La vita dei frati nell'ambito della comunità e della Chiesa

Oltre a ricevere l'apporto dei cittadini di Barletta, di ogni ceto e condizione, l'aiuto del Comune (si ricorda che a spese del comune fu costruito il cappellone), i frati volsero, chiaramente nell'ambito delle loro competenze, attività remunerative che consentirono loro di mantenere e curare sia il convento che la chiesa. Non si hanno, fra documenti di questo periodo, almeno fino al 1700, richieste di aiuti ne notizie di deterioramenti della chiesa, anzi si sa che a partire dal 1618, il convento fu ampliato notevolmente e in esso sorse uno Studio Generale e fiori uno studentato di teologia e filosofia, con un importante biblioteca. Tra i padri più dotti si ricordano: padre Bonaventura da Brindisi, esperto in teologia, e padre Bonaventura da Fasano, valente storico, entrambi sepolti dietro l'altare maggiore, come attestano le due lapidi delle quali solo quella di padre Bonaventura da Brindisi reca un'epigrafe.
In essa si legge:
MUTUS ISTE LAPIS SINE VOCE VOCALIS EST
SIC CLAMAT LICET SILEAT
OSSA TANTUM ET CINERES
INCLITI VIRI MEMORANDAE MEMORIAE
CONCINATORIS ADMIRABILIS
PATRIS ADMODUM REVDI FRATRIS BINAVENTURAE A BRUNDUSIO TEGO
SUAS TAMEN VIRTUTES CLAUDERE MINIME POTUI
ARDENTEM IN DEUM PIETATEM PROFUSAM IN FRATRES CHARITATEM
QUI SIVE A SECRETIS IN ROMANA CURIA ESSET
SIVE LEGATIONES VARIAS OBIRET
SIVE MINISTRI PROVINCIALIS FUNGERETUR OFFICIO
SIVE DIFFINITORATUS ET CUSTODIS
FAMA IN GENERALEM MINISTRUM ESSET COAPTATUS
QUAE DOCTIS DOCUIT LIBRIS IN HAC AEDE ASSERVANTUR
IN SIAQ. ALIA EFFERRE REFFERRE PAUCI POSSUNT.
NEC DOLEAS O LETTOR QUOD HINC ABIERIT
SED GAUDE QUOD COELUM SUBIERIT
TANTO VIRO
CUM NULLUS JUSTE JUSTA SOLVERET
ADMONDUM REVERENDUS PATER FRATER
JACOBUS AB ACQUAVIVA MINISTER PROVINCIALIS
MERENS MERENTI POSUIT ANNO DNI 1657. OBIIT AN. D. 1628 KAL. MAII .
(E' qui sepolto un uomo di venerabile ricordo, grande predicatore, frate Bonaventura da Brindisi. Non è facile parlare delle sue innumerevoli virtù di carità e pietà e delle varie cariche che occupò nella Curia Romana. Iacopo da Acquaviva Ministro Provinciale pose nel 1657 questa lapide per Bonaventura morto nel 1628). L'altra lapide reca solo il nome e la data di morte di padre Bonaventura da Fasano. Sempre dietro l'altare maggiore, esiste una lapide dei francescani che si può considerare una testimonianza importante : la lapide è del 1558 e attesta chiaramente la presenza dei frati nella chiesa già in questa data (anzi, considerando che si tratta di un sepolcro, nel periodo anteriore a questa data); essa reca una semplice scritta: S. FRATIUM MDLVIII. I documenti in nostro possesso risalgono alla fine del XVI secolo e attestano lasciti cospicui alla chiesa da parte di numerose famiglie (si ricordano soprattutto i Marulli e i Cognetti) le quali, inoltre, per testamento tramandavano ai figli e ai nipoti, con appositi legati, questa devozione verso la chiesa. Chiedono in cambio messe perpetue e, talvolta, ne indicavano l'ora e l'altare. I frati zelantemente celebravano queste messe e ne attestavano il numero alle famiglie con regolari certificati. Altre fonti di introiti per i frati erano le messe celebrate in altre chiese della città e regolarmente remunerate, l'attività di predicazione ed altri pietosi uffici legati al loro spirito di carità, ma che, quanto meno, fruttavano al convento compensi in natura, come vino, olio ed altre cose del genere. Verso la fine del XVII secolo, però, questa situazione mutò e andò via via aggravandosi. Probabilmente l'evento determinante fu la peste del 1656-57, i cui effetti negativi si protassero per tutta la fine del secolo e gli inizi del successivo. Il Loffredo riferisce che dei 35.000 abitanti che contava Barletta, ne rimasero, dopo la peste, solo 8.000; aggiunge che "nessuno nella generale desolazione lasciò memoria di tanta catastrofe". Unica testimonianza fu una lapide messa dai Frati Osservanti nel portico del loro convento, annesso alla chiesa di S. Andrea, oggi non rinvenibile. Lo spopolamento e la miseria, che seguirono la peste, influirono chiaramente sulle condizioni della comunità. Vennero meno loro molti proventi, sia in natura che in denaro. Anche se i frati continuarono a celebrare messe per tutto il secolo XVIII, come attestano i documenti, verso la metà del 1700 essi appaiono in condizioni di estrema indigenza. E' del 1757 una richiesta di aiuti dei Minori Osservanti al Re di Napoli. Su richiesta del re, l'arcivescovo si recò nel convento personalmente con un ingegnere e riferì, poi, al re sullo stato di indigenza in cui versavano i frati, che avevano bisogno di vesti e di cibo e sullo stato di degrado del convento che aveva urgenza di lavori di restauro. Il re incaricò il marchese di Squillace di dar corso alla supplica dei Minori Osservanti. Oltre a questi documenti, se ne trovano altri, sempre del secolo XVIII, che si riferiscono a richieste, alla Curia Romana, di permessi di celebrare alcune solennità.

[Soppressione delle istituzioni religiose]