Rassegna stampa dal 1976 al 2008

da "QUOTIDIANO di Lecce "
domenica 29 dicembre 1985

(E.D.) - Dal 16 al 18 aprile si terrà nel capoluogo pugliese il convegno nazionale di fotogrammetria, un appuntamento importante per lo sviluppo di questa disciplina che, pur avendo una potenzialità d'impiego eccezionale, non riesce a trovare concreta applicazione. «Ancora oggi - dice il prof. Antonio D'Addabbo, 49 anni, professore di fotogrammetria architettonica nella facoltà d'ingegneria di Bari - uno studente di architettura per effettuare le misurazioni è costretto a compiere operazioni quasi antidiluviane, tenendo conto dell'avvento della fotografia: ad esempio, per misurare l'altezza di un certo monumento egli usa il palloncino di elio con attaccata la fettuccia di stoffa millimetrata e in verità, questo avviene poche volte perché siccome non si trova il palloncino di elio, lo studente finisce per effettuare il tutto a occhio, con buona pace della precisione richiesta». La stessa cosa accade per quanto riguarda la rilevazione fotografica di monumenti, che viene assegnata come esercitazione agli studenti nella facoltà d'ingegneria: «Ebbene - continua D'Addabbo - tutto ciò oggi avviene senza insegnare le tecniche fotografiche che pure sarebbero indispensabili in tal caso». Dall'insegnamento universitario, è facile spostarsi alla vita di ogni giorno: la redazione dei piani regolatori, ad esempio, è ancor oggi fatta con sistemi empirici che ignorano la fotogrammetria. «Si affida la stesura del documento di programmazione urbanistica a uffici, agenzie, studi privati dei quali non mi interessa discutere la preparazione - dice D'Addabbo - ma che comunque nella normalità dei casi effettuano un lavoro quale che sia, senza adoperare le tecniche fotogrammetriche». Per capire cosa significhi, basti pensare che con questo sistema è possibile avere la rappresentazione reale del territorio sul quale si vuole programmare lo sviluppo urbanistico, considerando strutture preesistenti nel loro eventuale valore storico, culturale e ambientale e non rappresentare semplici quadratini o rettangoli come avviene quando si procede senza fotogrammetria. Questa tecnica consente di offrire il modello in tre dimensioni ed in qualsiasi scala, permettendo così un'analisi a distanza del cantiere, si evita allora la progettazione realizzata ignorando completamente la realtà.
Dunque i problemi che questa disciplina deve affrontare riguardano da un lato la stessa università (vi sono docenti che se non la ostacolano certamente la guardano con diffidenza) dall'altro molti campi di applicazione (geometri, ingegneri e architetti devono «riconvertirsi» mettendo da parte definitivamente «paline» e misuratori manuali per impugnare la macchina fotografica).
Questa nuova metodologia però va insegnata sin dai primi anni di scuola, non solo per farne apprezzare appieno il valore scientifico e culturale ma soprattutto perché essa mette i giovani studenti nelle condizioni di conoscere meglio il territorio nel quale vivono. Non a caso lo stesso prof. D'Addabbo, assieme ad alcune maestre (Bonvenga, Ragno e Chiaffarata) hanno avviato in una scuola elementare di Bari (la «Balilla») un corso sperimentale (riservato a due «quarte» e a una «seconda»), con l'impiego dei famosi mattoncini in plastica della nota ditta danese «Lego», mezzi audiovisivi e fotografici. «Ciò ha reso possibile - spiega il nostro interlocutore - l'acquisizione da parte dei ragazzi delle tecniche di analisi e sintesi, la comprensione delle prospettive di complessi abitati visti dall'alto e dal basso, l'uso del computer per la collocazione degli infissi in una casa».
Ma c'è un dato sconfortante in questa stimolante esperienza condotta in una scuola pubblica: le insegnanti che l'hanno condotta sono state quasi penalizzate per la loro scelta, a differenza del rimanente «corpo docente», mentre la direttrice dell'istituto, pur potendo assegnare un'aula inutilizzata, ha rifiutato di destinare questo spazio alla sperimentazione fotogrammetrica.
Chissà che il convegno nazionale della prossima primavera non serva a sbloccare la situazione, almeno da questo piccolo punto di vista.


Politecnico di Bari