiti ad arco.
Il rivestimento in stucco delle pareti della cripta, poco più tardo rispetto a quello della chiesa superiore, era particolarmente cospicuo e tenace.
I problemi che la Cattedrale di Bisceglie ha sollevato, così per la sistemazione interna come per quella esterna, hanno portato a dover scegliere, data la commistione stilistica, caratteristica peculiare del monumento, quanto delle antiche strutture andava rimesso in luce a scapito di quelle successive, e quanto andava conservato a scapito delle prime.
La prima soluzione prevedeva un intervento parziale che lasciasse in opera la copertura sette-ottocentesca esistente al di là dell'arco trionfale, ripristinando nelle sue forme romaniche superstiti il corpo longitudinale. Così il grande arco avrebbe incorniciato sobriamente la zona presbiteriale, estendendo la sontuosità barocca a tutta la chiesa.
Nella seconda soluzione si poneva al primo posto il carattere romanico, mantenendo nella sola zona presbiteriale, in tono subordinato, l'esistente complesso non romanico costituito dalla balaustra intarsiata, dal coro intagliato, dall'organo e dal grande altare, raccolto sotto il morbido e spazioso movimento delle volte, prive di decorazioni.
Fu attuata, invece, una terza soluzione, dettata da considerazioni statiche e tecniche; questo portò ad operare il ripristino romanico integrale, eliminando coperture a volta e balaustrata, lasciando di non romanico il solo coro ligneo.
In quanto all'esterno, il problema della conservazione o della distruzione riguardava la cella campanaria ottocentesca posta sopra il campanile più antico, che fa da fondale all'antica strada di accesso alla Cattedrale ed è inclusa nell'attuale equilibrio estetico dell'ambiente urbanistico, il sottostante corpo della sagrestia e della sala dei canonici, settecentesco, costituito da un piano sopraelevato rispetto a quello della chiesa e da un portico sulla piazza, il complesso decorativo attorno alla porta laterale della chiesa, la cappella di gradevole gusto rinascimentale che ha un lato a filo della facciata principale, detta di San Biagio nel '600, poi dell'Addolorata o di San Cristoforo, con allusione all'affresco molto deteriorato sulla parete esterna.
Questi quattro elementi, che per sé stessi non hanno un vero pregio, si sostengono esteticamente l'un l'altro: sopprimere una parte avrebbe fatto precipitare il rapporto tra romanico e aggiunte posteriori e la parte restante sarebbe risultata stonata e superflua. Quindi la soluzione adottata sarebbe dovuta essere, per forza di cose integrale: mantenere o demolire tutti i quattro elementi.
Operando le demolizioni, precisava il Berucci, il paramento originario che sarebbe tornato in vista sarebbe stato quasi quanto quello che doveva essere fatto del tutto nuovo; meglio, dunque, anche dal punto di vista puramente estetico, mantenere le testimonianze della vita del monumento nei secoli e non turbare il raggiunto equilibrio architettonico.
Il 29 settembre 1972 la Cattedrale, terminati i lavori di restauro della chiesa superiore, riprendeva le sue funzioni, mentre il 9 febbraio 1975 veniva inaugurata la cappella del SS. Sacramento e dell'Addolorata, interamente ricostruita in luogo della seicentesca cappella del Sacramento. Infine, il 18 dicembre 1977 veniva riaperta al pubblico la cripta dei Santi Martiri, riportata alla pura essenzialità delle linee romaniche.
Purtroppo, per via delle notevoli difficoltà incontrate e delle ardue scelte da attuare da parte dei responsabili del restauro, troppe vestigia del passato, anche non remoto, sono andate perdute.
La Cattedrale di Bisceglie non è passata incolume attraverso i secoli. I gusti e le mode d'ogni epoca hanno lasciato la loro impronta sovrapponendosi, spesso senza armonia di risultati, ma realizzando un complesso storico e vivo. Ci si è trovati di fronte alla necessità di scegliere quale linguaggio stilistico conservare.
Ma è giusto preferirne uno a scapito di un altro?
Ogni forma d'espressione sembra l'unica accettabile a chi, nel suo tempo, se ne fa interprete.
Della nostra Cattedrale è stato scelto di conservare le parti romaniche e, in molti casi, le parti colpite dall'infamia di non essere romaniche hanno corso il pericolo di essere soppresse. Queste parti fanno comunque parte della vita del monumento e ne testimoniano il passaggio attraverso il tempo.
Non è possibile biasimare la scelta dei responsabili del restauro che hanno preferito rendere la Cattedrale staticamente sicura, piuttosto che, per un seppur apprezzabile interesse artistico, mantenere la situazione del momento, correndo il rischio di vederla in macerie, compromettendo in maniera definitiva ciò che il tempo aveva portato fino a noi.