da "LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO " giovedì 31 maggio 1990
 Una ricerca degli studenti di Fotogrammetria architettonica della Facoltà di Ingegneria dimostra che è in serio pericolo. Abbandonato da un decennio rischia una "dolce morte". L'eutanasia, cioè la dolce morte, non è ancora avvenuta, ma per il teatro Margherita qualcuno ha già intonato il de profundis. Chi? Innanzi tutto Comune e Ministero dei Beni culturali che a furia di continuare il minuetto di polemiche e carte bollate, stanno facendo marcire il teatro sul mare, unico - o quasi- in Europa. Che gli intonaci stiano cadendo, i fregi sgretolandosi, i pilastri scricchiolando lo dimostra il "no" categorico e risoluto espresso dalla direttrice della Biblioteca nazionale, la dott. Maria Teresa Tafuri, ai 20 studenti del quattordicesimo corso di Fotogrammetria architettonica della Facoltà di Ingegneria. Gli studenti volevano compiere una verifica nei locali del teatro, anzi dell'ex teatro, ma dalla Biblioteca nazionale, dove sono custodite le chiavi dell'immobile, è arrivato il diniego. I ragazzi hanno affermato che il parere negativo era stato motivato dallo stato &laqno;abbastanza precario» della struttura. Eufemismi a parte - il Margherita sta cadendo a pezzi - gli studenti non si sono scoraggiati più di tanto e nel complesso di Santa Scolastica hanno organizzato una conferenza sul tema "Demoliamolo: eutanasia per un bene culturale!". Nel corso della manifestazione gli studenti hanno presentato tre ricerche sul Margherita: una sul piano storico-architettonico; l'altra su quello urbanistico-ambientale; l'altra ancora su quello strutturale. Gli animatori del corso di Fotogrammetria non vogliono demolire il teatro, anzi vogliono che lo stabile sia risanato e ridestinato alla sua funzione originaria, quella di spettacolo, invece che a Biblioteca nazionale. La proposta di recupero è provocatoria, ma sino ad un certo punto. Gli studenti ipotizzano di ricreare un "polmone verde" dinanzi al teatro, in modo da collegare meglio l'edificio al tessuto urbano. Secondo gli studenti lo stabile, di proprietà del Ministero della Marina mercantile e concesso a quello dei Beni culturali, è abbandonato da oltre un decennio &laqno;ed è rimasto isolato dalla vita cittadina-s'afferma nella ricerca-con l'eliminazione nel 1930 del piccolo giardino antistante l'immobile e con la conseguente creazione della strada». Con la "nuova" zona verde il Margherita verrebbe unito alla città. I modi per raggiungere quest'obiettivo, secondo gli studenti, sono due: ridurre l'ampiezza della strada che si trova dinanzi al Margherita, facendo quindi scorrere il traffico in un solo senso di marcia, oppure spostare la strada alle spalle del teatro. In quest'ultimo caso occorrerebbe ricorrere a una "colmata", nella zona retrostante il Margherita che sorge su palafitte, seppur di cemento armato. L'idea di un teatro, lì dove attualmente sorge il Margherita- hanno ricordato gli studenti-risale alla fine del 1910. Proprio li, dove corso Vittorio Emanuele e tutta la città si confondono col mare, era sorto un rudimentale palcoscenico in legno per rappresentazioni a carattere popolare, denominato "Varietà Margherita" dal nome della consorte di re Umberto I di Savoia. La struttura fu distrutta da un incendio e successivamente "ricostruita", ma in cemento armato. Adesso la "dolce morte" rischia d'arrivare per la negligenza dei pubblici poteri. Domenico Castellaneta |  Politecnico di Bari
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