Chi è in possesso del il CD-ROM "StereoFot 5", offerto in bundle con il volume "1985-1995: il progetto finalizzato Fotogrammetria e tutela del territorio", può aprire dalla cartella "StereoFot Story" la primitiva versione "StereoFot 1.0", presentata al "XIV International Symposium del CIPA" dal tema "Architectural Photogrammetry & Information Systems", tenutosi a Delphi (Grecia) nell'Ottobre 1991.
E' sufficiente un semplice sguardo al programma per prendere atto che, se il confronto tra la fotogrammetria analogica e quella digitale dovesse basarsi solo sulla risoluzione delle immagini, la seconda sarebbe sicuramente perdente.
E' riportata, come esempio, proprio la versione in bianco-nero, per chiarire che, sin dalla nascita, StereoFot ha anteposto l'interattività e la velocità del programma, alla precisione delle misure fornite.
Con l'aumento della potenza delle macchine e della memoria RAM a disposizione, si è giunti ad impiegare immagini a migliaia di colori, ma bisogna ammettere che anche l'attesa di cinque secondi, per l'apertura di un'immagine, appare interminabile.
Nel volume "Cartografia digitale in architettura e urbanistica" si è già visto come sia impossibile rappresentare sullo schermo del computer "un segmento lungo 1 cm". Anche se si può sperare in un aumento della risoluzione dello schermo, la fotografia digitale dovrà invidiare, ancora per molto, la risoluzione offerta dalla fotografia analogica e (bisogna ammetterlo!) in fotogrammetria ciò è indice di un grave handicap.
Per rendersene conto basta aprire, con "StereoFot® 5.1", i fotogrammi del campo di prova della camera stereometrica Wild C120. Misurando la distanza della prima mira, con l'ausilio della marca mobile, non riusciremo mai ad ottenere la misura di m.6, ma dovremo accontentarci di scegliere tra m.5.99 e m.6.02. Passando, poi, alla mira più lontana, bisognerà accontentarsi di 20.09 oppure di 19.81, rinunciando ad ottenere m.20.
Certo nell'acquisizione dell'immagine si potrebbe far ricorso ad una maggior risoluzione, ma, nel caso esaminato l'immagine ha già una dimensione di 40x50 cm. con una risoluzione di circa 30 pixels/cm ed un "68030" impiega dai 5 ai 7 secondi per aprirla. Ricorrere solo per questo a computers più potenti significherebbe uscire dallo spirito di StereoFot e rischiare di dimenticare che... esistono ancora i restitutori con immagini analogiche.
Dopo aver aperto i fotogrammi, tenendo il tasto-comando abbassato e facendo click in un qualsiasi punto della zona nera, possono essere visualizzati (o nascosti) tre pulsanti in rosso, che consentono, con successivi click, di ingrandire o ridurre i fotogrammi stereometrici. Sfruttando questa possibilità, ci si può rendere conto di come lo spessore di ogni linea della mira arriva a coinvolgere più di un pixel e ognuno di questi fornisce un differente risultato.
In realtà non dovremmo dimenticare che facciamo ricorso alla fotogrammetria digitale essenzialmente per sfruttare l'interattività che essa offre. Si pensi ad un meccanismo a "V" capace di sostenere due telecamere, montate con gli assi ottici paralleli e con distanza variabile in funzione della distanza di ripresa. Il risultato sarà un filmato in 3D (visibile con un casco virtuale e composto da fotogrammi sensibili al "click"), che ci consentirà di muoverci all'interno o intorno ad un monumento e sfruttare il fermo-immagine per richiamare immagini statiche, didascalie, testi, o immagini metriche ad altissima risoluzione per misure di precisione.
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