Le lame ed il loro recupero
PREFAZIONE La Regione Puglia quanto ad "attenzione" per il paesaggio ed i valori ambientali è ormai divenuta fanalino di coda rispetto all'intero Paese. Inoltre la Regione essendo riconosciuta come area di sviluppo presenta al suo interno notevoli contraddizioni di carattere sociale, industriale ed urbanistico. Le motivazioni dello stato attuale non si ritrovano nel piano bensì nel rapporto piano, gestione ed attuazione. Ovvero, il piano deve essere adeguato al contesto reale, un contesto costituito anche dall'effettiva disponibilità di risorse nonché dalla loro accessibilità. Solo in questo modo è possibile conseguire gli scopi socialmente prefissati i quali, è noto, interagiscono con la forma stessa della città. Difatti, il Piano Quaroni per Bari, non rispondendo a queste esigenze, a più di venti anni dalla sua adozione non è stato ancora completamente realizzato nonostante sia uno dei migliori piani elaborati nella recente esperienza italiana. Da una panoramica sulle iniziative intraprese dalla Regione in merito alla pianificazione del paesaggio e del territorio, nonché della loro salvaguardia e valorizzazione, appare evidente la sua totale latitanza, pure in periodi di intensa elaborazione di studi e proposte, di carattere sia generale sia settoriale. Sin dal 1970 si sono avviati studi in merito all'assetto del territorio; questi sono stati convogliati nel Documento programmatico per l'avvio della pianificazione territoriale in Puglia del 1975, un documento completo di quadro analitico, di obiettivi, di azioni atte a perseguirli,... Il tutto ha portato all'emanazione della Legge Regionale n.56/1980 dal suggestivo titolo Tutela ed uso del territorio. Questa legge, seppur inserisce tra gli obiettivi di priorità assoluta la salvaguardia dei territori costieri con l'introduzione di "scelte di preclusione", comprende, solo fra le operazioni di seconda priorità le iniziative volte a promuovere azioni di salvaguardia attiva dei territori più vulnerabili sotto il profilo ambientale-paesistico. Se si considera, infatti, che le principali cause del degrado ambientale-paesistico delle aree interne è proprio l'assenza di interventi atti al recupero ed alla salvaguardia con provvedimenti tipo l'istituzione di parchi, tutela del patrimonio storico-artistico-archeologico, riutilizzazione del patrimonio edilizio esistente, si comprende come la Regione abbia preferito utilizzare una linea "difensiva" piuttosto che "propositiva". Se a quanto detto si somma lo schema "a maglie larghe" con cui questa legge è stata strutturata, gli esiti degli strumenti normativi esposti appaiono tutt'altro che scontati. Le amministrazioni locali, infatti, godono di ampi margini di discrezionalità sia in fase interpretativa sia gestionale. È opportuno riferire che, in adempimento alla Legge Galasso, la succitata Legge Regionale n.56/1980 individua nel Piano urbanistico territoriale (PUT) e nei Piani urbanistici territoriali tematici (PUTT), gli strumenti della pianificazione a livello regionale. Intanto, a livello comunale, gli scarsi risultati che si ottengono dal punto di vista qualitativo si devono principalmente ad una prevalenza di Piani di Fabbricazione (PdF) rispetto ai Piani Regolatori Generali (PRG): i primi, infatti, ad un'ampia previsione edificatoria contrappongono una scarsa attenzione ai valori paesistico-ambientali. La persistenza dei PdF è conseguenza del fatto che, nonostante i tempi di revisione di tali piani siano nettamente superiori a quelli di elaborazione di nuovi PRG, essi costituiscono un punto di equilibrio consolidato, il cui turbamento potrebbe eliminare il consenso di cui l'amministrazione locale gode. Rimane comunque il problema che la mancanza di un quadro di riferimento globale determina il mancato esercizio da parte della Regione dell'indispensabile funzione di coordinamento delle iniziative proposte da privati (finanziati dai Fondi FIO, PIM, Legge Regionale n.7/1986) e delle scelte degli altri soggetti istituzionali. GEOMORFOLOGIA DEL PAESAGGIO PUGLIESE Dal punto di vista geologico, il paesaggio pugliese è definibile della pietra ed è proprio questa sua caratteristica che gli consente di rientrare nella famiglia dei "paesaggi modellati" (E. Turri, I paesaggi modellati, in AA.VV., 