Nel nostro paese la casa è sempre stata considerata un bene fondamentale, anzi il più grande bene di cui potesse disporre una persona. Anche i più poveri possedevano una casa. Magari piccola e disagiata, ma sempre una casa.
   Chi non possedeva una casa faceva di tutto per costruirsela. un po' alla volta, da solo o con l'aiuto dei familiari e assai spesso anche dei vicini e di amici, preparava prima di tutto i sassi. Ci sono ancora, lungo il torrente Loschiesuoi, sopra Toffol, dei mucchi di sassi preparati per la costruzione di case. Poi si preparava la calce: nelle "caucere" o "kalkère" venivano sistemati in strati sovrapposti i sassi appositamente scelti e la legna e si procedeva alla "cottura" ottenendo la calce viva, che veniva riposta in apposite buche, dove veniva conservata anche per molto tempo e da dove si prelevava il quantitativo necessario per i lavori di costruzione della casa o per i lavori di riparazione e di manutenzione: imbiancatura, ripristino delle malte, ecc.
   Quando incominciò l'emigrazione molti nostri compaesani, con i soldi guadagnati in Italia e all'estero, per prima cosa hanno provveduto a costruirsi una casa nuova o a riattare e ammodernare le vecchie abitazioni.
   Quando qualcuno restava senza casa, a motivo del fuoco o di qualche alluvione, la comunità, con l'aiuto delle Regole e del Comune, subito provvedeva ai bisogni urgenti: venivano indetti piodek ed era assegnato un opportuno fabbisogno di legname per il rifabbrico.
   La più grande disgrazia infatti era rimanere senza casa. Capitava qualche volta che qualcuno, a causa dei debiti o della vita sregolata (in genere si trattava di casi di alcoolisti), vendesse la propria casa. Costui era considerato non un povero, ma molto meno, un pezzente. Quante volte da ragazzo ho sentito ripetere a proposito di alcune di queste persone, poche a dire la verità, la frase: "L s a vendù anka le ciése!" . Uno che non ha saputo badare a se stesso, che ha sperperato tutto, che è giunto a mangiarsi perfino il bene più prezioso e fondamentale, la casa: "Se vende le ciése!"
   A questo faceva riscontro la valutazione sostanzialmente negativa dell'espressione "ése in afit", "di in afit"; affittare un'abitazione era cosa considerata normale per chi veniva da fuori, il medico condotto, ad esempio, o un maestro; ma per uno del luogo era una situazione pesante sul piano economico (il pagamento dell'affitto, infatti, per chi non aveva una professione, era cosa molto onerosa e spesso doveva essere fatto con prestazioni di manodopera, per cui capitava che l'affittuario dovesse lavorare per il proprietario, con doppio vantaggio di quest'ultimo, che poteva disporre di manodopera sicura e a basso costo); era inoltre una situazione negativa sul piano psicologico, dal momento che la proprietà della casa è sempre stata vista, non solo da noi, ma in tutte le società, come una delle principali condizioni di autonomia e di indipendenza dell'uomo.
   La casa, dunque, bene fondamentale è anche bene molto curato. Le nostre case di una volta constavano essenzialmente di tre parti: la "stua" che era la parte centrale dell' abitazione; la "ciésa da fuòk" o cucina, variamente strutturata, con il focolare; le "càune" o camere da letto.
   Le case più antiche sono caratterizzate da muri molto spessi e dalla presenza del volto, sia nelle strutture interne che nella porta principale di accesso. Il pavimento della cucina era in terrabattuta ("salesà"), la "stua" era invece foderata in legno, spesso con sagomature artistiche, specialmente nel soffitto ("zelòr"), ed era sempre provvista del "fornél" che garantiva durante l'inverno un calore costante per tutta la giornata e la notte.
   Il "culto della casa" ha fatto sì che gli abitanti di Selva, a differenza di quanto è capitato in altri paesi anche vicini, tenessero l'abitazione rigorosamente distinta dalla stalla e dal fienile.
   A parte pochissimi casi, a Selva case e fienili erano costruzioni autonome e separate l'una dall'altra, anche se collocate quasi sempre a poca distanza, cosi da facilitare il lavoro con spostamenti brevi e facili dall'abitazione alla stalla e al fienile e viceversa.