1958). Infatti, le rocce ricche di carbonato di calcio, quali il calcare, assumono un aspetto singolare sotto l'azione modellatrice dovuta all'acqua che, innestando fenomeni fisico-chimici, svolge un'azione di dissoluzione delle rocce stesse. Se a questo processo affianchiamo quello demolitore di contrazione-dilatazione dovuto alle variazioni termiche, è facile intuire quali grandi forze plasmino, in modo spettacolare, il paesaggio pugliese. Si hanno, così, campi solcati, gradonate carsiche, meati di assorbimento, marmitte erosive, grotte, doline, gravine, lame. Questo fenomeno, che da sempre ha influenzato il paesaggio naturale e antropico della Regione, op-pone ad uno scarso sistema idrografico di superficie una ricca idrogra-fia sotterranea, legata proprio al carsismo. Il fenomeno geomorfologico assume diverse configurazioni: a Nord di Bari i solchi erosivi sono lunghi anche decine di chilometri ed ortogonali alla costa mentre a Sud, dopo l'interruzione relativa alla piattaforma calcarea che raggiunge la costa di Mola, sono evidenti a breve distanza dal mare percorsi torrentizi dalla lunghezza assai ridotta. LE LAME E L'EDILIZIA RURALE Nonostante le lame si siano formate in seguito allo scorrere di acque superficiali, già in età medievale la loro presenza non pare abbia significato una par-ticolare disponibilità di risorse idriche, così come era proba-bilmente avvenuto in età anti-che, allorquando la distribuzione degli insediamenti sul territorio fu anche influenzata dall'andamento di questi antichi solchi torrentizi. Infatti, le lame sono state riconosciute come direttrici di migrazione verso l'entroterra pugliese. Una conferma in tal senso ci è data dalla presenza di vasti ed importanti siti di interesse archeologico proprio lungo le pareti rocciose delle lame, il cui fondo era ormai utilizzato come viottolo di percorrimento all'interno del casale; i pozzi scavati nei pressi delle grotte-abitazione dovevano invece raccogliere, attraverso un sistema di canali, l'acqua piovana dalla parte superiore della lama, cioè dalle rocce di copertura delle abitazioni rupestri. Nel fondo, inoltre, si praticavano le prime forme di agricoltura e pastorizia. La Puglia è stata riconosciuta come civiltà rupestre in seguito al ritrovamento, nel banco roccioso lungo gli spalti delle lame, di più di 300 "krypte" (termine greco che significa "luogo nascosto"), chiese a navate ed arcatelle decorate con una ricca iconografia ad affresco. L'andamento delle lame sul territorio è pressoché rettilineo, con deboli biforcazioni in rami secondari che portano alla formazione di rilievi spartiacque di notevole interesse non solo per la particolare suggestione paesaggistica ma anche per l'essere luoghi di antichi insediamenti umani. La realizzazione delle grotte è stata favorita dalla capacità dei depositi calcareo-arenaici e calcareo-arenaceo-argillosi di essere scavati sia in direzione verticale (in ipogeo) sia in direzione orizzontale (in rupe). Importanti rinvenimenti in territorio di Bari sono: gli ipogei di Masseria Madia Diana, Santa Maria della Grotta, Santa Caterina, Torre Alberotanza, Torre Tresca, Torre Bella, le grotte di Santa Candida e i rupestri della cripta di Santa Candida e di Santa Lucia. Le lame, come anche le gravine, hanno sempre avuto un singolare rapporto con l'edilizia rurale. Si pensi, ad esempio, alle masserie a torre costruite sulle pendici delle lame per il controllo delle colture: nel periodo della fortificazione del territorio rurale pugliese, difatti, si era soliti erigere queste masserie a distanza regolare, definita a tiro di fucile (si può facilmente comprendere il perché), dalle coltivazioni. Altre motivazioni che hanno consolidato questo rapporto tra edilizia rurale e formazioni geologiche possono ritrovarsi in quelle climatiche, architettoniche,... LA CONCA DI BARI Si è visto che fenomeni naturali come la sedimentazione, la tettonica e l'erosione diversamente combinati, hanno determinato, in particolare, l'attuale situazione geomorfologia dell'area barese, conosciuta col termine geografico di Conca di Bari. L'aspetto morfologico di questa zona presenta ampi ripiani allungati disposti parallelamente alla costa ed a quote via via decrescenti verso l'Adriatico. Questo, come è noto, è l'aspetto tipico dell'area murgiana. La Conca di Bari è anche caratterizzata dalle numerose e ravvicinate lame che incidono perpendicolar-mente questi ripiani: Lama Balice, Lama Lamasinata, Lama Villa Lamberti, Lama Picone, ... Generalmente il fondo di questi solchi erosivi sono piatti e si presentano come corsi d'acqua stagionali a carattere torrentizio; infatti, in caso di copiose precipitazioni esse convogliano notevoli quantità d'acqua il che ha creato non pochi problemi alla città di Bari sino a poche decine di anni fa. Si pensi che il quartiere Libertà è stato alluvionato l'ultima volta nel 1926. Il rischio alluvione della città di Bari si evince facilmente dallo studio del reticolo idrografico delle Murge centro-settentrionali. Al fine di eliminare questo rischio, a monte della città sono stati scavati dei canali di convogliamento delle acque, disattivando in tal modo le lame che attraversano l'abitato (ad esempio Lama Picone). Altro elemento caratteristico delle lame è il punto di sbocco al mare: qui vengono a formarsi larghe baie sabbiose alternate ad insenature scogliose, strette e profonde. Anche in questi "approdi protetti" si registrano insediamenti e frequentazioni sin dalla preistoria. LA LAME ED I LORO HABITAT Nonostante nel corso dei millenni si siano stratificate modificazioni e insediamenti antropici, l'habitat costituito dalle lame è complesso e variegato. È facile intuire come la forte pressione dell'antropizzazione abbia, nel corso degli anni, compresso all'interno di queste depressioni geologiche le diverse specie faunistiche che, in luoghi così umidi, si sono ben adattate. Si constata, allora, la presenza di piccoli mammiferi tipici della fauna regionale, di avifauna di tipo stanziale e migratoria nonché interessanti specie di erpetofauna e di insetti. Specie nei più estesi alvei delle lame, si rinviene una vegetazione, in forma di macchia, che, per quanto rappresenti una forma degradata a garigia dei fitti querceti che in origine coprivano il territorio regionale, è ricca di specie arboree ed arbustive tipo il lentisco, il mirto, l'olivastro, il carrubo, il corbezzolo, ... Interessante è notare come, al variare di quota e quindi di orizzonte climatico, sia possibile leggere l'avvicendamento delle diverse specie arboree ed arbustive ma, ancor più suggestiva, è la netta distinzione della vegetazione presente al piano campagna da quella presente all'interno dei solchi erosivi; infatti, le diverse condizioni di umidità, di protezione dai forti venti marini, di esposizione all'insola-zione di alcune pareti (caratteri microclimatici) nonché la particolare fertilità dei terreni alluvionali presenti sul fondo delle depressioni geologiche (carattere podologico) determina due distinti habitat naturali. Da quanto appena esposto, appare evidente anche la fondamentale importanza del clima in questo contesto: l'andamento climatico, difatti, è il presupposto per l'insediamento dei boschi e delle macchie. I caratteri climatici generali della Conca di Bari sono: -temperature elevate d'estate e basso-moderate d'inverno con rare gelate notturne; -precipitazioni limitate, più frequenti in primavera e durante l'autunno, molto scarse in estate; -isolati temporali estivi spesso grandiniferi; -nevicate invernali poco frequenti. Per quanto concerne le temperature, le minime si manifestano in gennaio-febbraio e si assestano intorno ai 7-8°C mentre le massime si registrano nei mesi di luglio-agosto con valori intorno ai 24°C; è semplice verificare che l'escursione tra la temperatura minima e quella massima è di circa 16°C. L'aumento più marcato delle temperature si ha nel passaggio dal mese di maggio a quello di giugno, viceversa la diminuzione più marcata si ha da ottobre a novembre. Le precipitazioni annuali medie raggiungono i 600 mm, e si precisa che il mese più piovoso risulta essere dicembre con 76 mm circa mentre quello meno è luglio con circa 20 mm. Per quanto riguarda i venti, i prevalenti provengono dal versante Nord con Nord-Est e Nord-Ovest mentre i meno frequenti, ma più forti di intensità, sono quelli provenienti da Sud, Sud-Ovest e Ovest. Ne deriva, quindi, un clima subumido, moderato, intermedio tra quello litoraneo e quello semicontinentale. UN CASO DI STUDIO: LA LAMA DELL'ANNUNZIATA Alla luce di quanto