    Questo fatto ha creato un'altra caratteristica delle "vile" di Selva: la coesistenza nello stesso "tessuto urbano" delle case e dei fienili.
   Il pianterreno del "tabie" era costituito dalla stalla, mentre il fienile propriamente detto si trovava nella parte superiore, costituito da più piani: al primopiano, immediatamente sopra la stalla, la "zòpa" destinata a contenere il fieno; il secondo piano aveva una tripartizione : nella parte centrale la "èra" predisposta per ricevere i carri di fieno e attrezzata per la battitura del frumento, dell'orzo, della fava; ai lati della "èra" la continuazione della "zòpa" per la conservazione del fieno; attorno, generalmente su tre lati, il "palanzin", ampio e aerato, per potervi depositare comodamente fieno, paglia ed altro materiale, e esporre per l'essiccazione i covoni di frumento e di orzo; un terzo piano costituiva l' "aucèr'', una specie di soffitta, talora molto ampia, per la conservazione di fieno, particolarmente dei "varteguòi" e di materiale vario, come attrezzi di lavoro o legname.
    Anche per i fienili, come per le case, vi è stata una evoluzione: quelli più antichi sono costituiti dalla stalla, sopra la quale si trova immediatamente la "èra" con accanto la "zòpa" e attorno il "palanzin", con un "aucèr" sovrastante spesso poco sviluppato; in questi fienili più antichi la parte in muratura è limitata alla stalla, mentre la parte superiore è sovente costituita da tronchi, i "leñ butài" , presenti talora anche nella zona inferiore della stalla.
   Nelle costruzioni più recenti la parte in muratura si è sviluppata in altezza: il primo piano , la "zòpa" venne infatti costruito in muratura, con ampie aperture per una opportuna aerazione del fieno, e al posto dei "leñ butài" fu costruita una robusta e complessa intelaiatura in legno, in grado di portare notevoli pesi, ricoperta esternamente da tavole, le quali, oltre a svolgere un ruolo di protezione e di riparo, assunsero anche una funzione estetica.
   Va infatti notato che, anche dal punto di vista estetico, notevole fu l'evoluzione: le piccole e scarse finestre delle stalle antiche furono sostituite da altre non solo più ampie e quindi in grado di dare più luce e di garantire un'aerazione migliore, ma furono anche ben curate per l'ubicazione, la lavorazione delle parti, il colore. Gli spazi vuoti nella muratura della "zòpa" diedero occasione di disporre in modo diverso, con gusto e fantasia, gli speciali graticci per impedire la fuoruscita del fieno; per non parlare delle varie sagomature nelle aperture e nelle parti terminali delle zone chiuse del "palanzin" e delle "barkonele" che davano luce e aria all' "aucèr", spesso lavorate con gusto con motivi geometrici (fori rotondi, ovali, romboidi) oppure con motivi presi dalla flora o dalla fauna (fiori, cavalli, lepri).
   Le fotografie che seguono sono molto interessanti perché mostrano alcuni edifici antichi, case e fienili, evidenziandone talune caratteristiche.
   Ma forse non è questo il motivo principale d'interesse. Per la gente di Selva queste case e questi fienili antichi hanno un sapore particolare.
   Per gli anziani sono un richiamo e una rievocazione dei tempi in cui Selva... era Selva, quando le stalle e i fienili erano cosa "viva", quando le "stue" nelle lunghe serate d'inverno accoglievano nel loro tepore attorno al tavolo o sulla "kuba de l fornél" tutta la famiglia.
   Oggi non é più così.
   Gli edifici sorti in questi ultimi decenni sono quasi sempre "case costruite sul territorio di Selva", ma non "case di Selva". e in quanto alla "stua" quasi tutti, purtroppo, negli scorsi decenni hanno fatto a gara per sostituire il "fornél" con il termosifone o, peggio ancora, con la stufa a cherosene.
   Per i giovani invece queste fotografie saranno un'occasione per conoscere alcune caratteristiche dell'architettura del proprio paese.
   E volesse il cielo che, per i giovani e per gli anziani, la "lettura" di queste fotografie fosse anche un'occasione e uno stimolo per dare finalmente il via ad uno studio serio delle caratteristiche costruttive "classiche" di Selva di Cadore e per applicarle rigorosamente (e anche "obbligatoriamente") nella progettazione di nuovi edifici e nella ristrutturazione di quelli esistenti.