sinora esposto nonché come verifica, proseguo con la presentazione della Lama dell'Annunziata, detta Lamone per le sue proporzioni. Questo solco erosivo ha origine nel territorio di Sammichele e, dopo aver attraversato i Comuni di Casamassima, Rutigliano, Noicattaro, Trig-giano, sfocia nel mare adriatico presso San Gior-gio, poco a sud di Bari. La lama, di grande interesse dal punto di vista paesaggistico, ha fianchi prevalentemente poco ripidi ed un fondo valle ampio e pianeggiante: ciò ha permesso all'uomo di operare un intenso disboscamento per adibire i territori a colture agricole quali vite e olivo. Dell'originario manto forestale, quindi, restano oggi solo lembi sporadici che testimoniano la presenza di formazioni vegetali rigogliose e ricche di particolari essenze arboree (leccio, quercia, coccifera, fragno), erbacee (avena fatua, allium roseum, carlina corimbosa, papaver rhodeas) ed arbustive (ginestra, cisto, rovo, rosa selvatica, asparago, finestrino, querce). Come si è anticipato, non sono rare le aree destinate a coltivazioni agricole, variate nel corso dei secoli. Si rinvengono, infatti, tracce delle passate colti-vazioni (esemplari di noce, di nespolo, di mandorlo, di fico d'india e, soprattutto di olivo) al fianco di più vaste aree di vite da tavola che hanno limitato la vegetazione spontanea in spazi ben ristretti. È evidente, dunque, la notevole variabilità, da monte a valle, sia dal punto di vista fisionomico che strutturale in conseguenza del diverso uso del territorio, il che comporta l'esistenza di diversi habitat vegetazionali: ad esempio, in prossimità della grotta detta du tr'sciungl vi è un habitat ombroso ed umido a ridosso del pendio e, al contrario, soleggiato e secco nel grande spiazzo che si apre di fronte al pendio stesso. Il corso del "lamone", pur avendo un patrimonio boschivo esiguo, ha un assetto fitogeografico molto interessante. UN CASO DI STUDIO: LA LAMA PICONE In questa lama sono state localizzate circa 20 grotte (tra cui quelle di Santa Candida) ma, da indagini più approfondite, pare possa scoprirsi un sistema insediativo più complesso sia nel numero sia nell'articolazione planimetrica. Su quest'area insistono ancora conflittualità storico-ambientali col "tondo" (circa 340 metri di circonferenza!) dell'asse Nord-Sud ed Est-Ovest. Infatti, il tronco dell'asse Est-Ovest che confluirà nel tondo attraverserà, con un viadotto, la Lama Picone, proprio in prossimità dell'area archeologica delle grotte di Santa Candida. Si e-videnzia come questa area sia già minacciata dalla presenza: a Nord, della tangenziale in prossimità della zona 167 di Poggiofranco; a Sud, dal canale deviatore e dal centro abitato di Carbonara; ad Est, dalla strada provinciale n. 123 Adelfia-Bitritto; ad Ovest, da Via Alberotanza. Si assesterebbe, così, un ulteriore colpo alla già precaria situazione, destinando l'intera area ad un rapido degrado. Ciò che preoccupa seriamente è come l'elaborazione progettuale non abbia assolutamente considerato eventuali varianti o accorgimenti tecnici atti a mitigare l'impatto negativo dell'opera sul territorio. Risulta inoltre superfluo evidenziare che tale infrastruttura, ai giorni nostri, creerà anche condizioni di notevole conflittualità con il sistema viario esistente a causa di numerose intersezioni non previste nel progetto originale. LE LAME: UN PATRIMONIO DA RECUPERARE Sin dai nuovi tracciati urbani ottocenteschi l'equilibrio morfologico ed ambientale è entrato in crisi con i mutamenti strutturali delle città e del paesaggio agrario. I canali erosivi conoscono un iniziale periodo di degrado dovuto ad un più intensivo disboscamento e/o all'uso di discarica e/o di cava cui vengono destinati. Se alle carenze storiche si aggiungono le inadempienze e i ritardi attuali, si comprende come questo immenso patrimonio naturale versi in condizioni precarie di salvaguardia e di tutela, per non menzionare veri e propri casi di dissesto geotecnico e/o idrogeologico. Purtroppo, il ritardo delle politiche territoriali nel settore della pianificazione paesistica fa sì che essa non riesca ad interagire adeguatamente, attraverso forme di controllo, con i processi di trasformazione del territorio. Si hanno, così, casi di violente ed incise modificazione del paesaggio dovute a: -diffuse variazioni colturali nel settore agricolo (da uliveto e mandorleto a monocoltura della vite e del kiwi); -attività estrattiva legata allo sfruttamento delle cave di calcare e calcarenite nel settore produttivo. È fuori luogo che queste ferite aperte sui costoni delle lame abbiano privato molti centri abitati della regione di un lembo di natura e di campagna all'interno del tessuto urbano ove poter impiantare "parchi urbani lineari" come ci insegnano le esperienze americane esemplificate dal sistema di parchi urbani della Emeralde Necklace di Boston. Forse a causa della dubbia preparazione e sensibilità culturale dei tecnici comunali e degli amministratori, anche nel verificare l'adeguamento del PRG di Bari vigente alla Legge Regionale 56/80 non si è superata la concezione di completa subordinazione del territorio all'espansione degli insediamenti urbani. Si sono, invece, con opportune procedure tecnico-amministrative, accelerati i processi edificatori in atto in zone per servizi, di completamento e di espansione, giustificando ciò col voler costruire il "sistema del verde" nelle residue aree agricole. Purtroppo il vero problema sono stati questi tecnici e non Quaroni che ha pianificato secondo una gerarchia di valori tipica degli Anni Sessanta. È in fase di revisione che nel piano dovevano inserirsi obiettivi di sviluppo tesi ad ottimizzare l'uso del suolo nei suoi diversi aspetti ambientali e produttivi ed a recuperare e salvaguardare le presenze storiche ed archeologiche. Alla lama si può attribuire un ruolo primario per il controllo della dinamica del paesaggio. Grande attenzione, però, bisogna porre nello studio dei nodi che il sistema delle lame ha instaurato con gli elementi antropici, tipo percorsi stradali, ferroviari, attraversamenti, ponti,... nonché alle stesse ramificazioni naturali come biforcazioni, incroci fra lame,... Ad oggi, qualsiasi azione intrapresa a salvaguardia del paesaggio è stata di tipo parziale, locale ma per valorizzare il potenziale biologico e il significato storico-culturale delle lame si rende necessaria un'azione unitaria; occorre una normativa di tutela del paesaggio, un catalogo di norme comportamentali e propositive che uniformi gli interventi al di là delle artificiose segmentazioni amministrative. La tutela e salvaguardia del sistema delle lame è opportuno che avvenga tramite un modello dinamico ricavato dalla comparazione dei dati di partenza con quelli storici eventualmente posseduti: in tal modo sarà possibile analizzare tutti i mutamenti del paesaggio in esame al fine di restituirne la complessità e non la sua banalizzazione. Da questo studio deriverà un Piano di Tutela e Gestione delle Lame nel quale è opportuno che la perimetrazione delle aree contempli non solo il solco erosivo ma anche la campagna intorno ad esso al fine di non tralasciare le interazioni tra la lama ed il territorio circostante: -il fondo della lama, assieme alle pareti verticali, richiede un ripristino della situazione naturale originaria fortemente compromessa dagli attraversamenti stradali, dalle attività estrattive, dal flusso di liquami, dal pascolo, dalle coltivazioni, dal disboscamento,... -i bordi della lama, a causa delle colture che si spingono sino ai margini dei solchi erosivi, sono in pericolo sia perché i suoi pendii vengono utilizzati come discariche sia per l'utilizzo indiscriminato dei fitofarmaci in agricoltura; -lungo il piano di campagna che lambisce la lama sarà opportuno, invece, trasformare le coltivazioni esistenti in altre compatibili con la cavità carsica stessa. Dato che le lame lungo i loro percorsi incontrano aspetti climatici e preesistenze antropiche diverse, le coltivazioni varieranno di conseguenza, ovvero compatibilmente con l'habitat presente. Come si è più volte detto, dato l'ormai indissolubile nesso tra insediamenti antropici e solchi erosivi sorto durante la civiltà rupestre in epoca alto-medievale, sarebbe opportuno sia far rientrare nel piano di recupero delle lame le masserie presenti lungo il percorso sia ripristinare l'antico uso viario del fondo della lama. Le masserie verrebbero integrate nel Parco delle Lame come forma di agriturismo nonché come luoghi culturali collegati a "parchi archeologici" sorti su antichi insediamenti (si pensi ai villaggi primitivi, alle krypte, ai canali artificiali per il raccoglimento delle acque, ...). Per quanto concerne il ripristino dei vecchi tracciati viari, sarebbe interessante realizzare percorsi attrezzati alternativi come piste a cavallo, percorsi ginnici, itinerari botanici, ... Mi sembra superfluo precisare che qualsiasi tipo di attività estrattiva debba essere sospesa; le "ferite" ormai aperte potrebbero essere "ricucite" con la riconversione delle cave a bacini idrici per l'approvvigionamento di acqua per le colture oppure a laghi artificiali per realizzare stazioni di sosta dell'avifauna acquatica. Questo, è bene non nasconderlo, potrebbe essere un progetto che devia il flusso turistico presente sulla costa verso l'entroterra pugliese. A tal proposito è bene fare alcune precisazioni onde evitare che lo sviluppo dell'attività turistica deturpi il paesaggio e l'armonico equilibrio dei componenti ambientali abiotici e biotici. Infatti, la manomissione dell'ambiente non deve essere intesa solo visivamente (disordine plano-volumetrico, cattivo inserimento, rapporto di impatto con il contesto) ma anche come interruzione degli equilibri ecosistemici. Occorre, pertanto, approfondire le conoscenze sul territorio mediante lo studio della geografia dei valori ambientali (attraverso il differente livello di specificità e riconoscibilità delle categorie naturali nei diversi ambiti territoriali), della geografia dei valori storici (attraverso il differente livello di rapporto storicamente stratificato tra popolazione, attività e luoghi) e della geografia di compatibilità d'uso del territorio (in modo da facilitare la valutazione degli impatti relativi agli interventi). Nonostante le carenze normative in materia ambientale sopra citate, in Puglia si rilevano alcuni progetti di tutela, salvaguardia e recupero delle lame; tra questi citiamo: -Il Parco Archeologico ed Ambientale della Lama dell'Annunziata, redatto ai sensi della Legge Regionale 37/1979, nel Comune di Rutigliano. Il progetto mira alla valorizzazione del sito archeologico nonché alla tutela ambientale. In questo progetto, seguendo uno dei criteri metodologici sovresposti, anche la campagna circostante la lama viene inglobata nel progetto, prevedendone un uso diverso e compatibile con la destinazione a parco. -Il Parco Territoriale della Lama San Giorgio, redatto ai sensi delle Leggi Regionali 7/1987 e 7/1988, mira, invece, ad esaltare la voca-zione di elemento unificante del solco erosivo mediante percorsi attrezzati. Diversamente, allorquando la lama attraversi il centro abitato è prevista la realizzazione di aree di verde attrezzato, parchi urbani e quant'altro possa risolvere la carenza di "verde pubblico". -Il Parco Naturale Attrezzato della Lama Balice, nel Comune di Bari, redatto ai sensi della Legge Regionale 50/1975, presenta una nuova visione dei nove solchi erosivi che lo compongono. Difatti, sino ad oggi il problema "lame" è stato talmente ignorato che la loro presenza veniva facilmente "oscurata" con regimentazioni e colmate al fine di consentire alla città di crescere indistintamente; questo è com-provato sia dal-la difficile indi-viduazione dei solchi erosivi all'interno dei centri urbani sia dalla presenza di due grosse cave e dell'area aeroportuale civile e militare, sia dall'attestamento lungo il bordo a sud del quartiere periferico San Paolo sia dai notevoli attraversamenti stradali realizzati e di progetto. Quindi, ad oggi, sono queste le presenze antropiche che si affiancano ad aree coperte da fitta vegetazione a macchia mediterranea, a relitti del paesaggio originario pugliese, a masserie di notevole pregio monumentale; sono, però, questi ultimi aspetti che consentono non poche occasioni di recupero e tutela della lama. Il progetto, seguendo un'impostazione urbanistica piuttosto che ecosistemica, ha individuato le diverse vocazioni del territorio, proponendo tipologie d'uso gerarchicamente differenziate: -aree di riserva controllata, limitate alle zone meno compromesse dall'azione antropica e di notevole pregio ambientale; -recupero delle cave esistenti per la realizzazione di bacini idrici che controllino le acque piovane e per il ripopolamento dell'avifauna acquatica; -realizzazione, nelle aree di margine, di servizi turistico-ricreativi in grado di innescare un nuovo processo di uso e fruizione del sito da parte di tutta la cittadinanza. CONSIDERAZIONI CRITICHE Appare evidente che in questi anni il problema fondamentale sia stato (ed oserei dire che lo è tuttora!) quello della incompatibilità delle problematiche ambientali con quelle della pianificazione. Sino ad oggi l'approccio urbanistico è stato quasi sempre meramente economico-speculativo e le prospettive temporali normalmente prese in considerazione mettono in ombra il concetto di ecosviluppo. Recenti studi sulla politica del territorio hanno evidenziato la necessità di un più consapevole rapporto con l'intero sistema delle risorse naturali, fisiche, biologiche e storiche al fine di non spingere gli interventi di sviluppo oltre determinate soglie imposte dalla limitatezza (in senso quantitativo) delle risorse fisiche irriproducibili. Inoltre, da questi studi si deduce che l'usura incondizionata delle risorse fisiche finite tende a determinare condizioni di impoverimento complessivo e di squilibrio difficilmente risolvibili anche ad elevatissimo prezzo economico e sociale. Pur se molti condividono i principi dell'ecologia operativa di "irrinunciabile esigenza di trasformazione del territorio purché il prelievo dall'ecosistema avvenga senza degradarlo o distruggerlo ed affinché si tragga un beneficio duraturo e non temporaneo per un interesse economico ristretto" (J. Tricart e J. Kilian) è sulla necessità e modalità di trasformazione nonché sulle forme che assumono i fabbisogni della società che si giocano le diversità interpretative dei concetti di sviluppo e progresso. Questi affermati sono concetti non molto dissimili da quelli sostenuti nel Rapporto Brundtland della World Commision on Environmental and Development nel 1987 circa le conseguenze a medio e lungo termine che derivano dall'impatto prodotto dalla società sull'ambiente: si pone, cioè, la questione dello sviluppo sostenibile inteso come sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri. Quindi, uno sviluppo può definirsi sostenibile se soddisfa contemporaneamente i bisogni primari di tutti i popoli (concetto di globalità) e, inoltre, l'utilizzo di risorse non rinnovabili non precluda le opportunità future (concetto di sostenibilità). In tal senso già nel 1969 si mosse Mc Harg il quale considerava la pianificazione ambientale come pianificazione di usi del territorio in funzione della compatibilità con le sue caratteristiche ecologiche e ambientali; ovvero, nelle dinamiche ecologiche ed ambientali bisogna tener conto del fattore temporale e della esauribilità delle risorse al fine di permettere la loro rinnovabilità. Bisogna, cioè, considerare quella che nel campo dell'environmental design si definisce Carrying Capacity: capacità massima dell'ecosistema di rigenerazione delle risorse. Quindi, dalla presa di coscienza delle distorsioni dell'erosione urbana ne è derivata una svolta nelle logiche della pianificazione in merito ai problemi relativi alla geografia fisica, alla geografia degli insediamenti umani, alla geografia delle risorse ambientali, storiche e naturali. Si tenta di individuare più interventi alternativi e, tra questi, scegliere mediante valutazioni quantitative di tipo economico (analisi costo-benefici) e qualitative di tipo ambientale (studi di compatibilità ambientale) il più opportuno. In passato, proprio l'assenza di un procedimento di analisi-valutazione-decisione nonché di un sistema di geografie storiche e previsionali ha impedito una visione globale dei problemi e, quindi, uno sviluppo urbano connesso alla salvaguardia e tutela del territorio. Risulta obbligatoria, quindi, una nuova interpretazione degli strumenti urbanistici al fine di conferire maggiore importanza ai valori ambientali. Vincenzo Alfonso BIBLIOGRAFIA Piano Progetto Città, semestrale della Facoltà di Architettura di Pescara, Gangemi Editore, 1990 Conflittualità ed incompatibilità ambientali nei processi di trasformazione del territorio: città metropolitana e Sud-Est barese, di L. A. Cito, W. Morgese, F. Pace, M. Scionti, Edizioni dal Sud, 1992 Archeologia di una città: Bari dalle origini al X secolo, edizione EdiPuglia Il territorio a Sud-Est di Bari in età medievale, catalogo a cura di Vito l'Abbate, Comune di Conversano